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La parte di più difficile di ogni appuntamento a mio parere, tralasciando la parte del dover rompere il ghiaccio iniziale, è scegliere cosa mettere per l'imminente uscita. Jeans? Gonna? Un vestito magari?
Se fosse per me ci andrei in pigiama o con i pantaloni della tuta, ma a quanto pare queste cose non sono viste bene da resto del mondo, soprattutto se stai andando in una discoteca.
Sospiro guardando con cipiglio la mia figura riflessa. Ciò che lo specchio mi mostra è una ragazza con addosso una maglia bianca e una gonna attillata del medesimo colore. Quella non sembro io, non sono io. Ciò che vedo allo specchio è una persona completamente diversa da me, più grande, più bella.
Sospiro, per quella che dev'essere la settantacinquesima volta da quando ho iniziato a prepararmi, e passo alla rassegna delle scarpe. Vans nere, vans rosse, vans old skool, vans bianche, converse total black, adidas nere... possibile che io non abbia un paio di tacchi, o comunque una scarpa elegante?
Alla fine decido di mettere le vans bianche, sono quelle che stanno meglio, nonostante siano scarpe sportive.
Quando scendo in cucina mio padre mi guarda sottecchi, come se non volesse farsi vedere mentre mi osserva contrario, mentre mia madre si concede tranquillamente di squadrarmi da capo a piedi senza problemi.
La fisso in cagnesco. «Che c'è?»
Fa spallucce. «Niente. Mi raccomando, non fare tardi. Guarda il telefono e fai attenzione a cosa ti versano nel bicchiere...»
Annuisco roteando gli occhi e faccio cenno a mio padre di uscire.
Venti minuti dopo sono in discoteca, con un anticipo di un quarto d'ora, il che implica il fatto che devo in tutti modi convincere mio padre che non c'è nessun genere di pericolo e che può tranquillamente tornarsene a casa a guardare la partita alla tv.
Con un pó di fortuna riesco nel mio intento e cinque minuti dopo sono sul marciapiede stretta nel mio woorlich nero, per niente abbinato al vestito. L'ho già detto che non ho per niente gusto in fatto di moda?
Mi guardo intorno per vedere un pó l'ambiente in cui mi trovo. Sono già stata in discoteca, con Ashton, con altre compagne di scuola, con una delle mie cugine, ma questa assomiglia piú a bugagliottolo pieno di ragazzi che si strusciano sudati l'uno sull'altro. Gli addetti alla sicurezza sono due e fanno passare chiunque, anche quelli che anno l'aspetto da tredicenni. O magari hanno davvero tutti sopra ai sedici anni, ma sembrano semplicemente dei bambini, chissà.
«Ehi tu.»
Spalanco gli occhi mentre sento il battito cardiaco aumentare di velocità, ora che il suo respiro è sul mio collo e le sue mani sui miei fianchi.
Mi volto verso di lui cercando di sorridere e non di rimanere a bocca aperta come rischio di fare ogni volta.
«Luke.»
Il sorriso sul volto del ragazzo si allarga facendomi agitare ancora di piú. Okay respira. Non sono ancora abituata a nulla di tutto questo. Stiamo uscendo insieme, no? È un'appuntamento. Anche se nessuno dei due lo ha specificato, lo è.
«Entriamo, ti va?» mette un braccio attorno al mio busto e si dirige verso l'entrata della discoteca.
«I tuoi amici?» domando mentre il buttafuori ci fa cenno di entrare.
«Sono già dentro» risponde appunto guardandosi attorno. Deve aver individuato qualcuno, perché si precipita subito verso l'angolo bar.
Calum Hood, Michael Clifford e altre due ragazze sono seduti intorno a un tavolino e ridono di gusto mentre sorseggiano non so quale bevanda alcolica.
«Ragazzi» esordisce Luke accomodandosi sul divanetto nero. Mi fa cenno di imitarlo. «Lei è Emma»
«Lo sappiamo,» Calum ammicca brevemente verso di me. «Luke parla spesso di te.»
Il ragazzo al mio fianco arrossisce e manda molto gentilmente a quel paese l'amico.
«Comunque io sono Calum e lui Michael.»
Le due tipe non mi guardano nemmeno, continuano a farsi beatamente gli affari loro. Alzo gli occhi al cielo. Molto simpatiche.
«Vuoi qualcosa da bere?» Luke si gira verso di me mentre un cameriere si avvicina a di noi.
«Angelo azzurro» rispondo sistemando la gonna che si è stropicciata sulle gambe.
«Un Angelo Azzurro e un Long Island» il cameriere prende le ordinazioni e si liquida sparendo nella folla.
«Allora» inizia Calum girando la cannuccia nel bicchiere. Sorride. «Come te la passi?»
«Mmh bene» rispondo in imbarazzo.
«Bene.»
«Già.»
«Allora» trilla Luke, poi interrompendosi per l'arrivo del cameriere che ci porta le nostre bevande.
Prendo il mio cocktail e mi giro verso di lui in modo da guardarlo in faccia mentre mi parla. Prendo una lunga sorsata del liquido azzurro che è nel bicchiere. L'alcool entra subito in circolo facendomi sentire meglio, in qualche modo. Meno imbarazzata.
«Non è che ti andrebbe di ballare?»
Da uno a dieci la mia voglia di ballare in questo momento è meno due, ma quando è Luke Hemmings a farti una proposta simile, ovviamente accetti. Anche se non vorresti abbandonare il comodissimo divano e buttarti in mezzo alla folla piena di corpi sudati e appiccicosi. Tantomeno vorresti lasciare il tuo bicchiere mezzo pieno tutto solo.
«Certo» rispondo alzandomi in piedi, senza aver prima tracannato il resto del cocktail tutto di un sorso. Forse non dovevo farlo.
Luke mi trascina nella pista, prendendo posizione davanti a me, mentre io inizio a muovermi un pò impacciata. La differenza tra ballare con qualcuno che conosci bene e per cui non hai una cotta e ballare con il ragazzo che ti piace, è che con il primo non ti devi preoccupare di come ti muovi, con il secondo hai persino l'ansia e la paura di fare qualcosa di sbagliato. O qualche bellissima figura di merda. Prego che l'alcool faccia il suo effetto in fretta.
«Sei mai stata in questa discoteca?» grida Luke cercando di farsi sentire sopra alla musica.
«No. E tu?» grido di rimando.
«Si. I miei amici sono fissati con questo posto.»
«O con le ragazze che ci sono qui?» domando accennando con un dito verso di loro. Michael e Calum sono circondati da un gruppetto di ragazze che si vogliono a tutti i costi sedere sulle loro gambe. Che carine. Le due tipe che all'inizio erano con noi sono già sparite.
Luke ridacchia sommessamente. «Tipico di Calum. Michael di solito si trova solo in mezzo ai casini dell'altro.»
La musica cambia e finalmente io e Luke iniziammo a parlare tranquillamente senza nessun imbarazzo. Mi racconta di vecchi aneddoti di lui e i ragazzi, di figuracce fatte a scuola, di tutte le volte in cui l'ha saltata per andare a suonare con gli altri nel vecchio garage di suo nonno.
Mi rendo conto solo quando ormai i nostri corpi sono vicinissimi che forse questa è la volta buona in cui finalmente bacerò Luke. Per la prima volta in tutta la mia vita non ho mai avuto così tanta ansia per baciare qualcuno.
Quando i suoi occhi cristallini si fissano nei miei, quando le sue mani finiscono sui miei fianchi e il suo respiro si sposta sulla mia bocca, chiudo gli occhi.
Li stringo appena, aspettando che quel tocco magico tanto atteso arrivi.
Ma non lo fa.
«Ragazzi!» Calum si lancia in mezzo a noi dividendoci. Barcollo all'indietro per un attimo, poi ritrovo l'equilibrio. Lo maledico mentalmente.
«Scusate l'interruzione» dice grattandosi il capo imbarazzato. Luke lo fulmina con lo sguardo. «Ma c'è un problema. Un grave problema. E quando io dico che c'è un problema grave, allora è un disastro.»
Ci scambiamo tutti e tre un'occhiata. Poi Calum si gira e ci fa cenno di seguirlo fino all'uscita.
Facendoci spazio tra le persone, raggiungiamo il giardino.
Un gruppo di persone è radunato intorno a qualcosa. In un primo momento penso di prendere Calum a schiaffi per averci interrotto, non vedendo nulla di particolarmente importante.
Poi ci avviciniamo alla folla che grida dei nomi.
Un brutto presentimento mi fa avanzare decisa. I ragazzi mi chiamano un paio di volte ma li ignoro.
Qualsiasi cosa ci sia, è destinata a me.
In mezzo al cerchio ci sono due persone che si stanno picchiando. All'inizio noto solo la chioma rosso fuoco di Michael e la sua giacca nera. Poi l'altra persona attira la mia attenzione facendomi gridare.
I suoi capelli color del miele, il suo giubbotto scuro, il suo volto tumefatto. Faccio un passo in avanti decisa a correre tra di loro per fermarli, ma due mani mi bloccano prima che io possa fare qualcosa.
Chiudo gli occhi.

Fail messages // Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora