CAPITOLO 9 (PARTE 2): REPLICA DELLA TRAGEDIA

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Michael's P.O.V.

Carlos è andato a casa e noi stiamo aspettando il ritorno di Marco, Anthony e Zack. Sono preoccupato: non ho mai visto il mio amato tanto arrabbiato e stiamo tutti in silenzio da quando se ne sono andati, ma il telefono di mia sorella squilla e lei risponde subito.

«Pronto?», dice e poi annuisce attivando il vivavoce al telefono e spostandolo sul tavolino «Hai fatto, cosa vuoi dirci?»

«R-ragazzi... » inizia Anthony «Ci troviamo in ospedale... »

Dal suo tono di voce sembra che stia tremando. Deve essere sconvolto.

«Che cosa?!», chiedono Sasha e Madison in coro.

«State tranquille ragazze! Io ed Anthony siamo interi!», dice Marco intervenendo. La sua voce sembra tranquilla e scherzosa.

«Zack?», chiedo ancora più preoccupato. Il silenzio che viene come risposta mi fa gelare l'anima, ma poi sento un sospiro:

«Senti, Miki... Zack ha una brutta ferita sul fianco e gli stanno mettendo dei punti», dice Marco un po' a disagio. Il mio cuore si ferma per un secondo e sgrano gli occhi. Sasha mi mette una mano sulla spalla stringendomi a lei, ma io mi allontano sconvolto e chiedo con voce tremante:

«In che ospedale vi trovate?»

Sento sbuffare dall'altro lato e Marco risponde:

«Miki... Zack ci ha proibito di dirtelo e noi-» 

Io non lo lascio finire: «DITEMI ORA DOVE VI TROVATE!», dico alzando la voce e sento il silenzio dall'altra parte, puoi Anthony mi risponde e mi rivela il nome dell'ospedale. Non perdiamo tempo e ci precipitiamo lì di corsa. Appena arriviamo troviamo i ragazzi nella sala d'aspetto. Conosco l'ospedale, è quello che mi ha sempre mostrato mio padre e quindi conosco bene sia dottori che infermiere. Marco ed Anthony ci vedono e ci raggiungono, mia sorella abbraccia il suo ragazzo e Madison abbraccia Marco. Io mi avvicino alla reception dove trovo Carol, l'infermiera che conoscevo da bambino, perfetto! Lei ha i capelli neri raccolti e gli occhi color smeraldo.

«Miki, non ti diranno niente. Ho provato... », dice Marco.

«Devo provare io!», dico nervoso e mi avvicino alla reception seguito da tutti. La donna sulla quarantina alza gli occhi e mi guarda sorpresa:

«Non ci credo! Michael? Michael Cirus? Che bello rivederti! Come stai e che ci fai qui?», dice sorridendomi e io ricambio con un sorriso forzato:

«Ciao Carol, ci parleremo più tardi. Ora starei meglio se mi dicessi qualcosa su un paziente venuto qui poco fa... si chiama Zack, Zack Reden! È importante, ti prego!», dico supplicandola e lei mi guarda:

«Si, mi hanno fatto la stessa domanda questi ragazzi, ma io... », dice guardandomi.

«Ti prego! Vai a vedere come sta! Non ti chiedo altro. Tornerò domani per vederlo», dico con le lacrime agli occhi e lei si addolcisce.

«Ah... e va bene. Ma solo perchè ti conosco da quando eri piccolo!», dice lei lasciando la reception e dirigendosi in una stanza e io mi asciugo le lacrime con la maglia.

«Come la conosci?», mi chiede Marco.

«Non è il momento! Perché non siete intervenuti quando quel ragazzo ha attaccato Zack?», dico alzando il tono di voce, ma non tanto per via dei pazienti.

«Lui ha detto che era una sua faccenda e non ci ha permesso di intervenire. Però noi l'abbiamo portato qui!», dice Marco; io mi arrabbio e lo guardo minaccioso.

«Che bravo! Sei riuscito a portarlo qui! Peccato che tu non abbia aiutato Zack PRIMA che si facesse male!», dico infuriato e Marco si stupisce, ma poi si blocca per non dire qualcosa.

«Miki, non è colpa sua... noi non potevamo fare nulla... se fossimo intervenuti a quest'ora ci troveremmo al posto del ragazzo attaccato dal tuo caro Zack», dice Anthony con una risatina amara e nervosa guardando Marco che lo riguarda a sua volta. Io non capisco, ma non interessa perchè ritorna Carol e mi guarda con serietà:

«Allora: il tuo amico ha una brutta ferita vicino allo stomaco. Questa è stata causata da un'arma da taglio, ma stai tranquillo, i punti vitali non sono stati danneggiati Hanno medicato la ferita e hanno messo i punti, ora sta dormendo. Verrà dimesso domani pomeriggio, domani mattina faranno altri accertamenti», dice guardandomi per poi passare in rassegna i volti dei miei amici.

«Ok, grazie Carol. Sono in debito con te!», dico abbasando lo sguardo ed esco dall'ospedale seguito da tutti. Sono stanco, spaventato, arrabbiato, preoccupato, ho voglia di piangere, ho voglia di vederlo. Tutto quello che è successo questa sera mi è ricaduto tutto addosso e sento il mio corpo venir meno come il mio stato d'animo.

«Forse è meglio tornare a casa e dormire. Torniamo domani a vedere come sta», dice Marco mettendomi una mano sulla spalla. Inizio a piangere in silenzio con gli occhi che non riescono a staccarsi dal suolo. 

«Si, andiamo a casa», dico continuando a guardare a terra, cercando di parlare con la voce più tranquilla possibile. Io e Sasha ci dirigiamo verso casa e io cammino lentamente, sentendo ogni passo che faccio più pesante e pronunciando con fatica un sottile'A domani' a tutti.
Ora desidero soltanto tornare a casa per piangere sul cuscino del mio letto.

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