LA VITA DENTRO ME

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Sentivo quel piccoletto scalciare dentro di me.
Ogni volta che lo faceva le lacrime salivano incessanti ai miei occhi e continuamente mi chiedevo perché fosse accaduto un'avvenimento del genere.

Io amavo Abel, lo avevo finalmente capito.
Lo volevo con me, quando lo guardavo il mio cuore impazziva, le guance si coloravano di rosso e le farfalle volavano indomate nel mio stomaco.
La notte avrei avuto voglia di stringerlo a me, di baciarlo e passargli le mani fra quei capelli castani e corti.
Ed ora che ero in attesa le emozioni erano raddoppiate, ogni volta che pensavo a lui una morsa mi prendeva allo stomaco e, piangevo.
Scoppiavo in lacrime come una piccola bambina di cinque anni a cui non compri ciò che desidera.

Poi il piccolino scalciava, il piccolo cuoricino si muoveva, lo sentivo. Era vivo, dentro di me, un'esserino indifeso che non aveva colpa.

Era tutto grazie a me se mi trovavo in quel guaio, come avrei detto ad Arthur che era suo figlio ma che il mio cuore apparteneva a suo fratello?

Mi alzai finalmente dal letto e lentamente mi diressi nel bagno, intenta ad usare il gabinetto come avevo fatto altre sei volte quella notte.
Ero ormai al settimo mese ed i fratelli Arthur erano insistenti nel sapere chi fosse il vero padre.

L'indecisione e la tristezza prendeva il controllo ogni qual volta il mio cervello osava dare una risposta.

Mi vestii, dovevo scendere a fare la spesa: ero rimasta a corto di cibo.
Ieri, mentre pensavo, mi ero finita due scatole di gelato e tutti gli snack che avevo nelle dispense.
Sì, avanti ad un film depresso quanto me.

Ed eccolo il mio amato cervello che dice: - Idiota, dì ad Arthur che é il vero padre! Poi confessarai il tuo amore ad Abel e, se lui accetterà di avere in casa un pargoletto non suo, vivrete felici e contenti.

E poi, subito dopo, l'odiato cuore: - Ma cosa dici, stupido! Non hai emozioni, tu. Sai come si sentirà quel povero Abel a sapere che il figlio non è suo? E come si spezzerebbe il cuore di Arthur quando saprà che nonostante sia suo figlio, lei non lo abbia scelto?

Il mio cervello sospirò e lo feci anch'io.

Arrivata alla cassa pagai con la carta di credito tutto ciò che avevo acquistato: quattro scatole di gelato, cetriolini sott'aceto, patatine, pollo allo spiedo e uno scatolo di sughi pronti.
Non ero esattamente brava in cucina, il mio forte erano i dolci, non le pietanze salate.

Ecco, anche in questo ci completavamo io ed Abel. Lui era un cuoco ma in pasticceria era una frana ed io colmavo perfettamente la sua lacuna.

Piccolo cuore si mosse.
Mentre mi accarezzavo la pancia, dissi: - Amore, perchè devi essere figlio di Arthur? Non ti piace Abel?

Due calci ed una gomitata mi arrivarono forti e chiari.
Questo pargoletto si meritava un padre presente e amorevole.

Arthur era la scelta giusta.

Avrei sacrificato il mio vero amore, per mio figlio.

Mio figlio Josh Abel Buttman.

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