Azzuro.

27 1 1
                                    

                  (Prologo)

•Nicholas Benson.

"Maledizione Nicholas Torna quí! non ho ancora finito di parlarti!" urlò il signor Benson mentre il suo interlocutore sbatteva la porta di casa.             
 
"Non urlare così... Non capisci che lo fai chiudere di più ?" chiese la moglie.

"Non é più un bambino Theresa.. Io alla sua eta...".                               
Nick sposto l'orecchio dalla porta.
non voleva riascoltare ancora una volta le storie di suo padre sul 'duro lavoro'.                           

Scese le scale in tutta fretta,  si tolse la giacca e allentò la cravatta : odiava quella stupida uniforme.

"Piccolo teppista! non pensi di dimenticarti qualcosa?" urlò suo padre dal balcone.

Il ragazzo si controllò le tasche. "Eh si, ho dimenticato le sigarette" disse a bassa voce.

"Come vai a scuola senza libri? " continuò la voce dall'alto.
Neanche il tempo di rispondere che si  ritrovò  lo zaino scaraventato ai suoi piedi.

"Vedi di andarci! Sai quanto costa mandarti ad una privata? Io mi spacco la schiena tutti i giorni .."
ancora una volta il signor Benson finì per parlare da solo.

''Nessuno capisce.. Nessuno vuole capire.. A nessuno interessa cosa voglio o cosa penso. Vogliono solo impormi le loro stupide idee!" pensò Nicholas avviandosi verso una strada sconosciuta.

prese le cuffie e fecce partire i PANIC AT THE DISCO per zittire i suoi demoni.
si accese una sigaretta trovata nello zaino mentre pensava a cosa fare nella giornata.

Ormai erano passati due mesi dall'inizio dell'anno scolastico e lui aveva più assenze che presenze.

Immerso nei suoi pensieri non si rese conto di percorrere la strada verso il college e neanche che una ragazza gli stesse arrivando addosso .
L'impatto fu doloroso ma sopportabile.
Si rialzò in cerca della sigarette perduta dimenticandosi della ragazza che in tanto era in lacrime.

"Ehi stai bene?"
chiese, avvicinando il suo viso a quello della sconosciuta dagli occhi umidi.

Cassie alzò la testa, erano uno davanti all'altro e nella sua mente risuonava una parola sola "Azzurro".

                   (Parte 2)
• Cassandra Helton.

Il giardino era pieno di bambini sorridenti e mamme apprensive che seguivano accuratamente ogni movimento dei figlio.

Il ragazzo tornò con una bottiglietta d'acqua ed una lattina di birra.
"Stai meglio adesso?" chiese alla ragazza con gli occhi più tristi che avesse mai visto porgendogli la bottiglia.

Cassie non riusciva a parlare, era sempre stata una ragazza timida ed impacciata.
Era il tipo di persona che si teneva tutto dentro ed odiava piangere davanti agli altri.

Si era creata un mondo suo,  dove poter essere se stessa, ed impediva a chiunque di farne parte.

"Ti dispiace se fumo?" chiese Nick con la sigaretta già accesa.
La ragazza non rispose , era troppo presa dai suoi pensieri.

"Ma sei sempre così silenziosa? O è solo con me? Mi sento offeso." scherzò.

"No, sono solo sovrappensiero"

"Allora parli!" urlò il ragazzo, alzando le braccia al cielo.
La birra che teneva in mano gli cadde addosso.

Cassie sorrise nel vederlo così goffo, ma la tristezza dei suoi pensieri era più forte.

"Comunque sei sicura di stare  bene?"  Nick non era protettivo con nessuno ma per qualche motivo quella ragazza dagli occhioni gonfi gli toccava delle corde sconosciute.

"No, non sto bene" pensò Cassie
"la mia vita fa schifo, e devo sempre tenermi tutto dentro!"

"Se vuoi puoi dirmi cosa ti succede."  
Il ragazzo sembrava leggerla nel pensiero.

Cassie fecce tacere il suo cervello e respirò.

"Oggi sono 4 anni che mia madre è morta" riuscì a dire.

"..E Mio padre se l'è dimenticato, tutti vanno avanti con la loro vita come se lei non fosse mai esistita. Mentre io non riesco a dimenticarla"
"Non devi farlo."

Nick sentí qualcosa che non provava da tanto tempo  un misto tra paura e tristezza.     

Lui l'abbracció e lei si sentì a casa. 
Quel posto di pace che cercava da sedici anni l'aveva finalmente trovato fra le braccia dell moro con gli occhi azzurro cielo.

Lasciò cadere le lacrime, finalmente aveva tirato fuori il suo dolore.

"Ma quindi vai a quella scuola di ricchi pure tu?" chiese Nicholas cercando di cambiare argomento.
"Si.." sussurrò la ragazza pulendosi il viso e notando per la prima volta l'uniforme del ragazzo.
"..ma non ti ho mai visto"

"Non mi piace stare lí, non è il mio ambiente.
sono tutti pazzi... Pensa che il primo giorno che sono stato lì eleggevano il presidente scolastico, e c'era una tipa che chiedeva ai professori di dare più compiti a casa."

Cassie non sapeva cosa fare: amettere di essere la "tipa" presa in questione e dirgliene quattro oppure far finta di niente.

Si decise!           
Non poteva passare tutta la sua vita a censurarsi per paura di ferire gli altri, mentre tutto il mondo non si faceva scrupoli a farle del male.

"Guarda che era un ottima idea, per chi durante il giorno ha troppi corsi... Ma tu non lo sai perché a scuola non ci vai mai!" le guance le erano diventate rosse dall' imbarazzo; si pentì subito di ciò che aveva fatto, non era abituata a dire ciò che pensava.

Il ragazzo si alzo, guardando Cassie dritto negli occhi e inaspettatamente sorrise.

"Sapevo che eri tu! La tua faccia mi ricordava qualcosa!"
Il ragazzo prese fiato prima di ricominciare il discorso.

"..Adesso so che sei pronta."

"Per cosa?"

Nicholas prese la sua roba e si incamminò verso il marciapiede.

Cassie lo guardava andare, seduta e scombussolata.
Accennò un timido sorriso.

"Vieni o no?"

"Dove?" chiese Cassandra.

"A vivere la giornata più pazza della tua vita".

I Colori Che Ho DentroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora