Capitolo.2 Primo approccio

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Mi chiudo in bagno e... scoppio in un pianto inconsolabile. Mentre provo a controllare la respirazione per non sprofondare nel panico, mi concentro passivamente sulle scritte a pennarello che "decorano" quelle mura di un bianco anonimo. "Sappiamo chi siete", leggo. "Andate via, mostri". Onestamente, queste strane scritte mi mettono un po' paura. Ma mi distraggono dal mio malessere. Evito di prendere i miei ansiolitici. Non smetto di portarli con me da quando sì, insomma. Da quando lui non c'è più. Mio fratello. Mentre raggiungo l'aula inizio interrogarmi sulle scritte che ho letto sulle pareti. Cosa significano? Apro la porta della mia classe, e la trovo perfettamente vuota. Il mio stupore, nonché sollievo, è relativo:  penso subito che la lezione sia terminata in anticipo e questo sarebbe un guaio irreparabile. Corro preoccupata al mio posto, mentre la testa gira senza sosta. Non trovo le mie cose. Si sono sicuramente accorti della mia assenza. Avranno avvisato i miei genitori della mia assenza?
Cerco meglio sotto il banco e sotto la sedia ma un rumore improvviso mi fa sobbalzare.

Oh! Kurt e Gea compaiono a sorpresa da dietro lo sportello dell'armadio di classe. Lui tiene tra le braccia un grosso proiettore, lei una pila di fotocopie con dialoghi d'inglese.
Mi lancia un'occhiataccia:

-Non farlo mai più! Ti abbiamo cercato tutto il tempo, di nascosto! Per fortuna la Professoressa non si è accorta della tua assenza! Stiamo proiettando un film in aula magna, e tieni, aiutami - mi rimprovera Gea - porgendomi un blocco di fotocopie -Questa sarà la tua scusa per esserti assentata! Stavi cercando queste! - mi canzona - caricandomi dell'altro materiale.

Mi lancia un'occhiata furtiva.

-Un altro attacco di panico? Mi chiede con sguardo apprensivo. ù

Mi limito a guardarmi la punta delle scarpe, e procedo, superandola.
Più avanti, nella strada verso l'aula magna raggiungo Kurt, che mi fa un cenno con gli occhi. La sua presenza mi fa sentire così strana? E' magnetico. E' come se riuscisse ad attirare tutta l'attenzione su di sé senza neanche volerla. Sento che le mie gambe sono in preda ad uno strano formicolio. Decisa ad interrompere quel silenzio imbarazzante gli chiedo a gesti se vuole una mano a trasportare quel grosso proiettore di terza mano.
Lui indica con gli occhi le mie braccia magrissime ed esplode in una fastidiosa risata. In un secondo quella strana sensazione, affacciatasi timidamente, quella simpatia, viene distrutta nel mio cuore da quella faccia saccente e idiota. 
Giro i tacchi e cammino da sola fino allaula magna, prendendo una strada alternativa. Incontro Gea dopo pochissimo tempo, che mi vede camminare contro-verso. -Sei impazzita? Urla rischiando di far cadere tutte le fotocopie. -Non capisco cosa ti prende oggi!

Non la sento neanche. Come al solito, appena seduta, ricordavo poco del tragitto.

Lodore del vecchio velluto evocava perfettamente il mio sentire del momento. Una valigia così piena che bisogna sedersi sopra con violenza o rischia di esplodere. Era questa per me oramai la prassi.
-Tieni, devono esserti cadute queste durante il tragitto. Kurt è seduto accanto a me, e mi porge la boccetta di ansiolitici.

Gliela strappo dalle mani. Il cuore comincia a battermi all'impazzata.

-Quelle non risolveranno niente. Lo sai? O diventi più grande della tua paura, o quella paura ti ucciderà quelle - sussurra, per non scavalcare il volume del film, sono solo un illusione, un alibi, un modo per posticipare i tuoi problemi. Ma quelli devi affrontarli, non sono una sveglia che puoi posticipare all'infinito.

-Cosa ne sai tu? e Cosa ti importa?

Sorrido nervosamente, guardando di fronte a me.

-Voglio dire, non mi conosci neanche!
Ma come si permette? Non sa neanche chi sono, non sa neanche perché prendo quelle gocce, non sa nulla di me, nulla del mio dolore, nulla della mia vita. E pretende di darmi lezioni? Avevo capito bene. E' un saccente.

Dopo pochi minuti riprendo fiato. Mi calmo.
La tentazione di girarmi a guardare con che piglio osserva il film è troppa. Ma  no, non devo. Lui sa benissimo quale interesse esercita sui suoi interlocutori, o almeno così pare. Forse sono stata troppo dura? No, io non aprirò bocca. Non aspetta altro. Che io gli dica Hai ragione. Lascia che ti racconti un po' della mia vita di merda. Ma perché sto dando tutta questa importanza ad uno sconosciuto? Comincio a sfregare le mani nervosamente, fingendo interesse e coinvolgimento per un film di cui non ho ben inteso neanche il titolo. Mi sto abbandonando ad una scenetta che fino a ieri mi avrebbe causato il voltastomaco e un forte senso di ribrezzo. Immagino un corteo di fischi solo per me.

-Te la senti di venire stasera? Mi domanda, alzando un sopracciglio, senza distogliere lo sguardo dalla proiezione.
-Dove? pronuncio finto disinteresse. Quella stupida vocina dentro me esulta. Ma cos'hai da esultare? sembro una deficiente.

-Oggi è il 31 Ottobre. Do una festa di Halloween a casa mia, puntualizza, serio.

Devo essermene completamente dimenticata. Oggi si festeggia Halloween. E no, nonostante la lusinga non ho nessuna intenzione di accettare linvito.
Avevo promesso di mantenere la mia tradizione, cimitero e "Raven" di Edgar Allan Poe. Funzionava così per me, esattamente come a Natale ci si circonda del ritrovato affetto dei parenti .
Così, senza pensarci due voltepronuncio secca:
-Mi dispiace, pensandoci, oggi devo vedere una persona, bofonchio da dentro la felpa che mi copre fin sotto gli occhi.

-Puoi portare chi vuoi, proferisce asettico. Se fossi io la persona che dovresti vedere - aggiunge - non ti permetterei di vivere il tuo dramma esistenziale da sola, pronuncia saccente.
- Il mio cosa? lo colpisco severamente con lo sguardo, ridendo amareggiata da tale illazione, gridando a me stessa piuttosto che a lui, raccogliendo tutte le mie cose e spostandomi di  un posto.

NUMB- INSENSIBILE.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora