Capitolo 4. Una porta verso l'infinito

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Alice e Gea passano a prendermi in anticipo per scegliere insieme una maschera. Alice sceglie di travestirsi da indiana e Gea da Trilly di Peter Pan. Io opto per una semplice maschera veneziana che mi copre gli occhi. Appena arrivati davanti casa di Kurt mi sento sopraffatta. E' la casa dei miei sogni, con un bel porticato, una piscina, e spazi ampi. All'ingresso un lampeggiare di luci di luci colorate mi offusca la vista. La musica entra nel petto, nelle vene, nelle ossa. Mi fa tremare e ricama delle note, in maniera prepotente, sui miei pensieri.
I presenti, ad una prima occhiata, superano di gran lunga il numero dei componenti della classe di Kurt. Ballano, saltano, con i loro bicchieri in mano e la testa vuota dai pensieri. Si trascinano dappertutto con la loro danza sfrenata. Sul divano, sui tavoli delle stanze che si affacciano all'ingresso.

Nelle loro maschere studiate e perfette, non riconosco nessuno. La tentazione di fare un passo indietro ed uscire da dove sono entrata è pulsante. Non conosco nessuno, e anche in compagnia di Alice e Gea mi sento sola, perché è in questi contesti che è chiara la differenza tra loro, che hanno degli amici e me, che ho solo loro. Appena si allontanano mi sento persa. Ho paura di stare male, comincio a meditare di girare i tacchi e andare via.
C'è tanta folla, e sgattaiolare via non sarebbe così difficile...

Potrei fingere di ballare, e spostarmi indisturbata verso la porta d'ingresso?

Potrei fingere di ballare, e spostarmi indisturbata verso la porta d'ingresso?

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Un passo, due passi... Comincia il mio tentativo di fuga.

Improvvisamente mi sento afferrata dal calore di una mano che mi trascina nuovamente dentro il grande salone dallo stile eccessivo, dove le note si mescolano alle parole, agli odori, alle emozioni.
E' una specie di Teschio?

-Non mi aspettavo che saresti venuta!- sorride di un sorriso brillante, cieco, così bello che ignora cosa sia la bellezza. Davvero lo sto guardando con la bocca aperta? Oddio. Non posso abbandonarmi a questi pensieri Devo, devo ricordare quant'è saccente, irritante; io sono qui solo per educazione.
-Ho fatto il possibile- faccio spallucce, rivolgendogli un mezzo sorriso.
Cerco di fingere indifferenza, schivando il suo sguardo lucido di qualche sorso, sorridente e sorprendentemente sensuale.

-Vieni con me? Ti mostro la casa!- Mi porge la mano.

Istintivamente faccio un passo indietro.

-Ma... devo salutare gli altri!- provo a svicolare.
-Ma, niente!- fa presa sulle mie spalle, in maniera giocosa.

Mi allontano. Il mio cuore batte troppo forte. Ma cosa succede? Non non è decisamente il mio tipo. E dopo aver lasciato il mio fidanzato storico, Lucas, dopo la morte di mio fratello, un ragazzo attorno è l'ultima cosa di cui ho bisogno. Penso che abbia capito il mio dissenso.
-Aspetta. Ci speravo.- continua, lui con gli occhi concentrati dentro ai miei occhi Sono più forte io, la mia risolutezza. Giro i tacchi per tornare da Gea ed Alice.
-Non sei convinta. Non ti fidi- mormora cogliendomi di sorpresa.
-Come dovrei? Non ci siamo neanche conosciuti, e già spari giudizi su di me, sulle mie abitudini, sulle mie scelte!
-Ok, lascia solamente che ti mostri una cosa. Sarai libera di goderti la festa dopo. E' ciò che gli amici fanno, no? dice mostrandomi la sua mano calda. Grande. Perfetta. Perfetta per il suo sorriso ampio, le sue spalle larghe, il suo capello ribelle e le sue iridi piacevolmente concentrate su di me.
-Oh! ma che cazzo!
D'un tratto mi ritrovo a terra. Non ho neanche il tempo di capire cosa è accaduto. Solo un profondo dolore al gomito e alla gamba. Nella mischia riconosco la sua mano, tesa per riprendermi, ed un tipo apparentemente ubriaco e quindi molto confuso vicino a lui. Ci guarda brevemente, in cagnesco, poi scappa.
-Ma chi era quel tipo?- pronuncio stordita, massaggiandomi la gamba.
-È Evan Fox, non incrociare il suo sguardo quando ti capita di vederlo. È... vulnerabile e strafatto- abbassa lo sguardo, come se ne sapesse qualcosa in più.
-Beh, è il tuo Alter Ego- sghignazzo bonariamente, bevendo un sorso dalla sua birra e ripulendomi coi palmi delle mani i pantaloni impolverati per la caduta.
-Non sei simpatica- fa spallucce, accartocciando il volto in un'espressione che mescolava sarcasmo a finto disinteresse. Ma io capisco benissimo che la presenza di quel ragazzo l'ha turbato. Molto.
-Ti va di venire con me?- torna subito serio, ma sereno.
-Kurt io...- sistemandomi i capelli- non sono quel tipo di ragazza.- mi spiego quasi come se ripetessi un teorema difficile.

-Ti conosco solo da qualche ora e... - abbasso lo sguardo mordendomi il labbro inferiore -preferisco stare qui con Gea-
-Non ti fidi di me? - continua seriamente.
-Non ti metterò le mani addosso, ci pensi già da sola- questo sì che è un colpo basso.
-So già che mi costringerai a mettere punto alla nostra amicizia, perché?- pronuncio d'un fiato
-Non ho nessuna intenzione d'approfittarmi di te, voglio solo mostrarti una cosa- dice secco.
-Non...-
-Andiamo, chiudi quella bocca - mi afferra le dita della mano, fredde, lì dove non scorre il sangue nelle persone ansiose e paranoiche come me.

Saliamo due rampe di scale fino ad arrivare alla sua camera (presumo). E' una mansarda, piccola, puzza d'erba quasi fosse l'odore intrinseco di tutte le cose. E' anche parecchio disordinata ma accogliente. Le pareti sono tappezzate di poster di gruppi musicali a me sconosciuti, e le mensole, come i comodini, ospitano su di esse oggetti piccoli , apparentemente inutili , intagliati nel legno. Talvolta ancora incompleti. Due pareti su quattro sono pennellate di un blu cobalto, soporifero, pronto a strizzarti l'occhio per lasciarlo entrare.

Nella parete dietro di me vedo una cosa che mi sorprende moltissimo. Nella parete bianca c'è dipinta una porta aperta, oltre l'universo. Rimango intontita, sedotta ed ipnotizzata da quella porta aperta, spalancata davanti a me con di fronte l'infinito. Il buio della camera illuminata solo dalla luce delle stelle proveniente dall'oblò sopra le nostre teste faceva sembrare tutto così reale e tutto così irreale. E' proprio in quel momento che mi rendo conto che i nostri respiri sono molto più rumorosi della musica che proviene da sotto. Kurt si avvicina a me ed in silenzio mi prende la mano, l'elettricità generata da quel contatto percuote il mio corpo. Tutto comincia a girarmi intorno.

-Ti piace?- chiede orgoglioso, sussurrando.
- Qui è dove mi metto ogni sera. Guardo il cielo, mangio patatine...-
-Tu guardi il cielo? Mi scappa un ghigno.- Non ci avrei scommesso Non sembri uno in cerca di risposte Semmai uno ansioso di darne agli altri!- strizzo l'occhio.

-Ti va di sederti un attimo?- chiede indicando una panca di legno.
-Non costringermi a rinunciare ad un tuo bacio, ti prego- sorrido nervosa attorcigliandomi il ciuffo.
-Sei davvero convinta che io sia attratto da te? Cioè fisicamente? - ridacchia incredulo, provando a schernirmi.
-Può essere che abbia voglia di scambiare due chiacchiere?- domanda accigliato.

-Può essere che quel letto mi suggerisca una lunga lista di vittime a cui hai raccontato questa romantica parentesi della porta verso l'infinito?- scoppio a ridere fragorosamente e lui mi segue, innocentemente.
-Perché non ti ho mai vista? - chiede curioso, scostandomi un ciuffo di capelli dagli occhi, e posizionandolo dietro l'orecchio, dandomi un brivido che cerco di soffocare con una risata nervosa
-Forse perché sono qui da 5 mesi, forse perché non amo stare al centro dell'attenzione sculettando per i corridoi- pronuncio piano, giocando con un vecchio cerotto che avevo attorno all'anulare.
-Con l'aggravante che non ho amici. Eccetto Alice e Gea s'intende- ammetto a testa bassa, aprendomi per la prima volta chissà dopo quanto tempo. Mi piace questo clima confidenziale. Mi sento "al sicuro?"
-Bella questa collana, posso vederla?- chiede, avvicinandosi pericolosamente.
-Certo, fa pure.- sussurro, trattenendo il respiro.
Una voce stridula squarcia il nostro dipinto.

-Kuurt!! Ma dove cazzo sei? Ti ho cercato tutto il tempo. Ricordi cosa mi avevi promesso al tuo ritorno? E' Eleonor, reginetta e bionda incallita.

Entra senza chiedere il permesso e si getta sulle gambe di Kurt facendo come se non esistessi. Mi aspetto una qualche reazione da parte sua, ma anche lui si comporta come se non esistessi. Quando sono vicini ai preliminari decido che è troppo. Mi alzo in piedi e scappo via, sbattendomi fragorosamente la porta alle spalle.
Per cinque minuti ho osato lasciarmi andare. E' sempre una pessima idea, quella della felicità. Adesso, immotivatamente, sono triste, perché ho abbassato la guardia. Adesso quel dolore, che cerco ogni giorno di contenere e soffocare, mi sta logorando. E' come se tutte le mie ferite bruciassero allo stesso tempo.
Anche quella chiacchierata superficiale, sospesa come da qui sul tetto, era sprofondata insieme a me su un asfalto troppo caldo, troppo amaro.
Non c'è motivo per cui io debba stare così. Kurt mi sta antipatico, io non lo sopporto.
Cerco un bagno nel buio, sperando di trovarlo il prima possibile.

NUMB- INSENSIBILE.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora