Missione di salvataggio.

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CAPITOLO OTTAVO: Missione di salvataggio.





Prendere una boccata d'aria era stato un toccasana. Astrea se ne stava sulle scale dell'Istituto con una tazza fumante di the, il sole stava sorgendo e l'aria odorava di rugiada. Sembrava tutto così in pace. Ma la sua mente era un disastro totale e i sentimenti negativi si erano amplificati da quando la madre di Alec l'aveva chiamata Alma. Da molto tempo ormai non si concedeva più di cinque minuti per ricordare i suoi genitori e sua nonna, cercava sempre di allontanare il loro pensiero (come se poi servisse a qualcosa!). Ricordava il viso gentile di sua madre, i capelli sempre raccolti in una treccia, e indossava sempre una collana con un ciondolo a forma di angelo appeso, era una donna comprensiva e dolce. Al contrario, suo padre era un uomo sopra le righe ed era sempre in disordine, così come il suo ufficio, le aveva insegnato molte cose di storia e le aveva mostrato come vivevano i Mondani e le loro strane abitudini e tradizioni, insieme avevano passato pomeriggi interi chiusi in Biblioteca; allora a Lisbona la Biblioteca dei Monteverde era una sorta di museo, conteneva la più grande mole di documenti riguardanti gli Shadowhunters e i Nascosti. Ma era stata sua nonna ad insegnarle ad usare la balestra e a lanciare i coltelli. Era una donna alquanto severa e austera, ma voleva un gran bene a sua nipote e faceva di tutto pur di migliorarla.


"Disturbo?"


Astrea si asciugò velocemente con la manica della felpa le lacrime e si voltò trovando Maryse a pochi passi.


"No, certo che no. Si accomodi...per quanto delle scale possano essere comode."


La signora Lightwood ridacchiò e prese posto due scalini sopra Astrea, si lisciò la gonna e si perse qualche attimo per ammirare il sole levarsi luminoso nel cielo.


"Hai preso la simpatia da tuo padre, era davvero un burlone. Era solare e sempre pronto a far ridere tutti, forse fu per questo che tua madre se ne innamorò. Erano una coppia davvero perfetta, la più bella di Idris."


"Non erano Valentine e Jocelyn la coppia più bella?"


"Loro erano scontati. I tuoi genitori erano bizzarri a prima vista e ispiravano sempre una gran gioia. Quando loro erano nei paraggi c'era sempre un gruppo di persone attorno che rideva crepa pelle e si divertiva." Maryse sorrise a quei ricordi, era giovane e allora le cose erano molto più facili.


"E in cosa somiglio a mia madre?" chiese con tenerezza Astrea. Maryse allungò una mano e le accarezzò i capelli, la guancia e le afferrò dolcemente il mento.


"Hai i suoi stessi occhi, lo stesso sorriso che conquista il mondo, e hai la sua stessa determinazione e non ti lasci spaventare da nulla. Alma aveva coraggio da vendere. Era sempre la prima quando si trattava di combattere e non si tirava indietro quando qualcuno aveva bisogno di aiuto."


Astrea tirò su con il naso e le lacrime caddero lente e salate, morivano sulle sue labbra e pesavano sul cuore. La madre di Alec le strinse una spalla e le sorrise.


"Comprendo il tuo dolore. Io ho perso mio figlio Max cinque anni fa. Ho pianto così tanto da temere che mai più avrei versato lacrime in vita mia, eppure mi sono commossa quando abbiamo accolto in famiglia i piccoli Max e Rafe. Loro mi hanno dato la forza di andare avanti e sono certa che il mio Maxwell avrebbe voluto così. La mancanza resta e il dolore non passerà mai, ma devi comunque ricordare a te stessa di aver avuto la fortuna di poter trascorrere con loro il tempo che Raziel ha ritenuto giusto. I ricordi fanno piangere ma prima o poi resteranno solo i sorrisi. Non abbatterti, ragazza mia. Alma e Carlos sarebbero così fieri di te e della donna che stai diventando, sia grazie a loro sia grazie alle tue forze."


A quel punto entrambe stavano piangendo e sorridendo al tempo stesso. Si abbracciarono e per la prima volta Astrea si sentì vicina ai suoi genitori.

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