L'ultima notte.

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CAPITOLO NONO: L'ultima notte.

Quando Astrea raggiunse Los Angeles erano le sette di sera, il sole stava perdendo la sua luminosità e la città pian piano stava scivolando in una pace silenziosa. Sapeva che Alec e Magnus l'avrebbero cercata non appena si fossero accorti della sua assenza, per questo motivo si era tracciata una runa di blocco per evitare che la localizzassero. Le dolevano i piedi, erano ore che camminava nonostante avesse preso due pullman e tre taxi per arrivare lì, ma era determinata e la stanchezza non era ammissibile. Tirò fuori dallo zaino una mappa, vi puntò la stregaluce, e diede una lunga occhiata: la diga si trovava a dieci chilometri da dove stava lei. Si fece coraggio ancora una volta e riprese il cammino, poco dopo avrebbe dovuto affrontare Katia. Doveva essere pronta a tutto.

"Mi state dicendo che Astrea é scappata?" gridò Maryse alla notizia della fuga della giovane Shadowhunter.
"Mamma, sta calma. La troveremo. É sicuramente diretta a Los Angeles, alla diga, per salvare Raphael e battersi con Katia." disse Alec.
"E se Katia fosse già risorta forte del potere dei canini? A quel punto Astrea non avrebbe speranze."
"Suvvia, non ci abbattiamo! Ora io e Alexander andiamo a Los Angeles tramite un portale, lì chiederemo aiuto ad Emma e Julian. É pur sempre la loro città e saranno ben disposti ad aiutarci." propose Magnus con la sua solita pacatezza. Maryse annuì semplicemente e col capo ordinò loro di partire, avrebbe pensato lei a contattare i Fratelli Silenti per intentare un processo a Katia e al suo clan.
"Sapevo che avrebbe commesso una sciocchezza." disse Alec quando furono nell'ascensore.
"Era scontato, fiorellino. É arrabbiata, vuole vendetta ed é così giovane da farsi trascinare. Ho provato a localizzarla ma ha deviato la mia magia con una runa."
"Si farà uccidere."
Magnus rallentò e fu seguito da Alec che, voltatosi, alzò le spalle confuso.
"Nessuno morirà, Alexander. Né io, né tu e né tanto meno Astrea. Riuscirà a tenere duro fino a quando la troveremo. Stanotte nessuno perderà la vita. Te lo prometto."

Astrea rimase quasi delusa dall'aspetto della diga. Immaginava un vecchio casone in mezzo alla campagna, fatiscente e inquietante, invece appariva in ottimo stato, soltanto qualche finestra rotta qua e là. Candele e luci artificiali illuminavano le stanze, come se fossero state catturare delle lucciole in una scatola buia, eppure nessun movimento si manifestava. Si nascose tra i cespugli e le alte erbacce che vegetavano attorno, prese lo stilo e lo lasciò scorrere caldo sulla pelle un paio di volte: una runa di silenzio e una runa contro la paura in combattimento. Erano le venti passate, a momenti Katia sarebbe stata sotterrata a meno che non fosse già stato praticato il rito. Non c'era tempo da perdere. Abbandonò lì lo zaino, portando con se la stregaluce, lo stilo e la balestra, un paio di coltelli e una freccia con la punta d'oro. Corse velocemente verso il fianco dell'edificio, si arrampicò alla scala antincendio e cominciò a salire rapida nel silenzio totale. Una volta arrivata sul tetto, individuò la porta che portava all'interno e vi entrò: un lungo e buio corridoio dovette percorrere per raggiungere Katia. Quando fu dentro, guardinga e pronta all'attacco, avanzò nella semi oscurità della diga. Si nascose al riparo di un muro quando udì delle voci: erano dei Vampiri che stavano ridacchiando tra di loro. Astrea buttò fuori l'aria che aveva trattenuto. Riprese la sua corsa, scese una rampa di scale di ferro e si ritrovò nel corridoio principale. Da lì si aprivano due biforcazioni: una diceva 'uffici' e la seconda 'sala operativa'. Sicuramente Katia si tratteneva negli uffici, ai piani alti, così imboccò la destra.
"Ti stavo aspettando."
Astrea ghiacciò sul posto e si fermò. Voltandosi lentamente scorse il viso spigoloso di Thomas appena illuminato dalla pallida luce. Non voleva lottare con lui, perciò rimase immobile senza allungare la mano alle armi.
"Oh immagino quanto tu abbia sofferto la mia mancanza!"
"Vedi, Astrea, questo é il tuo difetto: non stai mai zitta quando dovresti."
"Ho molti difetti e credo che il,peggiore sia averti dato fiducia in questi anni senza capire che mi nascondevi qualcosa!" non era riuscita a mantenere la calma sebbene più volte avesse ricordato a se stessa di non vacillare. Ma dinanzi a quegli occhi verdi che conosceva da anni ogni tentativo era risultato inutile. Thomas sembrò oscurarsi per qualche secondo, poi fece un mezzo sorriso e avanzò di pochi passi.
"Ti aveva di starne fuori, ma sei cocciuta ed ora eccoti in gabbia."
"Come, scusa? Le minacce erano un modo carino per tenermi fuori da questa storia e salvarmi? Non lo avrei mai detto, per l'Angelo!" replicò Astrea con spiccata ironia. Il soggiogato rise, una risata simile ad un gorgoglio, e con una falcata si trovò a due centimetri dalla Cacciatrice. Lei mantenne lo sguardo fisso su di lui.
"Quando la smetterai con questi giochetti, stellina?"
Stellina, era così che Thomas la chiamava sin da bambina. Solo lui poteva chiamarla in quel modo, era una abitudine che riguardava solo loro, e tutto il resto del mondo ne era escluso. Astrea per un attimo abbassò gli occhi e sentì una lacrima rigarle la guancia ma prontamente l'asciugò. Thomas le sollevò il mento e le sorrise. Era così bello. Poi un dolore lancinante alla testa e il buio.

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