La calma prima e dopo la tempesta.

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La mattina dopo mi presentai a lavoro alle undici e mezza, giusto in tempo per il mio unico paziente, poiché durante il resto della giornata ero scesa a compromessi con Coleman, sarei rimasta a lavorare per lui solo a patto che avessi potuto vedere solo Joker, due volte al giorno, la mattina a mezzogiorno e la sera a mezzanotte. Quella mattina decisi che avrei dedotto se le insinuazioni del direttore dispetto al fatto che avrei potuto redimere Joker anche tramite il mio aspetto fisico fossero fondate, mi vestì in un modo diverso da quello che usavo sempre per andare a lavoro: mi costrinsi le gambe in dei pantaloni di pelle neri e sopra misi una camicetta scollata a V con le spalle scoperte bianca e un corsetto che partiva da sotto il seno e finiva sui fianchi, anch'esso di pelle nero, tutto completato da un paio di sandali neri con il tacco in legno. Mi presentai in ufficio per prendere il mio blocco e scappai dal mio paziente. Nei corridoi si sentiva solo il ticchettio dei miei tacchi sul pavimento grigio, che fece distogliere Dylan dai suoi pensieri prendendo dalla cintura le chiavi della camera di Joker. <Buongiorno Dylan.> dissi sorridendogli, lui mi sorrise guardandomi dalla testa ai piedi tre o quattro volte. <Dylan... potresti aprirmi la porta della stanza di Joker?> chiesi, riportandolo sulla terra. Lui annuì velocemente e fere scattare la chiave nella serratura. <Joker? Posso entrare?> chiesi fermandomi sulla soglia della sua stanza <Ma certo mia cara, venga avanti.> disse lui, beatamente sdraiato sul letto mentre contemplava il soffitto leggermente macchiato dalla muffa. Dylan rimase a guardarmi dalla porta così insistentemente che Joker lo ammonì <Attento a quello che guardi, potrebbe costarti caro.> La minaccia velata di Joker fece i modo che Dylan chiudesse la porta alle mie spalle e si dileguasse alla velocità della luce. Guardandolo meglio, mi accorsi che il mio amico quella mattina non portava la maglietta, mettendo in mostra un corpo scolpito nel più bianco marmo di Carrara ricoperto quasi totalmente di tatuaggi. Ad essere sincera apprezzai la vista. <Dottoressa, che piacere rivederla.> disse, mettendosi a sedere sul letto e guardandomi attentamente <Sta benissimo vestita così, gli abiti di ieri non le rendevano giustizia, se io di giustizia posso parlare.> Aveva detto quelle parole assaporandone il sapere di ognuna, passandosi una mano tra i verdi capelli, scompigliati dal cuscino. <Joker, devo darle una notizia che spero le piaccia.> dissi, sedendomi sul tavolo davanti a lui. <Sono tutto orecchi, cara.> disse abbozzando un ghigno. < Da oggi ci vedremo 2 volte al giorno. Una alla solita ora ed un'altra tra 12 ore esatte. La seconda seduta durerà quanto lei vorrà a differenza della prima che dura solo un ora.> concluso di parlare, lo vidi alzarsi e infilarsi tra le mie gambe, mettendo i nostri corpi pericolosamente vicini <Non sa la gioia che mi fa provare la notizia che mi ha appena dato, Dottoressa.> disse, praticamente sussurrandolo al mio orecchio, poi si allontanò di qualche centimetro e posando, senza riguardo o timidezza, lo guardo nella mia scollatura mi chiese <Cosa vuole chiedermi oggi?> io mi morsi il labbro e pensai a qualcosa che non fosse -Vorrei che tu mi sbattessi violentemente su quel letto- e finì per dire <Vorrei parlare con lei della sua infanzia.> Joker si stacco immediatamente da me e si allontanò mettendosi le mani nei capelli, torturandoli. <Ma cosa volete tutti dalla mia infanzia?!> Gridò esasperato, guardandomi dritto negli occhi con lo sguardo più truce che avessi mai visto. <Mi scusi, volevo solo capire... mi dispiace.> dissi scendendo dal tavolo e provando a toccargli una spalla per tranquillizzarlo, ma mi scacciò subito la mano, spingendomi via, finendo per farmi sbattere contro un mobile di ferro che troneggiava nell'angolo della stanza. Strinsi i denti per il dolore e mi sedetti lentamente a terra tenendomi le costole <Sapevo che mi sarei fatta male con te, ma non pensavo così presto!> gridai poggiando la testa al muro. A quelle parole Joker, il vero Joker mi venne incontro e si chinò su di me <Senti, strizzacervelli sexy, io starò qui ancora per poco, se proprio ti interessa. Visto che l'unica cosa che pensi di me è che sono un pazzo schizofrenico che è impossibile curare sei pregata di toglierti dalle palle! -Si stava alzando quando tornò verso di me continuando con il suo delirio- Ah! E se la tua bella testolina si sta chiedendo come faccio a sapere queste cose, sappi che i muri qui hanno le orecchie e io sono un abile ascoltatore. Dato che per te sono un numero di una cartella, come per il resto degli altri dottori, se così si possono chiamare quelli che fanno il tuo lavoro, puoi eclissarti volentieri dalla mia vista, anche se... se devo essere sincero fino in fondo stanotte una botta te l'avrei data.> Quelle parole mi ferirono... profondamente. Facevano più male della botta che avevo preso nel mobile. Cercai di uscire da sotto il suo corpo ancora accovacciato sopra il mio ma me lo impediva <Se vuoi che me ne vada almeno fammi uscire!> dissi poggiandogli le mani sulle spalle e spingendo più che potevo ma sembrava che nemmeno lo stessi toccando, mentre, sul suo viso piano piano si stava facendo spazio un ghigno sadico e malato, del quale avevo paura, in quel momento. Ero sotto le sue grinfie e non sembrava volermi lasciar andare. <Siamo tenaci eh, bambolina?> disse, per poi finire la frase con la sua risata. <Sai che le tipe come te mi piace prima scoparle e poi ucciderle? Chiedi in giro, chiunque mi abbia chiesto della mia infanzia non è più su questa terra per raccontarlo.> rise di nuovo e iniziai a mettere in moto il cervello avallando la paura e tirando fuori le mie conoscenze da psichiatra. <Ah si, e come mi uccideresti?> chiesi portando il suo volto all'altezza del mio per poterlo guardare negli occhi <Vediamo... potrei darti fuoco ma non ci sarebbe gusto... potrei accoltellarti molte, molte volte, fino a ridurti in uno scolapasta ma poi non riconoscerei più il tuo bel viso... potrei... potresti essere la prima persona sopravvissuta a quella domanda. -si spostò lentamente da me per pensare meglio- sarai l'unica persona che potrà raccontare di essere scampata al Joker. Complimenti zuccherino.> Lo guardai negli occhi e vidi che quell'ombra era svanita, adesso i suoi occhi erano nuovamente limpidi. <Joker... vuoi davvero che me ne vada per sempre?> chiesi, avvicinandomi a lui, che alzando la testa mi ripose <Non crederai mica a tutto quello che ti dice un pazzo, cara mia Andra?> lui rise, di nuovo e io risi con lui... in effetti aveva ragione. Guardai l'orologio e scoprì che l'ora era finita <Adesso devo andare J, ci vediamo stasera.> dissi, facendomi aprire la porta da Dylan <A stasera piccola.> mi disse con un sorriso stranamente più dolce e meno sadico del solito. Passai la giornata a pensare alle parole di Joker... poi, prima di avviarmi da lui mi fermai a prendere del cibo da asporto come hamburgers e patatine. Volevo che Joker mangiasse bene per una sera. Mi presentai da lui alle undici e 45 e dato che Dylan non c'era mi feci aprire da un altro ragazzo, ancora più intimorito dal Joker di quanto lo fosse il mio Dylan. Quella notte mi ero vestita abbastanza comoda, avevo messo un abitino di maglia non troppo corto ma nemmeno troppo lungo e un giacchetto di pelle, mentre le scarpe erano le stesse della mattina. <Joker, buonasera.> dissi, affacciandomi nella stanza, trovando un Joker come lo avevo lasciato, seduto sul letto a petto nudo con la testa tra le mani. <Vieni, piccola, ti stavo aspettando.> mi disse alzandosi dal letto che aveva rifatto e venendomi incontro per accogliermi. Rimasi stranita da quel comportamento, quell'uomo era fottutamente lunatico! <Ho pensato che una cena diversa di avrebbe fatto piacere.> dissi poggiando il sacchetto sul tavolo lui mi sorrise e mi strinse a se con un braccio <Grazie piccola, è da ieri che non mangio> disse, posandomi un leggero bacio sulla fronte. Rimasi immobile, per poi vederlo sedersi al tavolo e prendere il sacchetto, aprirlo e prenderne il contenuto. <Uh, schifezze. Il mio cibo preferito.> disse inebriandosi con il profumo del cibo che gli avevo portato. Si ostinò a volermi offrire qualcosa ma passai, io avevo già cenato ed era lui quello che non mangiava da due giorni. Passammo la serata e le giornate seguenti a parlare, lui mi diceva qualcosa di nuovo ogni volta ed io ogni volta rimanevo allibita dalla sua profondità di pensiero, avevo persino imparato a tenere sotto controllo le sue crisi diciamo isteriche ma una sera: <Comunque oltre ad essere bella ed intelligente, hai un futuro come scrittrice.>m disse mentre beveva della coca dalla confezione che gli avevo portato <Hai lasciato il tuo quaderno qui e mi sono permesso di leggere quella che credo sia una canzone. Si chiama Poison.>

Spazio autrice.
Ma ciaoo. Questo capitolo è un po' più lungo. Spero vi piaccia.
Bacione♥

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