#4 "Gauche"

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:maldestro, goffo.

Era una di quelle mattine fugaci, un'alba ad acquarello che immergeva nel silenzio ogni cosa.

Ci fu un movimento lento tra le lenzuola. Un ragazzo moro, i muscoli tonici e guizzanti sotto la pelle lattea, si stiracchiò, languido, e scoccò una veloce occhiata al ragazzo coricato accanto a lui. Sottili cicatrici ne attraversavano la schiena, le braccia, le gambe, il torace. Sospirò. La luce, un pallido raggio proveniente dagli scuri socchiusi, gli illuminava una tempia e il profilo del naso, gettandone una fievole ombra sul cuscino.

Sirius balzò giù dal letto.

Era sempre il primo ad alzarsi, al mattino. Si svegliava, scivolava via da sotto le lenzuola e il caldo abbraccio di Remus, e se ne andava, pressoché nudo, a fumare sulla porta del terrazzo, ammirando lo scorcio di alba che si scorgeva tra le chiome ombrose degli alberi.
Poi rientrava, rabbrividendo un poco, e svegliava l'altro con un bacio.

L'odore morboso del fumo era il primo vero odore che Remus sentiva, ogni mattina. Una zaffata di aria fredda - la porta che si chiudeva - e un bacio a fior di labbra era tutto ciò che la sua mente assopita riceveva come sveglia - Sirius sapeva essere davvero Felpato in certi casi.

Sbatteva le palpebre e si ritrovava un paio di occhi grigi che gli sorridevano a pochi centimetri di distanza.
«Buongiorno», un paio di labbra che si muovevano e il solito, confuso, odore di tabacco.
Sorrideva anche lui, a quel punto: prendeva il volto dell'altro tra le mani, andandogli ad arruffare i lunghi capelli neri della nuca, e lo baciava, leggero, sul naso, sul labbro superiore, mordeva quello inferiore e poi approfondiva il contatto.

Ricordava, talvolta, come quei baci al sapore di fumo gli avessero dato fastidio, all'inizio.
Sirius aveva cominciato a fumare alla fine del loro quinto anno: non fu per niente piacevole sfiorare l'astinenza per tutti quei lunghi giorni, ma verso la fine di giugno cominciò ad abituarsi, e poté essere di nuovo svegliato alla solita, dolce, arruffata, maniera di Sirius.

Dunque, dopo averlo baciato e accarezzato un altro po', Remus si alzava a sua volta e scendeva giù per preparare la colazione: erano circa le otto.

Alle otto e mezza di quel mattino, però, lui non si era ancora svegliato.
Sirius scese i gradini silenziosamente, strusciò sulla moquette fino in cucina e cominciò ad armeggiare tra i fornelli.

C'era una ragione per cui era sempre Remus a preparare la colazione: l'unico utensile culinario che Sirius sapeva usare era il bollitore per il té. Aveva provato più volte a cucinare qualcosa di decente, però era decisamente maldestro in cucina e... beh, i risultati erano stati tutt'altro che soddisfacenti.

Ma voleva fare qualcosa di speciale, quel giorno, tutto per Remus. Era un po' che ci pensava: cucinargli qualche crêpes, ricoprirle di cioccolato e portargliele a letto con una buona tazza di té fumante. Non era tutto questo granché, ma sperava (ne era abbastanza sicuro, in realtà) che il suo ragazzo avrebbe apprezzato il gesto.

Il suo ragazzo. Ancora non ci credeva, ed erano passati già quattro anni da quel fatidico pomeriggio in cui accadde... la cosa.

In effetti, fu una gran bella cosa.

Ora, immaginatevi. I Tre Manici di Scopa, pomeriggio inoltrato, lui e Moony che si bevono tranquillamente le loro burrobirre, chiacchierando del più e del meno.
Sirius, tutt'a un tratto, allontana la sua bottiglia, ancora piena per metà, e con l'ovvia nonchalance di cui è impregnato, sussurra: «Remus, vorresti essere il mio ragazzo?»
Al che il povero Remus si trova a sputacchiare l'intero contenuto della sua bottiglia direttamente sul sorriso ben assestato di Padfoot. Gran colpo, davvero.

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