Capitolo 2

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Coooosaaaaa? I miei genitori mi avevano iscritto in un istituto quasi interamente maschile "per farmi socializzare di più" e così io ero l'unica ragazza della mia classe. Fantastico!

"Hei imbranata chiudi la bocca! Fanno tutte così la prima volta. Che diamine!" disse irritato un ragazzo con una folta chioma bionda e due occhioni verdi.

"Oh andiamo John, è il suo primo giorno lasciala in pace. Comunque sì, sei in una scuola quasi completamente maschile, pensa che c'è una sola femmina per ogni classe. Una tortura! Ah, io mi chiamo Max." disse rivolgendosi a me un ragazzo dall'aria simpatica.

"Beatrice, Bea." Risposi io arrossendo leggermente.

Proprio in quel momento arrivò il professore e mi andai a sedere in un banco libero in fondo all'aula. Sembrò non notarmi minimamente, il che non era un problema per me.

Finita l'ora mi resi conto di essermi seduta proprio vicino al ragazzo biondo di prima. Così non avrei parlato con nessuno il primo giorno. Fantastico! E invece...

"Scusa per prima. Sono stato bocciato una volta e ogni anno tutte le ragazze che venivano in classe avevano la stessa espressione. Sai è un po' seccante. Comunque io sono John."

"Oh no non preoccuparti. Io sono Bea. E quindi le altre ragazze .. perché sono sola?"

"Bhe diciamo che questa non è una scuola adatta a tutte e non tutte riescono a stare in classe con noi." Rispose lui.

"Addirittura. Perché cosa fate?"

"Oh, lo vedrai molto presto." Mi rispose lui ridendo. Quella risposta mi irrigidì parecchio.

Le ore successive passarono lentamente e io non rivolsi più la parola a nessuno fino al suono della campanella. Feci uscire prima tutti i ragazzi, sembravano dei selvaggi visti da lontano, e poi per ultima uscii io.

Misi le cuffiette nelle orecchie e iniziai ad avviarmi verso casa quando all'improvviso notai alcuni ragazzi della mia classe dirigersi nella mia stessa direzione.

Feci finta di ignorarli ma Max, il tipo di stamattina, si accorse di me e fece fermare tutti.

"Hei Bea, ci stai seguendo per caso?" mi chiese ridendo.

"Veramente starei tornando a casa mia..."

"Oh quindi abiti nella nostra stessa via, bene. Comunque ti presento Sebastian e Robert."

"Oh piacere, Bea" risposi e abbassai lo sguardo.

Max forse si accorse del mio imbarazzo e così propose agli altri di accompagnarmi a casa, non mi era mai successo prima di allora.

John sbuffò sonoramente ma acconsentì comunque. Mentre camminavo circondata da 4 ragazzi uno più bello dell'altro, mi sentivo osservatissima e non dissi neanche un parola.

La mia era l'ultima di una fila di villette e scoprii che proprio affianco a me vivevano Max e John, insieme. Mi accompagnarono solo loro due sotto casa e li salutai in modo abbastanza freddo.

Allontanandomi sentii i loro commenti:" Che sfigata questa!" disse ridendo John.

"Zitto, è carina" seguì Max.

Feci finta di non sentire ed entrai in casa sbattendo rumorosamente la porta. Ero un po' infastidita da quella parole e allo stesso tempo arrabbiata con i miei genitori per non avermi detto la verità sin da subito.Così entrai in cucina come un fulmine e urlai: "Quando avevate intenzione di dirmelo?"

"Dirti cosa amore" rispose mia mamma

"Oh andiamo. Pensavate di farmi un piacere? Non riesco a socializzare con le ragazze e mi mettete addirittura in una classe completamente maschile. Vi rendete conto oppure no?" "Tesoro" disse mio padre "abbiamo fatto quel che è giusto per te. Noi pensiamo che solo in questo modo tu capisca il pericolo e riesci a socializzare di più. E poi fidati che se riesci a far amicizia con quei ragazzi ci riuscirai con tutti." Rise.

"Pericolo? Quale pericolo? Mi spiegate cosa sta succedendo?" dissi turbata.

"Quei ragazzi sono così come li vedi perché hanno dei problemi familiari, magari non hanno genitori presenti, oppure hanno combinato qualcosa di male. Quello per loro è una specie di collegio." spiegò mio padre.

"Cosaaaaa? E io che diavolo centro con loro?"

"Bhè ogni anno il preside, mio carissimo amico nonché fratello del mio datore di lavoro, mette una ragazza in ogni classe per vedere se lei riesce a integrarsi e se riesce a "far cambiare i ragazzi". E' una specie di esperimento e noi abbiamo pensato che tu saresti stata perfetta perché sei timida e potrebbe essere un buon modo per farti aprire un po' di più con tutti."

"Ah quindi non è un modo per piacere al tuo datore di lavoro?"

"Beh, forse un po' si. Ma noi vogliamo solo aiutarti."

"Sono davvero scioccata. Usi me per il tuo stupido lavoro. Non è bastato cambiare città? Ora vuoi anche decidere al posto mio?" urlai correndo in camere mia.

Come potevano i miei genitori coinvolgermi in certe situazioni?

Lo ammetto, forse avevo paura... Oh andiamo, paura di cosa? Sono dei normali ragazzi come me in fondo.

O almeno credo.

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