Capitolo 4

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Casa mia, casa mia, casa mia, era casa mia che volevo, ed era casa mia

quella dove arrivai, fratelli. Camminavo nel buio e non verso la città ma

dalla parte opposta, dove prima c'era stato quello sguerzo tipo macchina

agricola. Arrivai a una specie di villaggio che mi pareva d'aver già

locchiato, forse per via che tutti i villaggi si somigliano, specialmente al

buio.

Qui c'erano delle case e là c'era un sosto tipo bar, e proprio al confine del

villaggio c'era un migno cottage tutto solicello, e aveva una scritta bianca

che spiccava sul cancello. Casa mia, diceva. Ero fradicio marcio per via di

quella pioggia ghiacciata, e le mie palandre non erano certo più all'estremo

grido ma facevano pena e pietà, e il mio glorioso criname era tutto un

pastrocchio sguanoso incollato al planetario, ed ero certo d'avere la biffa

piena di lividi e ferite e c'erano un paio di zughi che tentennavano quando

li toccavo con la slappa. E sentivo male in tutte le macerie ed ero così

assetato che aprivo il truglio alla pioggia fredda e il mio stomaco

brontolava a tutt'andare dato che non toccavo un po' di boffa dal mattino,

O fratelli. Casa mia, diceva, e forse lì qualcuno mi avrebbe aiutato. Aprii

il cancello e sdrucciolai, tipo, giù per il sentiero per via che la pioggia

stava diventando ghiaccio, e poi bussai alla porta, gentile e patetico. Non

venne nessuno, così bussai un piccolopoco più forte e pia lungo e poi

snicchiai uno sguerzo di patte. Poi la porta si aprì e una ciangotta maschile

disse:

– Sì? Cosa c'è?

– Oh, - dissi, - mi aiuti, la prego. La polizia mi ha picchiato e mi ha

lasciato a morire per la strada. Oh, la prego, mi dia qualcosa da bere

e mi faccia scaldare un poco, la prego, signore. Allora la porta si aprì

per bene, e potei locchiare una luce calda e un fuoco che faceva crac

crac nel caminetto.

– Entra, - disse questo martino, - chiunque tu sia. Che Dio ti aiuti,

povera vittima. Vieni, fammi vedere -.

Così io barcollai dentro e non facevo mica scene, fratelli, mi sentivo

davvero più di là che di qua. Questo martino gentile mi mise la

granfia sulle spalle e mi fece entrare in questa stanza dove c'era il

fuoco, e naturalmente ora capii subito dove mi trovavo e perché quel

casa mia sul cancello mi era sembrato così familiare. Guardai il

poldo e lui guardò me con un'aria gentile, e riconobbi pure lui. Certo,

lui non poteva riconoscermi perché in quei giorni spensierati io e i

miei cosiddetti soma facevamo i nostri scapricci e i nostri squassaggi

più tamagni con delle maschere che ci coprivano biffa e planetario.

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