III

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Nella nostra grande isola Siciliana, è più che comune trovare cognomi che antecedentemente furono soprannomi. È come una tradizione; ognuno ha il proprio nomignolo, allo stesso modo in cui ognuno di noi possiede un segreto.

Questa tradizione possiamo farla risalire fin dai tempi degli antichi romani, che soprannominavano le persone in base ai loro difetti fisici, alle mansioni che occupavano. Certo il più delle volte questi nomignoli sono dei dispregiativi ma Sofia non ci faceva caso.

Lei dava soprannomi a chiunque le capitasse sott'occhio, chiunque.

Anche a sua madre, la preside, aveva dato un soprannome; lei era Big Mama per via di molti fattori, quali grassezza, ma anche per il suo sproporzionato seno, che copriva gran parte della scrivania del suo ufficio.

Michele non aveva mai capito che fosse lei l'ideatrice di tutti quei buffi nomi, finchè naturalmente non si era ritrovato a domandare per i corridoi chi fosse quella Marianna l'apatica, o Tommaso il cicciobello.

Aveva deciso di contattarli in qualche modo, e parlare con loro della sua idea, ( idea che deriva da Sofia).

Avrebbe parlato con loro in maniera sincera, aveva pensato che quel viaggio sarebbe stato un modo per avverare uno degli ultimi desideri di Sofia, e che avrebbero condiviso il loro dolore, parlandone, vivendone semplicemente l'essenza.

Michele aveva pensato a questo. Il problema era che di tutti quei nomi segnati sulla lista ne conosceva solamente uno: Andrea. Fu il primo da cui andò.

Michele e Andrea avevano avuto un' occasione per scambiare quattro chiacchiere, ma naturalmente non tanto da permettere a Michele di scoprire i segreti di quest'ultimo.

Si erano conosciuti nella palestra della scuola, non frequentavano la stessa classe ma avevano l'ora in comune di educazione fisica. Andrea faceva parte della squadra di calcio, anche se in realtà il coach non lo faceva entrare in campo spesso.

Michele era stato costretto dalla "Big Mama" a svolgere lavori socialmente utili (come riempire le borracce dei giocatori, o assicurarsi che la scuola disponesse di 34 paia di scarpette da calcio).

Così sbadatamente mentre controllava le borracce, durante una trasferta della scuola, aveva dimenticato di contare le scarpette. Andrea era rimasto senza, e i due avevano trascorso la serata a commentare la partita dagli spalti.
Andrea con i soli calzini e Michele con quella sua solita risata stampata in faccia.

Michele non si era mai chiesto il perché fosse stato proprio lui quello a cui mancavano le scarpette, non si era neppure chiesto come Sofia l'avesse conosciuto, ma Michele non era Sofia, lui era un maschio, e come diceva lei...

"I maschi parlano tanto tra di loro, sputano per terra, e fanno gare a chi erutta più forte, ma mentono costantemente tra di loro.. Loro fanno parte di un gruppo ma sono costantemente soli"

Erano passate un paio di settimane da quando Sofia aveva fatto la sua uscita scenica dalla scuola, e finalmente Michele ebbe l'occasione di parlare con Andrea.

Alla fine della terza ora si recò in palestra con la scusa di dover parlare alla squadra di un torneo commemorativo in onore di Sofia.

La palestra puzzava di sudore, e gomma riscaldata, nell'aria c'era un brulichio di fischi e suoni confusi, la tipica atmosfera di quel luogo infernale.

Il capitano della squadra stava facendo un paio di tiri con il suo difensore paffuto, appena vide Michele si avvicinò ridendo.

"ehi, Toto.. come mai da queste parti?"

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