Era notte fonda, la sabbia si alzava delicata, spinta da un vento sottile. Questo invisibile scultore smussava i contorni delle dune, creava qualche piccola onda sullo specchio d'acqua dell'oasi. Hassen dormiva, tremante, digrignando di tanto in tanto i denti, rigirandosi sullo stesso punto, ignorando il gelo che gli scavava le ossa. Girando e rotolando su quella sabbia fina, si mosse di continuo, in cerca di un riposo che non era mai abbastanza sereno. Di secondo in secondo i brividi diventarono spasmi, fino a quando i suoi occhi, contro il peso dell'alcool che li teneva chiusi, si aprirono. D'improvviso si sollevò, sedendosi. Mise le braccia conserte, e si sfregò i fianchi con le mani. I denti battevano, forti, il freddo cominciava a gelargli la carne, ad allontanare gli effetti della sbornia per sostituirli a quelli della sofferenza. Sempre più infreddolito si diede uno slancio, prendendo a camminare. Più il vento si faceva forte, più le sue gambe vibravano, come le corde di uno strumento le cui note esprimessero solo patimento. Si fermò davanti alla palma, cercando ai suoi piedi qualche ramo abbastanza secco da poter accendere un fuoco. Purtroppo non ce n'erano, ed il sangue cominciava già a fermarsi fra le dita dei piedi, le quali che avevano perso ogni sensibilità. Si guardò attorno, in cerca di speranza, ma in un buio pesto, attutito da una pallida Luna piena, non vide nulla. Si portò le mani alla bocca, formando una coppa, e gridò: «Piccione! Dove sei?! Uccellaccio del malaugurio dove sei?!!» ma quella voce, che viaggiava veloce attraverso quel vasto deserto, non ricevette alcuna risposta. Con gli occhi sbarrati, fissi nel vuoto, capì che il tempo stringeva, una notte così fredda non sarebbe mai riuscito a sopportarla. Avrebbe potuto correre, nel tentativo di scaldarsi, ma l'alcool di cui aveva appena fatto uso non avrebbe mai potuto permetterglielo: troppe erano le fatiche di quel fisico che non mangiava da giorni. Troppe erano le fatiche di quelle scarpe oramai bucate e rotte. Troppe erano le disgrazie avvenutegli in così poco tempo.
Con la tragedia negli occhi, pianse.
Si inginocchiò per terra, lasciando andare le mani in avanti e, stremato e inghiottito dallo sconforto, diede via ad un pianto liberatorio e drammatico. Non riusciva a smettere, oramai si sentiva fermo in un vicolo cieco. Il cancello nero era come riapparso, la strada era finita, non poteva più andarsene. La morte avanzava e non avrebbe potuto fare niente per sottrarsene.
«Perché Signore... Mondo bastardo, perché mi devi fare questo... Perché Signore...»
Mentre le bestemmie, alternate a preghiere, solcavano la sua gola, sentì una voce.
Era una voce conosciuta, ma lontana giorni... Lontana tanto tempo:
«Amore mio...»
Sorpreso, con i denti ancora tremolanti chiese: «Amore mio! Sei tu???» Ed entusiasta aggiunse: «Dove sei amore mio??? Sei venuta a salvarmi??? Amore, sono qui!» e la voce, sempre più dolce, amorevole, gli disse: «Amore mio... Sono qui... Sono accanto a te... Andrà tutto bene amore mio... Ci sono qua io...» e lui:
«Ma dove, dove sei? Amore ti prego, dimmi dove sei! Amore!!!» ma le parole non cambiavano, le risposte erano poco utili: «Amore sono qui... Vedrai che insieme ce la faremo... Vedrai che anche questa la supereremo insieme» e allora ancora una volta: «Amore mio!» ed aggiungendo: «Ma dove sei? Ti prego, amore, dove sei??? Come facciamo a superare anche questa se tu non ci sei??? Amore mio, aiutami, ti prego!»
Una luce soffusa apparve dal cielo. Lui guardò immediatamente in alto, vedendo uno squarcio sulla volta. Fissava questa crepa, spaventato, quanto speranzoso che fosse un segno positivo. Ed allora a voce alta chiese: «Amore, sei tu???» e mentre pronunciava tali parole, sentiva un forte gocciolio, gocce che sbattevano su una superficie d'acqua. Si avvicinò, frettoloso al lago, poggiandosi sulla sua riva con le ginocchia, in cerca di qualcosa che si muovesse, o di una goccia che cadesse. Fissandolo, nonostante la luce non fosse delle migliori, si accorse che delle gocce sbattevano proprio sul pelo dell'acqua. Ripeté:
«Amore mio, sei tu???» e la voce emise un lamento, un sospiro di tristezza, un singhiozzo del pianto. Le gocce allora aumentarono, sempre di più, finché da quello squarcio sopra la sua testa, quasi dimenticato, non cadde una vera e propria pioggia. Volgendo il capo al cielo si depresse, dato che le sue intenzioni, poco prima erano proprio quelle di accendere un fuoco per mettersi in salvo. Alzò le braccia a metà, formando col suo corpo una sorta di croce, e oramai apatico, privo di qualsiasi possibilità di salvezza, lasciò che la pioggia gli cadesse sul viso, per accarezzar le sue rughe di rabbia, quelle che lo avevano sfigurato da un tempo senza memoria. Ma, più si lasciava andare, in quella triste posizione di resa, più andava accorgendosi che quell'acqua che gli scorreva addosso aveva qualcosa di speciale. La pioggia che scivolava lungo la sua pelle era diversa.
Era calda.
La voce tornò a chiamarlo, stavolta più nitida di prima, quasi vicina: «Amore mio, torna da me...»
Stavolta le parole, sembravano provenire da vicino, da un punto diverso. Si girò di scatto verso il lago, e notò che un raggio di luce, proveniente dal cielo, si fermava proprio sulla superficie d'esso. Sfrecciò con le gambe, sommergendole fino a bagnarsi le ginocchia. Metro dopo metro, le acque lo avvolgevano, regalandogli calore. Ciò in cui si immergeva era caldo, piacevole, ormai non sentiva più nulla sotto ai piedi. Nuotò, spedito, verso quell'angolo del buio illuminato. Si sentiva sempre più forte, energico, finalmente guarito da quel ghiaccio che qualche ora prima gli stava sfilacciando le forze dalle gambe. Bracciata dopo bracciata si avvicinava, oramai riusciva quasi a toccarlo. Ancora uno sforzo, con il movimento di una mano, cercò di acchiappare quel fascio, che, neppure sfiorato, si spense.
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L'oasi di rabbia
FantasíaL'oasi di rabbia racconta la storia di ognuno di noi in chiave allegorica e fantasiosa. Il protagonista sei tu ed ancora non lo sai. Tante volte ci ritroviamo come persi, distaccati dalla realtà, come in un'oasi, un posto apparentemente privo di spe...