CAPITOLO 3 - Marco

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III

Marco

Una trentina di persone sedute attorno a un tavolo infinito, su cui è stata appoggiata ogni portata di questa cena di inizio anno. Le voci si mischiano, così come i sorrisi che si scontrano e scompaiono ogni volta che la bocca si riempie di nuovo.
Ludo è al mio fianco, come sempre, Ale è qualche posto più in là. Betta è accanto a Matte, sulla mia destra, mentre i genitori hanno preso posto al capo opposto. Leo e Luca, ovviamente, terminano la nostra cerchia d'amici fedeli.

<Sto scoppiando> sussurra al mio orecchio coprendosi la pancia con le mani. Ha mangiato più di quanto mi aspettassi
<Immaginavo, tranquilla, fermati quando vuoi> la rassicuro poggiandole una mano sulla coscia scoperta, dal momento che la gonna si è alzata da quando si è seduta. Il contatto con la pelle calda mi ricorda che rimarrà sempre lei, il mio pasto preferito.
Annuisce senza aggiungere altro, mentre si allunga verso Betta per dirle qualcosa
<Mi accompagni in bagno?> cala il silenzio, tutti la guardano. Io compreso. Eppure lei scoppia a ridere, riscaldando la stanza nel quale in un attimo il gelo era piombato
<Ragazzi, dai, devo fare pipì!> esclama, un po' troppo forte, contagiando però tutti con la sua risata
<Sei un po' troppo apprensivo, tesoro> aggiunge alzandosi e sistemando il vestito
<Abbiamo avuto tutti lo stesso pensiero, in fondo> fa una smorfia, quasi dispiaciuta, come se invece che una predica si aspettasse un incoraggiamento
<Dovreste avere più fiducia in me> dice, incamminandosi seguita da Betta, lasciando così cadere una conversazione a cui è stato messo un punto amaro.

<Novità dall'uni?> domanda Leo subito dopo. Mi prende in contropiede, e prima di rispondergli controllo che Ludo non sia più nel raggio d'azione per sentire
<Te l'ha detto Matte?> annuisce
<No, nessuna. Stamattina il messaggio diceva che i risultati sarebbero usciti questa settimana> cerco di tagliare corto
<Quando hai intenzione di dirglielo?> il suo talento nell'essere moralista salta fuori
<Non saprei, aspettavo di esserne sicuro> persino alle mie orecchie suona da stronzo
<Se le possibilità di riuscita sono buone, e da quello che mi avevi detto prima è così, ti conviene iniziare a parlarle. Capirà, è una donna forte, e vuole solo il meglio per te. Sono solo pochi mesi, anche se lontani> a sentirla così sembra facile, ma so che non lo è. So che sarò costretto a guardarla negli occhi e vederla crollare piano piano, mentre un'altra certezza svanisce, insieme alle poche che ci sono rimaste.
<Non so, Leo, non è semplice. Hai ragione, devo dirglielo, ma non vorrei rovinare gli ultimi giorni che ci rimangono qui > ammetto più a me stesso che al mio amico
<Non credi che la cosa possa diventare ancora più complicata una volta che tornerai a Milano? Continuerai a rimandare, e se la situazione dovesse diventare concreta, e lei scoprisse che gliel'hai tenuto nascosto fino a quel momento, sarebbe ancora peggio>
Ancora una volta ho avuto la dimostrazione di quanto io non sia in grado di prendermi cura di lei come dovrei. Ancora una volta sono stato sconfitto da qualcuno che mi ha messo di fronte alla dura realtà
<Si, sono d'accordo. Non ho intenzione di mentirle ancora e di rovinare ulteriormente il nostro rapporto. Glielo dirò non appena saremo soli, è la cosa più giusta per entrambi> ammetto scrollando il capo, sapendo che il peso che mi porto dietro schiaccerà inesorabilmente entrambi. Matte comincia a tossire, stranamente, e Luca strabuzza gli occhi.
<Cosa devi dirmi?> la sua voce è tranquilla, neutra, ignara di ogni cosa. Eppure mi arriva dritta allo stomaco, come se fosse una lama di ghiaccio, e per un attimo sono io a desiderare di correre in bagno a vomitare. Betta riprende posto, mentre lei resta ferma lì, immobile, con la mano appoggiata al mio schienale, attendendo un mio stimolo di risposta.

Ed è esattamente ora, che capisco di non poter più scappare.
Mi alzo guardandomi attorno, come se qualcuno dovesse accorgersi della guerra civile che sta per scoppiare, ma la serata sta andando avanti, così come le voci e le risate. Sento il suo sguardo seguirmi come il laser di un cecchino, e sono consapevole di non poterlo sostenere.
<Ti va se usciamo un attimo sul balcone?> domando, allungando la mano per prendere la sua. Conscia di dover affrontare l'ennesima battaglia, sfila d'innanzi a me, come i soldati volontari che neanche l'hanno chiesto di combattere.
<Si> aggiunge, all'inno della nostra disfatta.
E la mia mano resta lì, ad alzar bandiera bianca, in questa guerra fredda lampo che non ci risparmierà.

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