Carolina

53 10 22
                                    

Era una di quelle giornate rare ma meravigliose in cui l'acqua della doccia usciva alla temperatura giusta al primo colpo e la riproduzione casuale dell'mp3 azzeccava tutti i brani adatti.


O almeno, fu una giornata del genere per i primi quarantacinque minuti.

Già dalla colazione le cose cominciarono a degenerare.

A mensa, l'unico posto a tavola rimasto era quello di un tavolo da quattro occupato già da tre fate che parlavano tra loro in una lingua incomprensibile che sembrava fatta unicamente di versi assonnati.

Quando Carolina si ritrovò a sbadigliare la fissarono inorridite come se avesse rivolto loro chissà quale volgarità. Poco dopo una le schizzò per sbaglio del caffé addosso.

Per ripicca, Carolina sbadigliò di nuovo, ma evidentemente farlo in maniera forzata e senza la mano davanti alla bocca aveva un significato diverso perché quella volta le fate le rivolsero sorrisi smaglianti e una le offrì con un gesto dei confetti che stavano gustando ghiottamente.

Se non avesse saputo che contenevano lumache, Carolina li avrebbe accettati.

La cosa peggiore, però, fu quando scoprì che nella fetta di torta presa al buffet c'era decisamente molto più lievito chimico di quanto il cameriere avesse detto - prese nota, mai fidarsi dei camerieri fantasma, a loro importava poco o niente si cosa ci fosse nel cibo. Lanciò un gemito e lasciò andare la fetta di torta come se fosse diventata improvvisamente bollente e quella si andò a sbriciolare completamente nel piatto. La sua odiatissima allergia al lievito le fece immediatamente gonfiare le orecchie e pizzicare il naso.

Starnutì un paio di volte, incapace di controllarsi, e tra le fate sedute al tavolo cadde un silenzio di tomba. Le tre si scambiarono lunghe occhiate indignate, poi, una alla volta, si alzarono sbattendo i tovaglioli sul tavolo.

Carolina le seguì con lo sguardo e le vide andare a parlare con il ragazzo della reception.

«Fantastico» borbottò tra sé e sé fissando il resto della colazione. Si costrinse a mandare giù ciò che restava del latte, ma la sola vista di tutto il cibo ancora nel piatto le diede la nausea.

Si alzò lentamente, per non essere colta dalle vertigini, e si allontanò dalla mensa il più in fretta possibile.

Si infilò nel primo ascensore disponibile e dovette trascinarsi fino alla propria camera.

Si lasciò cadere sulla moquette arancione del pavimento appena chiusa la porta, perché il letto le sembrava troppo lontano.

Ma perché aveva voluto rischiare con la torta? Possibile che non inparasse mai? Non poteva andare sul sicuro e prendere cereali, fette biscottate con marmellata o miele o nutella, o della fruttra sciroppata?

Si premette le mani sulle orecchie gonfie massaggiandosi le tempie doloranti con i pollici.

«Guarda il lato positivo» si disse «almeno non c'erano fragole, quelle ti avrebbero fatto spuntare chiazze rosse su tutto il corpo.»

Ma non poteva essere allergica a qualcosa di meno allettante? Alle lumache da confetto per esempio.

Perse la cognizione del tempo. Quando bussarono alla porta non seppe dire se fossero passati pochi minuti o un paio d'ore.

Stories by Artemide12Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora