Capitolo 3

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Recentemente ho letto il libro di Francesco Sole e mi è piaciuto molto dove diceva [Ci ripensi ogni tanto a quando per volare bastava dondolarsi velocemente? Ti ricordi quando il peggio che poteva farti una persona era attaccarti i pidocchi? Ti ricordi quando le spalle di papà erano il luogo più alto del mondo e quando 'protezione'  significava mettere le ginocchiere per andare sui pattini? Quando la 'guerra' era solo a palle di neve e l'unica droga lo sciroppo per la tosse. Ti ricordi quando il dolore più forte che potevi sentire era il ginocchio sbucciato e 'addio' significava solo 'fino a domani'. Te lo ricordi vero? Quella era la parte più bella e spensierata della tua vita, ma coglione come sei, hai deciso di crescere. E l'hai buttata via come carta di caramella].
Il problema è che per sopravvivere in questa nuova società bisogna essere stronzi, essere egoisti. Perché essere buoni si, ma non troppo, se no poi le persone se ne approfitteranno sempre.
Io sono stronza. Non lo sono per scelta, ma ci sono nata.
Mia mamma mi ripete sempre che con il carattere che ho rimarrò sola.
Meglio sola che mal accompagnata, no?
Non voglio avere persone che mi stanno attorno solo perché ho soldi, perché ho una bella casa o per qualsiasi altro motivo.
Proprio no. Con me non funziona così.
Di certo non è una cosa di cui vantarsi, ma preferisco essere stronza.
Mi ricordo ancora quando, alle elementari, ero una bambina buona e ingenua.
C'era una mia compagna, Elisa, che mi prendeva sempre in giro. Mi faceva atti di bullismo. Non bullismo in senso fisico, ma psicologico.
Io la consideravo una mia amica, quindi se le mi avesse chiesto qualcosa l'avrei fatta.
Che stupida.
Non mi sono mai presa così tante note come in quinta elementare.
Quando era ora di dare la colpa a qualcuno, quella brutta stronza diceva il mio nome.
Ho rischiato di essere bocciata.
Se ci ripenso mi viene il nervoso. Ancora adesso mi rimprovero di essere stata così ingenua, ma, in fondo, i bambini lo sono. O meglio, io lo ero.
Alle medie ho iniziato a farmi le ossa. Mi ero promessa che mai piú nessuno mi avrebbe dago ordini, non avrei lasciato più a nessuno il potere di scegliere per me.
Finalmente ero io che decidevo per me stessa.
Mi ricordo che ero in seconda media ed eravamo a lezione di musica, non ricordo di cosa stessimo parlando, ma un mio compagno si mise a piangere e diede la colpa a me.
«Cosa piangi per niente, non muori no» Gli risposi davanti a tutta la classe.
Alla fine della lezione alcuni miei compagni di classe vennero da me per farmi i complimenti per il coraggio, perché nessuno di loro avrebbe fatto lo stesso.
Che poi, diciamocelo, non serve coraggio per dire ciò che si pensa, ciò che si prova.
Se vogliamo dire o fare qualcosa, dovremmo farlo, senza preoccuparsi di cosa potrebbe pensare la gente.
La mia serenità conta di più rispetto a quella altrui.
Sono sempre stata io quella che si preoccupava per gli altri. Quella che quando una sua amica sta male oppure è triste, per qualsiasi motivo, la chiama e sta al telefono con lei, anche se sono le 2.00 di notte e sto morendo dal sonno, ma mai nessuno che fa lo stesso per me.
Ora basta. Mi sono stancata.
Sono sempre stata la psicologa di tutti, ma nessuno che mi abbia aiutato.
Mi sono dovuta arrangiare da sola, sono dovuta crescere con le mie stesse mani.
Una volta avrei corso dietro alle persone pur di non stare da sola, ma adesso ho capito che se una persona vuole esserci, trova il modo.

Prima o poi ci incontreremo Where stories live. Discover now