Ero tranquillamente sdraiata sull'erba soffice del giardino di casa mia, intenta a finire un piccolo quadro commissionato ad un mio caro amico.
La giornata era fresca e nonostante il sole era alto, qualche nuvola passeggera l'oscurava di tanto in tanto, rendendo la sua luce meno abbagliante.
La suoneria del mio cellulare ruppe il silenzio di metà mattinata.
-Pronto?- risposi al numero sconosciuto.
- Salve, sono il Signor Guroux, direttore del Louvre. Lei è la signorina Vivian Trask?- chiese la persona all'altro capo.
Luovre? Pensai euforica.
Nonostante la mia felicitá, risposi semplicemente: -Si, ditemi tutto!-
Il direttore poi mi spiegò di aver visto alcuni dei miei lavori, che gli erano piaciuti molto e che quindi era lieto di farmi restaurare alcune loro opere. Rimasi strabiliata, non riuscivo a credere che quello che mi avesse appena riferito fosse vero. Ancora con gli occhi spalancati per l'incredulità, mi diedi un leggero pizzicotto sul braccio e ne avvertii subito il dolore.
Non sto sognando.
Accettai di buon grado la proposta, non facendo trasparire in alcun modo la felicità infantile che mi pervadeva.
Ci mettemmo d'accordo, gli dissi che avrei preso il primo volo per Parigi.
Mi affrettai a fare la valigia e a posarci all'interno l'oggetto più importante: la valigetta degli attrezzi.
**
Una volta al Louvre ero ammaliata dall'ostentata bellezza che emanava ed un lieve sorriso soddisfatto si dipinse sul mio volto, fiera di me stessa e di dove fossi arrivata.
Camminai lentamente verso l'ingresso, ammirando con attenzione i dettagli dell'immenso museo.
All'entrata c'era il Direttore che mi aspettava con aria trepidante e non appena mi vide la sue labbra si aprirono in un enorme sorriso, concluso con un elegante:- Bounjour! Sono entusiasta che sia arrivata di già. Mi segua.-
Annuii con la testa, leggermente imbarazzata dall'aria solare che si espandeva ovunque passasse il signor Goroux, al contrario mio che ero abbastanza timida e controllata. Gli andavo dietro accarezzando continuamente la mia valigetta, come se potesse infondermi sicurezza.
Tutta quella regalità mi metteva a disagio, non avrei mei pensato di poter restaurare dipinti di un valore così alto.
La stanza cui spalancò la porta con un gesto teatrale, dettato probabilmente dall'abitudine del lavoro, era luminosa, dorata e piena di quadri.
C'erano quelli più rinomati: dalla Gioconda di Leonardo Da Vinci, all'Urlo, fino alla Donna in Bagno di Botero.
- Allora, la lascio al suo lavoro! Sti attenta ai quadri, li tocchi solo con i pennelli!-
E così dicendo sparì nel corridoio antistante.
Non sapendo da quale iniziare, decisi di partire dal primo.
Mi ritrovai di fronte al ritratto di Botero ed emozionata, lo sfiorai con le dita, nonostante l'avvertimento del Direttore.
Sarò delicata, non si farà nulla!
In un batter d'occhio mi ritrovai all'interno del quadro e sconvolta, mi guardai intorno.
La signora piagnucolava e, fortunatamente, ancora non mi aveva visto.
Non potevo perder tempo a chiedermi com'ero finita li, se la signora mi avrebbe vista mentre contemplavo, non credo avrei fatto una bella fine.
Così, decisi di nascondermi nella vasca, dietro la tendina a fiori.
D'un tratto, un'ondata di lacrime le rigarono il viso ed io ero lì, che tristemente sapevo di non poter far nulla.
Dopo lo sfogo emotivo, si asciugò le lacrime rapidamente e prese a sorridere malinconicamente a se stessa.
"Inutile piangere, non dimagrirò per certo."
Si palpava la carne che le riempiva il viso e sussurrò: "Jake. Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto."
Vidi una piccolo diario sul bordo della vasca e, dopo averlo preso, curiosa ne sbirciai il contenuto.
Tra i vari sfoghi trovai una lettera indirizzata a Jake, il ragazzo citato precedentemente.
'Caro Jake,
dovresti essere mio padre, giusto?
Ma perchè sei andato via, da me e dalla mamma?
Il dolore che ho provato il giorno in cui hai preferito Safelin a noi, la tua amante, mi ha resa quella che sono oggi.
Il cibo mi ha consolata da tutto.
Dal tuo abbandono, dalla scuola, dalle delusioni, ma soprattutto dalle orribili parole che mi hai rivolto prima di lasciarci.
Mi ronzano nella testa ogni notte, quando come sempre, non riesco ad addormentarmi.
Sei brutta, stupida ed insolente, ragazzina! È un disonore averti come figlia, sceglierò sempre la mia giovane ed intelligente Safelin al posto tuo e di quella odiosa di tua madre, sempre! E ora mollami.
Mai le scorderò.
Sai che la mamma si è abbandonata al piacere dell'alcool quando sei andato via? Sono rimasta sola, ho dovuto imparare in fretta a difendermi e a vivere.
Per colpa tua, sono diventata così.
Grassa, realmente brutta e incapace di poter fare quello che mi piace.
Tutti mi evitano, non trovo lavoro perchè pensano non sia di bella presenza, non ho amici perchè tutti giudicano l'apparenza prima di tutto.
Come te, che vedendo un bel seno e delle cosce sode, le hai preferite a quelle della mamma, rovinate dalla gravidanza.
Quelle, Papà, per te dovevano essere ricordi d'amore! Ricordi di una bambina avuta in pancia alla propria amata!
Cosa te ne farai di un fisico perfetto, ma di un cervello vuoto?
Spero davvero che un giorno, lei ti lascerà per una persona più giovane di te.
Si, lo spero, perchè è solo colpa tua se sono diventata così; che alla tenera età di otto anni, hai distrutto il mio ego, la mia identità, i miei sogni.
Non te lo perdonerò mai.
Mai Jake, mai.'
Le lacrime presero a scendere, indipendenti dal mio volere.
Questa ragazza aveva avuto un passato tragico, quello che si cela dietro le sue forme non è solo amore per il cibo, ma è dolore, frustazione, odio verso se stessi.
Presa dai singulti, come previsto, la ragazza mi scoprì dopo poco.
Quando scostò lentamente la tendina buttò un urlo, vedendomi ranicchiata nella vasca piagnucolante, con in mano il suo diario personale.
- Chi sei tu!- mi risolve quella domanda mentre gesticolava e freneticamente cercava qualcosa per coprirsi.
Educatamente, voltai il viso dal lato opposto, dandogli modo di ricomporsi.
- Esca fuori da casa mia! Come ci è entrata non lo so, ma è meglio che vada via ora, prima che chiami le forze dell'ordine!- in viso era paonazza e, nonostante avessi voglia di darle delle parole di conforto non potevo non biasimarla; così mi scusai, abbandonai il diario nella vasca e uscii rapidamente da quell'umile dimora, ritrovandomi su delle strede antiche e popolari.
Bene, e ora? Cosa faccio?
Tralasciando la situazione deprimente di poco fa, presi a tormentarmi alla ricerca di un modo per tornare nel mio mondo.
Probabilmente, dovrei tornare in quella stanza.
Alzai lo sguardo e vidi il piccolo balconcino, alto da terra poco più di un metro.
Con un salto sarei riuscita ad arrampicarmici tranquillamente.
Il problema sussisteva, ma non su quello.
Io ero diversa da loro, nei modi di vestire e nei modi di muovermi, e avevo gli occhi addosso di tutti.
Presi una decisione: avrei aspettato il calar del sole, quando la maggior parte delle persone si rintanavano in casa e la ragazza si sarebbe coricata.
Entrai nel vicolo di fianco alla casetta, mi sedetti a terra dietro un cassonetto e cercai di far passare il tempo ricontrollando rigorosamente che nella mia valigetta fosse tutto apposto.
**
L'arrivo della notte mi rassicurò, facendomi credere che da li a poco sarei tornata nel museo.
Riflettei sulle parole del signor Guroux. Lui sapeva, ecco perchè mi aveva avvertito di non toccare i quadri!
Scossi la testa incredula e guardai di sottecchi fuori dal vicolo, appurando che la strada era ormai deserta.
Mi arrampicai impacciatamente sul balconcino ed entrai a passo felpato in quella casa tanto semplice.
Stranamente affrontavo le cose come se fosse tutto normale, infondo avevo sempre creduto alla magia.
Attraversai la stanza da letto e la vidi dormire, ranicchiata su se stessa per quello che poteva, con affianco la madre.
Sospirai sommessamente e mi diressi nel bagno.
C'era uno specchio che precedentemente non esisteva e, si affacciava proprio nella stanza del Louvre!
Il signor Guroux bussò allo specchio e mi fece segno di andare verso di lui.
'Venga, su!' disse, aveva la voce ovattata a causa dello specchio che ci separava.
Gli feci segno di aspettare.
L'unica cosa che sapevo in quel momento, era che lei aveva bisogno di qualcuno che le dicesse quanto era brava, capace di raggiungere i propri obbiettivi e bella nella sua imperfezione.
Presi il suo diario, stavolta poggiato sul lavabo e le scrissi una lettera di incoraggiamento.
"Firmato.
La te nel futuro."
Speravo di cambiarle la vita? No, ma volevo che si accettasse.
A quel punto tornai allo specchio soddisfatta, sorrisi al Direttore e toccandolo tornai nella stanza in un batter di ciglia.
Mi voltai guardando quella ragazza immobile, intenta a guardarsi allo specchio. S'intravedeva un leggero sorriso, ora, sul suo viso.
- Non avrete cambiato nulla del quadro, spero!- esclamò il Direttore, cercando segni di diniego.
- Assolutamente no.- dissi, mentendo, mentre scoppiavo in una risata incredula.
Lui fece per andarse ma non prima di dire: - Reagiscono tutti così. Susu, continui il suo lavoro! Ma si ricordi, non toccate il quadro con le dita, solo con i pennelli!-