Capitolo 8

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8.

La fissava, senza dire nulla, ma dal suo volto si poteva leggere la "vittoria" per l'espressione quasi sconvolta di Martina, che con il cuore che continuava a batterle non distoglieva lo sguardo dal suo.
Si avvicinava con passo lento a lei, sul pavimento risuonava il rumore dei suoi passi. Il respiro di Martina si faceva sempre più affannato, più trattenuto, i battiti del suo cuore aumentavano sempre di più.
Era a pochi centimetri dal suo viso, dalle sue labbra, ma non la toccava, non la sfiorava, provocando ancora di più quella ragazza che ormai, pendeva dalle sue perfette labbra.
«Sentiamo, secondo te...come mai ti ho portata qui?» mormorò sulle sue labbra, con voce roca, bassa, quasi un sussurro.
«Non ne ho idea...» disse deglutendo. Lui rise, una risata silenziosa, maliziosa, che fece rabbrividire Martina, intimidita da quel comportamento.
«Vedi...è dalla prima volta che ti ho vista che...ho avuto una gran bella voglia di portarti a letto, Martina» disse con voce bassa, più erotica che mai. Quella lingua baveva accarezzato il suo nome di nuovoo. Il suo sguardo era tentatore, peccatore, ipnotizzante, quegli occhi non smettevano di fissarla. Quelle labbra che sembravano gocciolassero di peccato, erano strette dai suoi denti perfettamente bianchi. Lei lo fissò, quasi immobilizzata da quelle parole cariche di promesse e di tentazioni. Aveva il cuore in gola, continuava a battere, incessantemente, senza fermarsi. Respirava a fatica, con affanno.
«Ah si?» mormorò insicura, con voce tremolante, tesa.
«Oh si, e che tu voglia o no...adesso lo faccio» rispose con voce prepotente, possessiva, roca, sensuale, misteriosa.
Martina  restò esitante a fissarlo, anche se...in fondo lei voleva. Dio quanto lo voleva, forse dalla prima volta che quello sguardo maliziosamente misterioso aveva incontrato i suoi occhi innocenti. Da quando quella bocca, dal sapore del sangue, aveva toccato le sue dolci labbra. Da quando quelle erotiche carezze avevano accarezzato il suo corpo puro. Da quando quella voce roca, dai toni sexy e misteriosi, aveva contrastato la sua voce insicura.

La camera da letto aveva le stesse caratteristiche del salone, tranne per il letto a baldacchino. Le lenzuola erano rosso sangue, in raso, i cuscini erano rivestiti alla stessa maniera. Era una camera elegante, ma sembrava più la stanza del peccato che quella di un diciottenne. C'erano candelabri alti che illuminavano l'interno della stanza. Dio era inquietante. Quella era la stanza del sesso, sì che lo era.
«Shh...ora si fa come dico io» sussurrò all'orecchio di Martina, mentre la faceva sedere sul letto lentamente. Lei annuì, ormai ipnotizzata da quell'uomo così estremamente sexy.

Cominciò a sbottonarle quella camicetta bianca che ormai, era diventato uno straccio inutile per Christian Amato. Era tutto così lento, ma così erotico. La lanciò a terra, in un angolo di quella stanza. In quel momento Martina benedì la sua amica Gaia, che le aveva prestato il completo nero di Victoria's Secret.
«Mhh...» mormorò
Martina rabbrividì, facendo un lungo respiro.
Ogni sua singola carezza, ognuna, continuava a farle battere il cuore sempre più veloce.
Quelle mani così calde, risalirono lungo la sua schiena, fino a sganciare il reggiseno, che finì per terra insieme alla camicetta.
Era seminuda difronte a lui, che la fissava compiaciuto.
Con lentezza frustrante le tolse i pantaloni e le Converse, che andarono a far compagnia a tutti gli altri abiti. C'era solo quello striminzito tanga nero a coprirla.
«Alzati...» le ordinò, aspirando bruscamente. Lei obbedì, mostrando il suo corpo perfetto. Christian  si morse il labbro chiudendo gli occhi, per poi riaprirli subito dopo. «Sei uno spettacolo...» disse accarezzandole con un dito il ventre.
«Ora spogliami...» sussurrò, poggiando le sue mani tremanti sui bottoni della sua camicia.
Cominciò a spogliarlo, con la stessa lentezza che  aveva usato con lei. Era in boxer, e Dio quant'era bello. Aveva i muscoli scolpiti, la pelle era candida,profumata chiara, sembrava scolpito da uno scultore.
La stese sul letto.
«Dio Martina!» urlò chiudendo gli occhi, quando li riaprì il suo sguardo sembrava metallo fuso. Stava godendo, continuava a farlo, il sudore gli bagnava la fronte, bagnava i loro corpi in sintonia da una violenza lussuriosa.

Entrambi senza voce, senza respiro. Quella violenza, quel possesso, quegli ordini peccaminosi, sguardi lussuriosi, urli, gemiti, avevano fatto parte di quella giornata così piena di emozioni per Martina.
Ma ora che lo avevano fatto, ora che era caduta nel castano degli occhi misteriosi di Christian Amato, non poteva più tornare indietro, non più.
Continua.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 04, 2016 ⏰

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