Dopo la morte del fratellino di 6 anni, Carol si trasferisce in un piccolo sobborgo londinese.
Pensa di sapere tutto della vita, dell'amore, del dolore. Ma mai come adesso dovrà fare i conti col... mistero.
"Sai... Sai per caso cosa significa quel simbolo?", boccheggio, piegandomi sulle ginocchia dopo essermi affrettata dietro ad Alice. "No, non ne ho mai sentito parlare", pronuncia distrattamente masticando una gomma e attorcigliandosi una ciocca di capelli, mentre tiene d'occhio Jeremy e Gea, che sono rimasti indietro. Continuo ad osservare quel simbolo, e impercettibilmente, senza neanche capire cosa stia succedendo, sprofondo in un senso di pace e benessere che avevo quasi dimenticato (qualora lo avessi mai provato). Alice è impaziente di continuare a offrire i dettagli della sua storia sugli incubi. Torna indietro a controllare perché Gea e Jeremy ci stiano mettendo tanto a raggiungerci. "Ne approfitterò per rilassarmi un altro po'", rifletto tra me e me, osservando quella strana pittura circolare. D'improvviso sento un rumore di passi provenire dal profondo della cripta. "Chi c'è!" grido immediatamente, sbalzando all'indietro e cadendo sulle mani. "Ahia". Credo di essermi ferita ad un polso. "Chi c'è!", provo a pronunciare, ma non riesco a liberarmi da un senso di torpore e da un nodo in gola che non mi permette di parlare. Le mie palpebre si fanno sempre più pesanti... Tenerle su diventa sempre difficile. Gattonando giro attorno me stessa e vedo delle sagome indistinte sdraiate per terra. Ed una che invece viene verso di me. "Cosa mi succede?", mi sembra di impazzire. Vado a tentoni, cercando un appoggio sul quale fare leva per alzarmi. Le luci dei lumini sembrano allungarsi, assumendo una fisionomia antropomorfa e spettrale. "Basta!", mugugno sbattendomi i palmi delle mani lerce di terreno sulla testa. "Se è uno scherzo non è divertente". Sembra che la cripta mi giri introno, che le arcate sotterranee danzino stringendosi verso di me. Comincio a confondere i nomi e i volti scolpiti nelle lapidi circostanti. "Mi avranno messo qualcosa nel bicchiere stasera". Mi arrendo. Cado in ginocchio e mi tappo le orecchie per provare a trovare la forza di gridare: non so perché, ma riesco a pensare solo a lui, anche se l'ho conosciuto solo poche ore fa. "Kurt!". ___________________________________
Che stupida che sono. Devo uscire da qui, e devo farlo subito, prima che mi colga una crisi delle mie. Sarà stato l'alcol, o un effetto collaterale di quelle maledettissime gocce. Provo a farmi forza spingendo sui palmi delle mani e faccio un tentativo di rimettermi in piedi. Ancora tremante, mi pulisco le mani sfregandole contro i jeans... anche questo paio si è strappato. Zara (mia madre) non ne sarà felice. Quando sento che la mia testa gira un po' meno la sollevo piano piano. Ma avrei non averlo fatto, non qui, non adesso. Davanti ai miei occhi già confusi e increduli si ergono due lapidi che recano il nome di Kurt e Jeremy Cohen. No, deve trattarsi di un errore. Rido nervosamente, mordicchiando il bordo della manica della felpa. Mi guardo intorno. Come Halloween non è affatto male. Ok, Carol. I tuoi sentimenti sono morti con tuo fratello. La vita non ha più senso, quindi non ha più senso neanche la morte. Né il pericolo. Resta lucida. "Ok", sospiro. Devono essere degli omonimi. Del resto quanti Kurt e Jeremy ci saranno nel mondo? Però non c'è neanche una foto... Che strano. Tutte le altre lapidi hanno una foto. Compresa questa qui... Linda Cohen. La somiglianza con i gemelli mi spiazza. Il viso pallidissimo di questa bellissima signora è incorniciato da boccoli cenere e da due occhi color pece. Sono morti tutti il 19 Agosto 1919... Potrebbero essere gli antenati di Kurt e Jeremy? Deve essere così. Sono gli antenati dei Cohen. Non vedo l'ora di chiedere direttamente a loro. I passi si fanno sempre più vicini a me. "L'ho capito subito che eri una tipa curiosa!" Esclama una sagoma che prende forma piano piano dal buio della cripta. "Jeremy?" Che ci fai qui, dove sono Alice e Gea? "Avevano sonno, stanno facendo un pisolino in macchina, come Evan... A quanto pare siamo solo io e te...".
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Basta. Devo calmarmi. Queste storie mi hanno messo decisamente paura. Deglutisco a fatica e mi sforzo di sorridere, anche se il suo, di sorriso, mi sembra diverso.