Capitolo 3

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Cameron mi squadra velocemente dalla testa ai piedi. Si sofferma sulle mie mani tremanti. Non ricordo quando hanno iniziato a tremare. Lui le prende tra le sue, ma succede il contrario di ciò che prevede. Il tremolio non cessa o diminuisce, anzi aumenta notevolmente.
-Cos'hai, Holland? Tutto bene?- mi chiede avvicinandosi più a me.
-No-
-Parlami- dice calmo, sbattendo le ciglia.
Tempo fa rimanevo incantata da quel movimento del tutto naturale, ma sexy da morire. Ma ora, l'unico sentimento che mi scatena dentro è paura. Divido bruscamente le nostre dita intrecciate e lo allontano da me.
-Devi starmi lontano!- strillo.
Sento le lacrime arrivare agli occhi, ma non voglio piangere davanti a Cameron. Non mi ha mai vista piangere. Nessuno di loro tre mi ha mai vista piangere. Solo quando ero ubriaca o come la sera di Capodanno ho speso qualche lacrima di felicità, ma non ero mai scoppiata in pianto per disperazione. E non voglio che sia la prima volta.
-Mi spaventi se fai così, Holland-
Allontano di nuovo la sua mano dal mio viso e indietreggio fino a toccare la porta. Prima che riesca a fermarmi o a dire qualcosa corro via. Scivolo sulle mattonelle bagnate del corridoio ma mi tiro su di scatto e non dò importanza allo strappo dei jeans e al mio ginocchio sbucciato. Mi rifugio nel sottoscala tra un moccio e una scopa e stacco un pezzo di scottex dal rotolo sopra al mobiletto che ho di fronte. Tampono il ginocchio con esso e dell'acqua e lo lascio riposare un po'. Sento inoltre i passi affrettati di quello che dovrebbe essere Cameron, dato che mi chiama con la sua voce bassa e roca. Sto in silenzio e cerco di non far cadere uno dei tanti bastoni o stracci che ci sono intorno a me. Non so cosa dirà il professore quando non mi vedrà fuori dalla porta, ma poco mi importa. Sento Cam digitare qualcosa e restare un attimo in attesa.
-.... era strana come se... non lo so... davvero? Non ci credo!-
Riesco a cogliere solo qualche parola su tutte quelle che dice ma mi bastano per comprendere che sta parlando o con Baylee o con James. O forse con tutti e due. Loro dovrebbero essere in classe assieme. Sto ferma e a cuccia come un cagnolino bastonato finché Cameron non se ne va, e al suono della campanella esco dal mio nascondiglio, ancora con il ginocchio ferito.

****

-Maledizione!- impreco digrignando i denti.
Mia madre lo sta disinfettando e quel liquido del cazzo fa un male terribile.
-È uno sbucciamento, Holland. Non fare la bambina e fammi finire di curarlo- esclama spalmandoci un po' di crema e avvolgendolo in una garza bianca e pulita.
Le scocco un'occhiataccia, anche se non può vederla, perché ha la testa china sul mio ginocchio. Bambina a chi? Sento poi il tessuto leggero della garza sulla ferita e il rumore di mia madre che si alza.
-Ecco, fatto. Faceva tanto male?- mi canzona, rimettendo a posto la gamba dei pantaloni della tuta che ho messo.
Le rivolgo un "grazie" e un'alzata degli occhi, poi torno in camera e guardo i miei jeans rotti pensando a cosa farci. Alla fine taglio alla bella e meglio anche dall'altra parte così da avere tutte e due le ginocchia fuori, come se fossero due strappi voluti. Li piego accuratamente e li appoggio alla sedia della scrivania. Mi sdraio sul letto e apro il libro di storia. Il capitolo sulla storia del Paese è lì davanti a me, ma non mi ispira per niente. Odio la storia. Ho sempre odiato la storia. Insomma, sono tutti morti! Capisco che serva a qualcosa sapere chi sono i padri fondatori, ma tutti i trattati annullati o firmati? A chi frega? E poi mica ti chiedono chi abbia instituito la legge numero eccetera eccetera, in un colloquio di lavoro.
-Holland?-
-Cosa?-
Guardo Sophie porgermi il cellulare.
-Fallo smettere oppure giuro che lo butto giù dal balcone- mi informa, uscendo dalla porta.
Controllo i messaggi e le chiamate perse. Sono praticamente tutte da Cameron, James e Baylee. Alcune recenti, altre vecchie di qualche giornata. Sbuffo e abbasso la suoneria del telefono fino a metterlo in silenzioso. Mordicchio con foga il labbro inferiore mentre mi infilo dei vestiti decenti e un cappotto. Esco velocemente e mi infilo in un bar del centro per ordinare una cioccolata calda. Sgranocchio anche una ciambella alla crema e poi pago il conto. Esco senza guardare dove vado, perché sto cercando di infilare il telefono in una tasca immaginaria dei leggings, alla fine finisce nella felpa. Intanto, vado a sbattere contro qualcuno.
-Fai attenzione!- borbotta lui, frugandosi nelle tasche.
-Scusa...- comincio guardandolo in faccia.
E lo riconosco. Un sorriso si manifesta anche sul suo viso, mi ha riconosciuta anche lui.
-Scusa, non sapevo fossi te- si scusa mettendosi una sigaretta in bocca.
-Scuse accettate, Beck! Che ci fai in giro, comunque?- chiedo sorridente, fregandogliene una dal pacchetto rosso.
-Nulla... faccio una passeggiata. Volevo andare al cinema ma non ho trovato ness... ehi, ti va di venire al cinema con me?- mi chiede di getto, mentre accende la sua e avvicina la fiammella a me.
Accendo la sigaretta e mi guardo l'orologio che ho al polso. È presto e la mamma non mi ha detto nulla sull'orario di ritorno. Perciò annuisco senza pensarci troppo. Poi mi sento in dovere di punzecchiarlo un po'.
-Va bene, basta che non sia uno dei tuoi soliti film di merda!- sbraito ridendo.
-Come osi!-

****

-Allora?-
Corruccio le sopracciglia.
-Allora cosa?-
Lui sorride.
-Com'era il mio film?- mi canzona dando un forte accento alla parola "mio".
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo.
-Era carino- minimizzo, guardandolo sgranare gli occhi.
-Carino?! È un capolavoro!- esclama spalancando la bocca.
Scoppio a ridere, e subito dopo lui mi imita.
-Era bello. Hai avuto culo, devo ammetterlo!- ammetto saltellando via.
-Certo, come no!- grida da lontano.
Lo saluto con un sorriso e un cenno di mano e poi mi incammino verso casa. Le strade sono piene di gente incappucciata dal freddo e di macchine. Passo davanti ad una persona e mi fermo di botto. Il suo profumo mi dà alla testa. Tento di proseguire ma la sua mano agguanta il mio braccio. Cerco di sottrarmi alla sua stretta, come se fosse fatale, ma lui è troppo forte. Mi fa voltare lentamente e fa incontrare i suoi occhi azzurri con i miei.
-Ti faranno del male- sussurra immergendo le sue dita nei miei capelli azzurri.
Socchiudo gli occhi e parlo.
-Tu non li conosci-
-E tu? Tu li conosci?- chiede tenendomi stretta.
-Sì-
Scuote leggermente la testa, ad occhi chiusi. Poi li riapre. E io ne resto completamente ammaliata.
-Tu non li conosci- asserisce avvicinando il suo viso al mio.
Emetto un verso confuso quando tenta di appoggiare le sue labbra alle mie.
-Devi dimenticarmi- sussurro, evitando il suo sguardo.
-Ma che dici...-
Poso la mia attenzione sui suoi denti, che stanno mordicchiando il labbro inferiore.
-Io sono un casino. Sto facendo un casino. Salvati almeno tu- mormoro.
Lui unisce le sue labbra alle mie, io non mi ribello. Le nostre lingue si intrecciano disperatamente, poi si stacca per guardarmi profondamente.
-Sei tu la mia salvezza-

Spazio autrice
Buon pomeriggio!
Scusate per la lunga attesa, ma non voglio essere troppo frettolosa.
E scusatemi anche per gli eventuali errori.
Fra una settimana precisa partirò per i nazionali di nuoto, quindi se ho tempo probabilmente aggiornerò di nuovo.
Baci
Lussy🌸

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