- Allora che si fa, eh?
C'ero io, il Vostro Umile Narratore, e i miei tre soma, cioè Len, Rick e
Toro, Toro chiamato Toro per via del grosso collo tamagno e della
ciangotta altisuono tipo qualche tamagno toro che mugghiasse
auuuuuuuuuh. Stavamo al Korova Milk bar a rovellarci il cardine su come
passare la serata, una sera buia fredda bastarda d'inverno, ma asciutta.
Tutt'intorno c'erano dei martini partiti col latte corretto con vellocet e
sintemesc e drenacrom e altre trucche che ti portavano lontano lontano
lontano da questo malvagio mondo reale finché finivi in orbita a locchiare
Zio e Tutti gli Angeli e i Santi nella tua saboga sinistra con le luci che ti
scoppiavano dappertutto dentro il planetario.
Quello che si glutava noi era il vecchio mommo coi coltelli dentro, come si
diceva, per diventare più svicci e pronti per un po' di porco diciannove, ma
questo ve l'ho già raccontato.
Eravamo vestiti all'ultimo grido, che in quei giorni era un paio di queste
braghe molto larghe e una specie di blusotto nero di pelle lucida sopra una
camicia a collo aperto con una sciarpa o simile infilata dentro.
E in quei giorni era l'ultimo grido anche usare la vecchia lisca sul
planetario, di modo che gran parte del planetario era calvo e i capelli li
portavamo solo sui lati.
Ma le vecchie patte erano sempre le stesse: dentro dei gran tamagni stivali
cinebrivido per sgnaccare le biffe a forza di calcioni. Io ero il più vecchio
dei quattro, e loro mi consideravano tipo il loro capo, ma a volte avevo il
sospetto che Toro covasse nel planetario l'idea di assumere il comando, per
via delle sue dimensioni e di quella sua ciangotta altisuono che gli usciva
fuori come un muggito quando lui era sul sentiero di guerra.
Ma tutte le idee ce l'aveva il Vostro Umile, O fratelli, e poi c'era questa
trucca che io ero stato famoso e avevo avuto foto e articoli e tutta quella
sguana sulle gazzette.
E avevo anche un lavoro di gran lunga migliore di quello degli altri, dato
che stavo nel ramo musica agli Archivi Nazionali Grammodisc e che a fine
settimana avevo le gaioffe piene cinebrivido di bella maria e un mucchio
di bei dischi gratis per me solicello.
Quella sera al Korova c'era una discreta folla di martini e quaglie e
mammole e malcichi che gufavano e glutavano e attraverso tutto lo
sprolare e il barbuglio degli orbitanti con
"Gorgona fallaceto e il verme spruzza aculei massacraballe"
e tutta quella sguana, si poteva snicchiare un popdisco sullo stereo con
Ned Achimoto che cantava Quel Giorno, Yeah, Quel Giorno.
Al banco c'erano tre mammole tappate all'estremo grido della moda