CAPITOLO 1 - Ludovica

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I

Otto mesi prima

Gennaio

Ludovica

La vita è fatta di prime volte.
Milioni di piccoli e unici attimi che non potranno mai ripetersi.
La prima volta che apriamo gli occhi, la prima parola, i primi passi.
Esistono anniversari che non festeggeremo mai
.
Il primo giorno di scuola, la prima amicizia, il primo segreto condiviso.
Ci sono momenti che, già mentre li stai vivendo, sai che non potrai dimenticare.

La prima cotta, il primo bacio, le prime lacrime versate.
Non si capisce mai quale sia il confine tra l'innocenza e l'adolescenza.

La prima sigaretta rubata, la prima bugia confessata, il primo cocktail bevuto.
Ci sarà un motivo se alcuni anni vengono definiti i migliori.

La prima volta, che valga o meno la pena di essere ricordata. Il primo amore, quello che magari non è davvero il primo in ordine temporale, ma lo diventa quando capisci che quelli prima erano solo un'illusione. La prima estate vissuta da grandi, il primo volo in aereo, il primo viaggio in cima alla tua wishlist. La prima canzone cantata a squarciagola su un viale lungo quanto una vita.
Ci sono sogni grandi quanto le Americhe
.
La prima promessa infranta, il primo tatuaggio.
Quand'è che davvero si diventa grandi?

La vita è tutta fatta di prime volte. Di attimi così, destinati ad essere un'accezione in più per ogni anima che incrociamo durante il nostro viaggio.
La prima volta che ti ho visto, quasi per caso. Il primo incontro fra i nostri occhi non poi così distanti. Le mani che si sfiorano, come fosse un gioco. La prima notte passata insieme, il primo risveglio in cui realizzi di non essere più solo.
Ogni mattina di ogni giorno, forse, può essere una prima volta. La vita stessa è tutta una grandissima prima volta. Non si è mai davvero pronti per vivere sapendo cosa potrà succedere. Anticipando le mosse, quasi fosse una partita.

Sai quando ho capito che non sarò mai stanca di viverti?

C'era il mare, nero come sempre, e c'era la luna perché si, era notte. E miliardi di cellule racchiuse i quei corpi che ci circondavano. E tutti che gridavano, che urlavano a quel cielo così spento, anche se era solo questione di tempo. Sotto i nostri piedi la sabbia, tra le tue braccia il mio corpo, i tuoi occhi già dentro i miei. E non sono sicura che il bagliore di quell'attimo fosse dovuto ai fuochi d'artificio, per me era il tuo sorriso a illuminare tutto. E poi quei numeri che scandivano i secondi, quel tre che mi ricorda tanto la trinità studiata al liceo durante l'ora di arte, il due che è necessario per la prima persona plurale noi, uno che se ci pensi un po' fa paura, sapere di voler essere uno per ora e per sempre; e zero. Zero che è un numero oscuro, quasi magico, che esiste ma indica il nulla. Zero come l'oblio, l'abisso in cui mi trascini ogni volta che mi baci. Zero come la fine del mondo che muore ad ogni notte e rinasce ogni giorno.

Forse era ancora una volta per l'alcool, o per il fatto che nonostante tutto fossimo ancora insieme. Non lo so, in verità, ma ricordo di aver pianto e poi riso, contemporaneamente. E tu mi guardavi e un po' forse avresti voluto fare lo stesso. E le nostre mani non si sono lasciate un attimo, neanche quando Betta mi è corsa incontro per abbracciarmi. Neanche quando Leo mi ha preso in braccio, o Matte e Luca mi hanno invitato a fare un tuffo.

Avrei tanto voluto, ma è dicembre, e anche se siamo in Sicilia e ci sono quasi venti gradi, è pur sempre inverno. Anzi no, non è più dicembre. Non siamo più nel 2015. Non siamo più i ragazzi che eravamo un anno fa. È buffo da dire nonostante siano passati solo dieci minuti, ma non può esistere frase più vera per noi. Io non sono più quella Ludovica, e tu non sei più quel Marco. Insieme abbiamo costruito qualcosa, insieme siamo diventati qualcosa.

La tua voce mi riporta alla realtà.

<Vieni qua, Saetta> vorrei sentirtelo ripetere per il resto della vita. Sorrido, ancora una volta. <E così eccoci qui, eh? Il nostro primo capodanno insieme> ammette impedendomi di sfuggire al suo sguardo. Non verserò mai abbastanza lacrime. <Un'altra nostra prima volta> dico, lasciando che sia lui a prendersi il merito delle mie parole. Risponde con un bacio sulla fronte, l'unica cosa al mondo che rimane bella ogni volta come la prima. <Ti amo, Saetta> sussurra, sorprendendomi più di quanto i fuochi abbiano fatto questa sera.

Quante vite che si fondono la notte di capodanno. È una regola implicita seppur universale. La prima notte di ogni nuovo anno si ha il diritto, se non il dovere, di lasciare che siano i sentimenti a prendere il comando. È il momento giusto per mandare quel messaggio salvato in bozze da anni. Di fare a gara a chi prende per primo la linea telefonica, perché si sa, a capodanno è sempre intasata. E così le voci corrono, da un capo all'altro del mondo, non importa dove le persone siano. Ciò che conta è mandare quel messaggio in codice, Auguri, e leggervi dentro tutte le scuse, le dichiarazioni d'amore, le amicizie ritrovate, e gli attimi vissuti insieme in quei trecentosessantacinque giorni trascorsi a volte vicini e a volte lontani.
Ho sempre amato questo giorno dell'anno. Forse perché regala sempre una seconda possibilità, un modo per ricominciare sulle macerie degli errori commessi, o forse perché è proprio il primo. In fondo, che cos'è il capodanno se non una grande ripetibile e unica prima volta?

Anche sentirti dire che mi ami, seppur ormai da qualche mese, mi fa sempre effetto come quella prima volta. Appoggio il capo sul suo petto, e prima di riprendere il drink in mano e raggiungere di nuovo la festa, lo guardo ricordandomi come mi ero sentita quella sera a Barcellona. <Anch'io ti amo, pirata> la sua adorabile fossetta accompagna le mie parole, e riporto alla mente il motivo per cui mi sono innamorata, per la prima volta, di questo ragazzo con l'orecchino di legno.

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