Khan mi fece spazio con un ampio gesto della mano, indicandomi poi con un gesto della testa la porta. Mi feci avanti e allungai la mano per toccare prima la maniglia, poi abbassarla.
Un immediato odore di alcool mi assaltò e mi fece quasi barcollare all'indietro, poi l'odore di carne, sia animale che umana. Diedi uno sguardo veloce all'interno e potei vedere il degrado e il profano fatto luogo: la stanza era immersa in una calda luce soffusa, che illuminava tavoli mezzi vuoti e bottiglie, bicchieri, tazze e botti, la maggior parte rovesciate a terra e gli uomini nerboruti che dormivano a bocca aperta sui tavoli e alcuni che ancora bevevano e ruttavano, guardandosi attorno e verso le donnicciole dagli abiti scuri e succinti e quasi nude, lucenti sotto le caldi luci che pendevano dal soffitto e imperlate di sudore sul loro dolce corpo bianco latte come la Luna che non vedevano da tempo, e i loro sorrisi per compiacere e gli ammiccamenti sensuali quando i clienti strizzavano i loro sederi, che facevano fatica a camminare su quei tacchi vertiginosi su quel pavimento coperto di grasso e sudore e vino e birra. Dietro il bancone un uomo osservava il tutto con un piede sul suddetto e l'altro sul ripiano secondario del bancone, dove si tenevano sempre i risparmi e un simpatico pugnale. Dietro di lui, che assaggiava il suo formaggio portato sotto in quel luogo di perdizione da uno di quei pozzi, si aprivano visioni di liquori e vini di ogni genere che riempivano le mensole e strabordavano su di esse come per spintonarsi e farsi posto, quelle più costose, evidentemente, davanti. Si vedevano aprire cinque o sei porte su quel grosso stanzone, una più scura dell'altra. E ovunque, sui muri di legno e le colonne c'erano attaccate teste di cinghiale e lupi ed esotiche renne che sembravano sudare anch'esse tanto era pesante l'aria e piena di umidità. Sotto le tavole si potevano vedere i sottili colori dell'acqua blu e pura e dentro quell'acqua colava tutta l'impurità di quel luogo e ciò mi fece stare male e quasi vomitare. Khan invece, sembrava a casa in tutta quella sporcizia e sudore. Si fece strada tra i cocci e il vino e guardò sopra all'oste e fece segno di due con le dita della sua mano destra. "Hai ancora del Nettare di Myr?" Chiese, guardando poi sotto, negli occhi dell'oste.
Io camminai verso Khan e mi fermai qualche passo dietro a lui, guardando a tutti i liquori sopra la sua testa. Sentii un paio di dita passarmi sul collo e una risatina nelle orecchie, e fu come se quelle cose le avessi già viste e sentite. Mi girai di scatto e mossi la mia testa per sfuggire alla sua presa, senza fare movimenti troppo bruschi: non volevo sentirmi male di nuovo. Era una ragazzina delicata seppur mezza nuda, il suo vestitino era scuro e anche il suo trucco lo era, un rossetto nero pece a rifilare le sue piccole labbra. Mi sorrise leggermente, quasi in modo bambinesco: in fondo era solo una ragazzina. Mi sembrò quasi che stesse arrossendo, abbassando lo sguardo appena incontrò il mio, forse vergognandosi di ciò che aveva appena fatto. La ragazza gesticolò velocemente verso una donna più grande e anziana e mi sorrise di nuovo, cacciando una vocina dolce e tutta timida e soffice: "Mamma voleva che io venissi a dirti ciao." Disse, tirandosi sopra il vestitino come per coprirsi. Alzai lo sguardo verso la donna più anziana e aveva uno sguardo soffice anche lei, anzi, si copriva la bocca e sorrideva verso la sua ragazza. Un piccolo suono provenì giù dalla ragazza e guardò subito sopra verso di me, come per vedere se me ne fossi accorto, i suoi occhi erano grandi e spalancati e le sue guance diventarono subito rosse. Sorrisi di istinto guardando giù a lei e le sue labbra si incresparono in un piccolo e timido sorrisetto. "Il tuo drink è pronto, io-io vado da mamma, eh..." Disse, gesticolando verso la donna più vecchia, allontanandosi verso la porta con lo sguardo basso verso i suoi piedi. Si fermò sullo stipite, poggiando la mano sinistra su di esso e guardandomi di nuovo, sorridendo debolmente e facendomi ciao con la mano quando notò che la stavo ancora guardando. Khan mi poggiò una mano sulla spalla e mi girò: io lo guardai per un secondo negli occhi poi giù verso il drink. Era un liquido giallo in un bicchierino di latta piccolo e scheggiato.
"Che è?" Chiesi, guardando verso l'oste che intanto era passato a spellacchiare un salamino.
L'uomo mi guardò e sorrise leggermente, un piccolo sorriso obliquo che deformava il suo piccolo viso da oste: "Nettare di Myr, 45 gradi." Gracchiò, guardando poi verso Khan. "Hai visto che sta succedendo sopra alla fortezza?" Chiese poi, e dalla faccia che fece Khan, sicuramente quel ragazzo non sapeva niente.
"No, che succede? Le uniche cose che ho sentito sono che hanno chiuso tutto e il camino è acceso notte e giorno. Certo che questi aristocratici..." Evidenziò la parola con un gesto esagerato con le braccia e poi sbuffò.
L'oste chiuse un occhio, allungando quel suo collo corto per guardare oltre le spalle di Khan, come per individuare un possibile spione, poi si fece più vicino: "Dicono che tirano venti brutti, di tempesta. C'è stato qualche screzio a confine con i Redflag e lo sai...da quando si è scoperto che i Bastardi esistono ancora e non sono in esilio sul continente Orientale e che soprattutto una delle figlie Redflag è andata in sposa a uno di quelli..." Soffiò a lungo, come se avesse una ferita aperta che bruciava.
Khan sorrise leggermente e buttò giù il suo bicchierino: "No, è impossibile. Ancora non scadono i termini della pace." Disse, anche se la sua voce suonava un po' insicura.
"I termini della pace con chi? La casata Redflag?" Sorrise un pochino e sbuffò di nuovo. "E chi ha detto che stanno per scendere in guerra con quelli?"
"Intendi i Bastardi? I Podero Neri?" Aprì leggermente gli occhi e tossì un pochino, il fuoco che scendeva giù nello stomaco: "Ma si staranno nascondendo su qualche scoglio in mezzo al mare, nessun problema..." Rise un po' e poi mi guardò. "E tu che ne pensi, ragazzo?"
La sua voce mi risvegliò come da un letargo, i miei occhi si spalancarono quanto basta per farglielo notare: "Io penso che...se lasci troppo tempo la carne al fuoco dopo si brucia." Annuii leggermente, convinto di quello che avevo detto, poi aggiunsi un veloce: "Gli dèi ci proteggeranno."
L'oste mi guardò per un secondo in rigoroso silenzio, poi sbuffò e annuì: "Il capo ti vuole vedere, comunque." Chissà se le preghiere fossero arrivate in cielo da quella profondità.
Lanciai uno sguardo interrogativo verso Khan, che alzò le spalle e mandò giù il suo liquore, di nuovo, il suo secondo. Presi in mano il bicchierino e l'assaporai: bruciava in bocca e nella gola passando poi allo stomaco ma lasciava sulla lingua un sapore decisamente fruttato. Khan non mi fece neanche buttare giù l'alcool e già mi aveva aggrappato il polso e camminavamo insieme verso una di quelle porte scure. Passammo per un corridoio silenzioso su cui si aprivano un paio di stanze separate da una tenda di stoffa scura, poi su per una scala che dava direttamente a un muro di legno e una porta. Khan si fece avanti e aprì la porta, facendo poi segno a me di fare silenzio mentre lui parlava.
Entrammo insieme, il mio sguardo navigò subito intorno la stanza. C'erano un paio di candelabri protetti dietro la scrivania e una sedia rotante, che illuminavano un paio di spade che pendevano sotto questi candelabri. Intorno questa stanza, che era leggermente piccola ma si apriva una grossa finestra senza vetro dietro questa scrivania che dava respiro all'ambiente chiuso. Seduta alla scrivania c'era una piccola figura, che si alzò subito e rivelò che non era poi una così piccola figura. I candelabri illuminarono il suo volto sottile, e i suoi occhi glaciali. La sua voce risuonò sì dolce come quella di una donna ma decisa come quella di un comandante: "...Khan." Disse, guardando poi verso di me. "...amico di Khan." Sorrise leggermente e annuì piano. "Una faccia nuova, bene."
Guardai interrogativo Khan e lui annuì: "Johannah, hai qualche lavoro da fare, beh? Mi sei personalmente venuta a chiamare, pure." Serrò le braccia e si mise nella sua classica posa: corpo all'indietro e viso alto a scrutare il suo avversario.
La donna annuì e guardò verso di me, poi verso Khan e fece un piccolo sorriso obliquo, i suoi occhi brillavano: "Stanotte, Gioielleria del Cuore Rosso. La porta sarà aperta, entrate..." Fece un gesto con la mano e sorrise. "...e uscite più ricchi. Semplice, no?"
Il mio cuore sobbalzò: volevano ficcarmi in mezzo ai guai a forza, chissà per quale motivo mi trovavo lì e non volevo neanche esserci. Khan notò il mio sguardo scioccato e mi prese per la mano, portandomi in disparte: la donna rise sotto i baffi e guardò fuori dalla finestra.
Khan mi guardò negli occhi e mi spinse contro il muro: "Allora, tu vuoi arrivare sopra alla Fortezza e io ti ci faccio entrare se tu fai questo piccolo favore a noi; entriamo e usciamo e portiamo con noi giusto un po' di gioielli..." La sua voce si fece sottile e diventò un sussurro: "...per farla contenta, ci stai?" Mi guardò negli occhi, io li abbassai e tirai fuori un sospiro grande. "Ci sto, va bene."
Khan mi sorrise leggermente e mi diede una pacca sulla spalla, guardando poi verso la donna. "Ci stiamo!" Disse con una voce squillante. "Dai, è ancora presto, vai a riposarti un pochino e poi ci ritroviamo sotto alla porta principale intorno le dieci di sera." Annuì verso di me e mi diede una nuova pacca, invitandomi poi con lo sguardo ad andarmene. Presi la strada giusta dopo un secondo di smarrimento mentale: dopotutto stava accadendo tutto così in fretta, era incredibile. Camminai verso la porta e uscii, dirigendomi poi sotto alla stanza principale. La ragazza di prima stava pulendo intorno con una pezza, il vestito che portava ora la copriva decisamente di più: era scuro come l'altro ma questo arrivava quasi fino sotto al collo e la gonna che si ritrovava era finemente decorata con un filo rosso. Guardò con occhi innocenti come quelli di un cerbiatto colto a brucare l'erba verso la scala, e cacciò un sorriso piccolo e innocente quando mi vide scendere. Le sorrisi in risposta e lei ritornò a pulire il tavolo di prima, un piccolo ghigno innocente rimasto ad increspare le sue labbra ritornate al loro naturale colore roseo, dolce e innocuo. Lei diede uno sguardo verso sua madre, che intanto stava discutendo con l'oste, e la madre le annui leggermente, con un piccolo sorriso. Io ero completamente all'oscuro delle loro macchinazioni, anzi, ero più che felice di essere all'oscuro. La ragazza rimase per un secondo a guardare il tavolino, senza muoversi, poi mi guardò e saltò graziosamente fino a me, indossando un più comodo paio di ballerine celesti. Mi sorrise dolcemente, sempre con quel piccolo pizzico di innocenza e inclinò leggermente la sua testa, aggiungendo graziosità alla sua già piccola figura. "Mamma mi ha chiesto di prendere il tuo nome." Mi sussurrò con la sua voce da ragazza sì cresciuta ma in fondo sempre bambina. La ragazza guardò dietro le sue spalle verso sua madre, che stava osservando: evidentemente si erano messe d'accordo su qualcosa, e lei mi sembrava davvero genuina, non come l'altra ragazza, che avevo comunque deciso di dimenticare.
"E perché ti serve il mio nome, eh?" Le sorrisi giocoso: mi mancava parlare con una ragazza della mia stessa età.
Lei tremò leggermente e sorrise ancora più timidamente: evidentemente non era pronta per una domanda del genere, ma era così graziosa... "Io mi chiamo Joseline, ora che sai il mio nome però io anche voglio sapere il tuo..." Le sue parole diventarono via via più fioche in un dolce sussurro.
Io le sorrisi ma l'avevo colta in fallo: "Ma non voleva saperlo tua mamma?"
Lei spalancò gli occhi e diventò tutta rossa, prima di balbettare sottovoce: "Eh si, mamma lo vuole sapere, ma me lo d-devi dire a me almeno glielo dico..." Si affrettò a dire, i suoi occhi che si muovevano intorno per la stanza.
Lei era una gemma che brillava in mezzo a tutta quella delinquenza e sporcizia: brillava di luce propria.
Non potei fare a meno di sorridere, per tranquillizzarla. "Rilassati, Joseline." Le dissi, prima di guardare giù alle sue rosee guance. "Io mi chiamo Koldan."
Lei annuì e sorrise, prima di guardarmi negli occhi per un lungo secondo e poi sopra verso i capelli. "Wow..." Sussurrò, prima di distogliere lo sguardo e toccarsi le guance, come se volesse spazzare via i rossori. "Dai, ti porto in camera, sicuramente vuoi riposare." Mi disse, percorrendo veloce la stanza muro a muro e portandomi dentro una di quelle stanze laterali che si affacciavano sul corridoio. Spostò la tenda e mi fece entrare, poi entrò anche lei. I suoi occhi brillavano al buio. "Ecco, Koldan..." Mi sussurrò, indicandomi il letto e prendendomi poi la maglia per un lembo, ritraendosi subito quando le toccai un fianco. "Faccio da solo, tranquilla." Lei era completamente bruciata sulle guance.
"...va bene..." Mi sussurrò, prendendo un passo indietro e guardandomi. "Mamma ha detto di stare qua se ti dovesse servire qualcosa..." Continuò, i suoi sussurri coprivano di poco il rumore dell'acqua che si increspava sotto le assi.
Intanto, mi ero tolto l'armatura e la spada poggiata vicino al mobiletto accanto al letto, poi avevo spazzato la mia maglia e i pantaloni, rimanendo solo con la mia biancheria. La ragazza guardava in rigoroso silenzio. Le sorrisi, mi sorrise timidamente e mi gesticolò di stendermi.
Il letto era morbidissimo, almeno in confronto al dorso di Martello...che avevo lasciato sopra vicino al pozzo. Poco male, meno soldi da spendere per mantenerlo. Chiusi subito gli occhi, fu un momento e già mi ritrovavo mezzo affondato nei sogni. Sentii lei prendere un gran respiro e avvicinarsi in punta di piedi, poi sentii la sua mano sul petto, aperta: il palmo e le sue cinque dita, a sentire se il mio cuore batteva e se respiravo, sentivo i suoi occhi su di me e il suo labbro mordicchiato, mentre l'altra mano si fermò giusto sotto il mio naso. Sussultai leggermente e si ritirò subito con un piccolo rumorino, ma non lasciò mai la stanza. Mi sentivo al sicuro, con lei, sentivo che non mi avrebbe mai fatto del male.
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A Knight's Tale {OVERHAULING}
FantasyLa triste storia di un cavaliere, un giovane ragazzo in cerca di vendetta, un cavaliere che cerca di ritagliarsi la sua storia durante una guerra tra due regni, un uomo pronto a tutto per raggiungere i propri scopi, a raggiungere quell'effimera feli...