Capitolo cinque

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Al suo risveglio Vincent si trovava legato ad una sedia. Seduto di fronte a lui c'era una sagoma nera, i cui contorni erano scanditi dal bagliore di un fuoco che si alimentava alle sue spalle. Vincent si guardò attorno con la coda dell'occhio ma, per quanto tentasse di trovare qualcosa a lui familiare, c'erano solo buio e spazio. E il fuoco. Quell'unica fonte di luce che contrastava l'oscurità sembrava farsi sempre più fioca. Quanto ci sarebbe voluto perché si spegnesse del tutto?

L'uomo che era seduto di fronte a lui non diceva nulla e anche se non era possibile vederne il volto, Vincent era sicuro che quell'uomo lo stesse fissando. Perché mai si trovava lì era ciò che avrebbe voluto chiedergli ma non glielo chiese. Non gli chiese nulla. Aspettò pazientemente che quell'uomo facesse la prima mossa. Eppure il suo respiro si faceva pesante e la paura incominciava a muoversi dentro di lui. Vincent cercava di controllarsi ma la cosa diventava sempre più difficile e quell'uomo sembrava non avere intenzione di fare o di dire alcun che. Questo lo agitava molto.

Ad un tratto l'uomo si alzò, continuando a guardare Vincent dall'alto in basso, finché un largo sorriso beffardo, senza suono alcuno, gli si dipinse in volto. In quell'istante Vincent udì un rumore dietro di sé. Si girò di scatto e vide fuori dalla finestra un falco che batteva ripetutamente il becco contro il vetro. Poi il falco cessò di battere e si mise anch'egli a fissare Vincent con i suoi occhi lucenti. E anche Vincent lo fissava, come se avesse di colpo dimenticato l'uomo dal beffardo ghigno. Lo fissava e si perdeva in quegli occhi ipnotici. Sentiva il suo corpo farsi sempre più leggero, le sue ossa sempre più vuote. Sentiva la stretta delle corde che lo legavano allentarsi sempre di più fino a divenire quasi inesistente: soltanto un leggerissimo fastidio che gli impediva di spiccare il volo. A mano a mano che la lucidità scompariva, l'idea di trovarsi lì sembrava non dispiacergli poi così tanto. Le immagini si fecero più sfocate e i rumori divennero echi lontani. L'uomo in piedi di fronte a lui prese a ridere chiassosamente ma il suono era distorto, sfumato, e Vincent non riusciva a capire se quelle risate provenivano dal misterioso uomo o, forse, da sé stesso. La paura cresceva. Infine l'uomo andò verso il camino e raccolse un attizzatoio e, dopo averlo impugnato strettamente a due mani, si avvicinò a Vincent. Alzò il bastone di ferro, come fosse una mazza da golf, guardando Price con il solito beffardo ghigno. Si udì uno spostamento d'aria e un tonfo. Poi il tenue bagliore del camino si spense di colpo e tutto si fece nero e freddo.

Vincent fece un sussulto soffocato e si svegliò. Sudato e con la faccia di chi aveva visto un fantasma, si guardò attorno. Il televisore era ancora acceso ma ora stavano dando la replica del TG della sera precedente. Prese il telecomando e spense quella rumorosa scatola nera. Aveva passato una giornata davvero stressante, pensò. Ora i morti erano due e la matassa si faceva sempre più intricata. Nelle ultime quarantotto ore lui e il dipartimento dello sceriffo avevano collaborato per indagare sulla morte di Hill. Normalmente l'FBI avrebbe lasciato il caso alle autorità locali, ma Price era sicuro, ed era più che evidente, che quella morte era in qualche modo collegata a Cooper. La sera in cui Jacob era stato ucciso si celebrava la Festa del Fuoco. Tanti volti, tanti saluti, tanti suoni. Non era facile individuare le ultime persone che avevano avuto qualche contatto significativo con il vecchio.

Tentò più volte di riaddormentarsi ma ormai il sonno era andato a farsi benedire. Così scese dal letto, si vestì e fece quello che sempre faceva quando l'agitazione entrava in lui: una passeggiata.

 Le strade erano piene di quella nebbiolina che è solita avvolgere Silver Lake giorno e notte, isolandola dal resto del mondo. A Vincent parve che il freddo e la brina gli aprissero la mente, come lo sciacquarsi la faccia di prima mattina. Camminò a lungo, mentre i pensieri gli si facevano più nitidi ad ogni angolo di strada. Ad ogni passo l'idea di trovarsi in una circostanza pressoché insolita si faceva sempre più reale. Seppur nella sua notevole carriera si era trovato nelle più disparate situazioni, alcune delle quali davvero pericolose, si sentiva ora turbato, neppure lui sapeva bene da cosa. Il suo animo era diviso. Un senso di smarrimento lo pervadeva, eppure quella stessa condizione lo portava a ritrovarsi con sé stesso. Una nota di malinconia verso un luogo che di fatto non aveva nulla a che fare con lui né con qualche suo ricordo passato. Un infinito déjà vu. Poi quella sensazione si tramutò in qualcosa di più concreto, e allora un fiume di immagini straripò nella sua mente. Le scene si sovrapponevano e si disperdevano mentre Vincent cercava di dominarle come fa un timoniere con la sua nave nella burrasca. A poco a poco il rumore svanì e l'ordine e il silenzio ne presero il posto. Si rivide ragazzo, quando con i suoi amici faceva campeggio nelle montagne del Colorado. E mentre il paesaggio e le persone si delineavano, prese forma uno dei suoi ricordi più belli: un ricordo che profumava di lavanda e aveva due grandi occhi verdi, dei capelli color nocciola e un viso roseo, di una bellezza semplice e pulita. Gli anni non l'avevano scalfito. Nemmeno l'ultima volta che si erano rivisti. Quelle lievi rughe che il tempo le aveva depositato in volto non avevano potuto deturpare il ricordo di quell'estate. "Perché ora sto pensando a questo?" si chiese.

Al di là della nebbiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora