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Osservo il ragazzo davanti a me lasciarsi cadere a terra con un gemito di dolore. Gli tremano le mani mentre preme il ghiaccio sull'occhio gonfio. Michael, pochi metri più in là, non è sicuramente messo meglio. Sta decisamente bene, rispetto ad Ashton, ma riporta comunque qualche ferita superficiale ed ematomi violacei.
«Come stai?» domando ad Ashton. Lui scuote il capo. Alza lo sguardo su di me, gli occhi impenetrabili e le labbra strette in una linea sottile.
«Sono stato meglio, non credi?»
«Sei tu che hai iniziato» replico alzando la voce. «Se te ne fossi stato fermo a quest'ora... non saresti qui.»
Odio quando le persone mi rispondono con ironia e scherno nei momenti inopportuni, come adesso. Se io mi preoccupo per te, per la tua salute, evita di rispondermi in malo modo.
«Non è solo per questo.»
«Non iniziare.»
«C'è l'hai con me?» domanda con una punta di irritazione nella voce. Non posso fare a meno di sospirare quando i suoi occhi tristi incrociano i miei.
Mi sento stringere il cuore.
«No, ma tu ti stai comportando da idiota» mi alzo in piedi spolverandomi, togliendo erbacce e polvere.
Lo guardo nella speranza che mi dica qualcosa, non so nemmeno io cosa a dire la verità, ma lui sembra assorto nei suoi pensieri. Non mi guarda più. Sta osservando qualcosa in lontananza.
Sospiro. Non ricevendo nessun'attenzione da parte sua, scrollo le spalle e mi incammino verso gli altri. Sono raggruppati intorno a Michael. Calum è chino su di lui e gli sta sussurrando qualcosa all'orecchio.
«Mi dispiace Emma» mormora Ashton alle mie spalle.
Mi giro appena, il giusto per guardarlo in faccia. «Fa niente.»

Rabbia. Una delle emozioni più forti che spesso proviamo.
Non riesco a scrollarmi di dosso la sensazione di essere stata presa in giro, in qualche strano modo. Per tanti motivi, forse anche  la questione dei messaggi... Di ciò che Ashton mi aveva detto. Non era una cosa che si digeriva tanto facilmente o sbaglio? Sono io che pretendo troppo? O è semplice il giusto quello che chiedo? Un po' di sincerità e rispetto.
«Ehi» Luke sorride quando mi avvicino a lui. «Come sta Ashton?»
«Bene penso» rispondo scrollando le spalle. «Non saprei. Non abbiamo parlato molto.»
«Avete di nuovo litigato?»
«No» ribatto. Perché deve per forza pensare che litighiamo? «Penso.»
Annuisce e mi stringe in un abbraccio. Per un attimo sento una scarica di odio nei confronti di Calum, Michael e Ashton, per aver contribuito, ciascuno a proprio modo, nel rovinare la serata. Una serata che aspettavo da così tanto tempo.
«Ma come cazzo fai a prenderti a pugni in una discoteca? In mezzo a tutti!» sciolgo l'abbraccio allontanandomi di scatto. Luke mi guarda con cipiglio.
Fece spallucce. «Eh, ma è Michael.»
«Eh, ma è Ashton» rispondo ironica. «Che cazzo dì risposta è?»
«Sei arrabbiata.»
«No!» esclamo alzando gli occhi al cielo. «Non sono arrabbiata!»
Luke mi guarda con una strana espressione, ma non riesco a decifrarla, perché così com'è arrivata se ne va, lasciando spazio a un debole sorriso.
«Ti riaccompagno a casa, vuoi?»
Annuisco sollevata. Ho solo bisogno farmi un bagno e andare a dormire.
Mentre ci incamminiamo verso la macchina, Clifford ci viene incontro, scusandosi per averci rovinato l'uscita e per aver picchiato Ashton. Non rispondo.
Non ho nemmeno la forza di ringraziarlo o semplicemente guardarlo in faccia. In questo momento non ho voglia di parlare con nessuno.

Il resto del tragitto verso casa mia lo trascorriamo in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.
Vorrei prendermi a schiaffi, oltre ad aver reagito in maniera eccessiva con Ashton, me l'ero presa anche con Luke, che non c'entrava nulla in questa storia. Tranne forse per il fatto di avere amici un po' cretini, ma non centra. Non adesso.
Sbuffo. Sono troppo impulsiva. Dovrei cercare di controllarmi ogni tanto.
«Allora...» Luke ferma la macchina davanti a casa. Tiene lo sguardo fisso sul parabrezza, le mani strette intorno al volante, mentre si morde nervosamente il labbro.
«Grazie per avermi riportata a casa» sorrido, cercando di allentare la tensione che si è creata. Improvvisamente, l'aria dentro alla macchina, mi sembra calda e soffocante. «Ma adesso dovrei proprio andare, altrimenti i miei potrebbero pensare che mi abbiano rapita e cose del genere...» borbotto , mentre la mia voce si affievolisce lentamente, finchè non rimango senza parole.
«Certo, ti accompagno.»
Scendiamo dall'auto in silenzio, io con le mani strette a pugno per farle smettere di tremare, lui con la testa bassa e le spalle rigide. Camminiamo lentamente fino al porticato, senza dire una parola.
Mi sporgo oltre, verso le finestre per vedere se i miei siano ancora svegli, ma per fortuna sembra che non ci sia qualcuno.
«Okay, diciamo che questa serata non è andata proprio come avrei voluto» mormora Luke, così piano che per un attimo ho la sensazione di essermelo solo immaginato.
«Diciamo che abbiamo degli amici idioti?» replico. Sparare cazzate senza senso è il mio forte. Fare figuracce era il mio forte.
«Si, abbiamo degli amici idioti» conferma sorridendo, per la prima volta da quando abbiamo lasciato la discoteca. Vederlo sorridere di nuovo mi fa stare meglio. Ho paura che possa essere rimasto deluso dall'esito dell'uscita.
«Magari posso invitarti a uscire un'altra volta... Solo noi due, però.»
«Se siamo solo io e te potrei anche accettare.»
Sorride malizioso. Oddio quanto amo il suo sorriso. L'ho già detto che lo amo? «Solo io e te. Nessun'altro.»
«Niente discoteca però.»
«Ti porterò in un posto che ti piacerà tanto» fa un passo verso di me. Poi un'altro, e un'altro ancora, fino ad annullare le distanze.
Ci siamo, penso. Oddio, stavo sudando? Speriamo di no.
«Non è tanto lontano da qui» continua facendo intrecciare le nostre mani. Prego Dio che almeno quelle non sudano. Altrimenti che schifo... magari potrebbe da,giare idea su di me per le mie mani appiccicose.
Annuisco senza dire niente, perchè se anche dicessi anche una piccola e innocente parola, rovinerei sicuramente l'atmosfera.
E non volevo farlo. Per me era il momento più romantico della serata, forse dell'intera vita. Non avevo grandi conoscenze del romanticismo.
«Forse dovresti rientrare» sussurra senza staccare gli occhi da me. «Sai, non vorrei fare una brutta figura con i tuoi proprio il primo giorno.»
E anche ultimo, penso nella mia testolina.
Quando prima ho detto di non essere una persona romantica, beh, scherzavo. Evidentemente al mondo esiste qualcuno che lo è ancor meno di me.
«Hai ragione» rispondo con voce tagliente, come la lama di un coltello. Tolgo in fretta le mie mani dalle sue e indietreggio fino a toccare il legno duro e freddo con la schiena. «Buonanotte.»
Prendo le chiavi di casa dalla tasca del mio giubbotto e apro la porta, senza guardarmi indietro. Quando la richiudo alle spalle, per un attimo ho l'impressione di vedere sul viso di Luke un'espressione triste, ma non mi presi il disturbo di pensarci più di tanto.
Dovevo occuparmi di cose più importanti, come la sensazione di avere il cuore che andava in pezzi.
«Stupida» mormoro tra me e me. Come avevo potuto, anche solo per un momento, credere di piacergli?
Non ero il suo tipo, non lo avevo mai pensato.
Ci avevo sperato perché questo è quello che fanno le persone, sperano.
Anche se, riflettendo un attimo, lui aveva tentato di baciarmi prima, in discoteca.
O me lo ero solo immaginata?
Chiudo gli occhi sconsolata e mi avvio verso le scale.
L'unica cosa che voglio fare è togliermi questi maledetti vestiti di dosso, infilarmi in quella cavolo di vasca e restarci finché non avrei perso la sensibilità agli arti.
Ecco il mio piano, rovinato da un'insisteste rumore contro la porta d'ingresso.
Il cuore inizia a battere più in fretta. Non illuderti.
La apro lentamente, cercando di apparire il più sorpresa possibile quando me lo ritrovo davanti. «Luke...» sussurro tenendo il più possibile a bada le emozioni. «Che c'è? È tardi e io ho sonno e...»
«Si scusami lo so» risponde aprendo del tutto il portone ed entrando in casa.«Ma avevo bisogno di fare questo.»
Prima che possa chiedergli qualsiasi cosa, Luke preme le sue labbra sulle mie.
Non fu un bacio da film, uno di quelli tipo Titanic, o chissà cos'altro.
Fu un bacio semplice, uno scontro di labbra, cauto e prudente.
Con le mie mani intrecciate dietro al suo collo e le sue braccia strette intorno a me, sentivo il cuore esplodermi dalle emozioni. Era come se, dopo tanto tempo, mi sentissi di nuovo completa.
Sorrido quando ci stacchiamo e lui fa scorrere le dita sulle mie braccia.
Sorride quando mi avvicino per dargli un'ultimo, rapido bacio.
Non dico niente. Non ho nulla da dire.

Fail messages // Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora