Ti presento mio padre
Appena Okita rinvenne non perse tempo e continuò la lite intrapresa con i due liceali rimpiccioliti.
Tra questi, Conan incominciava seriamente a capire cosa portava un criminale a compiere un delitto.
Ran s'intromise tra i tre e gli intimò di fermarsi: d'altronde avrebbe dovuto presentare Okita a Kogoro, e il colorito vocabolario del ragazzo non era proprio una cosa da rendere particolarmente nota al padre. Già, perché da qualche minuto Conan e Hajime avevano incominciato a imprecare parole sconnesse e certamente non proprio cortesi a vicenda.
Lei stessa era rimasta sorpresa dalle offese originali ed elaborate che aveva presentato Conan, non riusciva a concepire che il suo innocente e gentile fratellino conoscesse tali insulti.
Certo, anche Haibara faceva degli interventi, ma la cosa era certamente più rada e lei stessa più calma e misurata. Ma la cosa che l'aveva veramente sorpresa era la confessione di Conan dinanzi ad Okita: Era fidanzato con Ai.
Quella frase così semplice era arrivata schietta alle sue orecchie, e con lei il suo duro significato.
Il tuo caro fratellino non è più tutto tuo.
Ora doveva dividerselo con quella ragazzina.
Almeno lei, però era giunta ad un lieto fine con il suo amico d'infanzia.
Al contrario di te, Ran.
In quello stesso istante provò un pizzico d'invidia nei confronti di Ai.
In fondo lei aveva quello che la karateka aveva sempre desiderato: una vita felice con qualcuno, qualcuno non da aspettare, ma presente.
Quanto le sarebbe piaciuto aver avuto qualcuno da abbracciare, qualcuno a cui voler bene, qualcuno da amare.
Ma lei, in quelli che probabilmente erano stati i migliori anni della sua vita, aveva avuto solo Conan.
Ma ora Conan farà sorridere un’altra ragazza, Ran.
Ed era giusto così.
In fondo, il lieto fine non è destinato a tutti. C'è chi è fortunato, e chi no.
Accettalo.
Ora lei doveva pensare al presente. Doveva cercare di essere felice con qualcun'altro e quello era Okita.
Sempre se riesce a uscire indenne da questo litigio...
Con velocità felina bloccò i due litiganti con una stretta al polso e gli intimò di fermarsi con tono minaccioso. Alla vista della ragazza infuriata i due, spaventati, si scusarono - sebbene con un po' di astio- a vicenda e ripromisero di non litigare in presenza di Kogoro.
La banda, con le chiavi di Ran, apri la porta dell'appartamento sopra l'agenzia investigativa, trovandosi davanti un uomo tutt'altro che presentabile.
L'ex- detective dormiente giaceva vulnerabile su una sedia girevole rossa; la camicia bianca imbrattata di qualcosa che dal colore sembrava birra, la mano semiaperta che impugnava la bottiglia contenente il liquido incriminato; il suo volto sconvolto e stanco contornato da una barba incurata probabilmente da un bel po' di giorni. I capelli non erano certo messi meglio, visto che il caro Kogoro incominciava a soffrire di calvizie e la gelatina che si era spalmato probabilmente una settimana prima non contribuiva ad aumentare la massa della sua chioma, ma sicuramente il tocco di classe era la bocca aperta a mo' di deposito di aerei che lasciava libero accesso a qualunque moscerino che ne fosse interessato.
Il padrone di casa salutò i ragazzi con una serie di parole sconnesse e prive di senso.
Ran, ormai convinta che le possibilità di far fare alla sua famiglia una buona impressione erano pari a zero, smorzò una risatina nervosa facendo accomodare il gruppo.
« Questo è mio padre... » borbottò portandosi una mano alla testa più che imbarazzata.
Da quando Conan aveva incominciato a risolvere casi per conto suo i clienti all'agenzia si erano diradati sempre di più. In compenso il suo caro fratellino era diventato nel giro di un anno un detective di fama internazionale rinomato addirittura più del suo predecessore.
Ma, al contrario di qualunque previsione, a Kogoro non importava un granché: come diceva lui, l'importante era che il lavoro rimaneva in famiglia.
Peccato che col passare del tempo l'ex-detective dormiente aveva sempre più tempo libero, troppo.
Le serate e le sbronze s'intervallavano a ritmo frenetico e crescente, fino ad arrivare a ...questo.
E se questo era un padre di famiglia che avrebbe dovuto portare il pane a casa erano messi davvero male.
Era imbarazzante, se non sconcertante, sapere che buona parte dei guadagni provenivano dalle tasche del fratellino, e che senza di lui, a quest'ora si sarebbero ritrovati sotto un ponte.
Povero Conan... Per tutto quello che aveva fatto si sarebbe meritato un monumento.
Un monumento? Si sarebbe meritato qualcosa di molto più importante di una costruzione.
Lui era stato per lei una presenza rassicurante, che le donava conforto e la proteggeva dai pericoli.
Sbaglio o questo non era proprio il compito dei fratelli minori?
Conan aveva avuto un ruolo importante, quasi paterno, per lei.
Quando l’abbracciava si sentiva protetta, si sentiva bene, come se non esistesse posto migliore che tra quelle braccia, che solamente da qualche anno riuscivano a cingerla completamente.
Lei era come un bambino, vulnerabile e triste senza la mamma.
Sbaglio o stai diventando dipendente da Conan?
Prese i piatti e le bacchette e incominciò ad apparecchiare.
Nel frattempo, Conan si era avvicinato a Kogoro, lo fissava indeciso sul da farsi: svegliarlo o meno?
Optò per la prima opzione: scosse lo zietto con degli strattoni, Kogoro, di tutta risposta balbettò qualcosa come: « Tutto sul mio conto, pagherò domani… Oppure vuole offrirmi qualcosa da bere, bella signorina? »
Il detective non riuscì a trattenere una risatina nervosa, accompagnato da Heiji che sfacciato, era scoppiato a ridere, e sembrava proprio non volersi fermare.
« Sei proprio una bella signorina, eh Conan? » borbottò incominciando a lacrimare.
Le risate svegliarono l’ubriaco, che riconoscendo il detective da strapazzo di Osaka ridere di gusto davanti a lui, dedusse di essere stato preso in giro dal figlioccio; senza pensarci due volte tirò una botta sul capo di Conan -tanto per riaffermare il suo ruolo di forte e temibile capo famiglia (?)- che fece produrre a questo un mugolio di disapprovazione accompagnato da un massaggio d’obbligo al capo.
« Papà, finalmente ti sei svegliato! » la karateka si avvicinò a lui con ancora in mano i bicchieri.
« Già non hai fatto altro che dormire zietto!come sempre… » L’ultima parte della frase fu appena borbottata, ma nonostante tutto arrivò all’orecchio del diretto interessato che rispose a tono con un altro scappellotto nel, povero e malmenato, cranio del figlioccio.
Heiji, ormai consapevole di essere particolarmente incline al distrarsi quella giornata, si chiese quante botte in testa avesse mai ricevuto Conan nel giro dei dieci anni di permanenza in casa Mouri.
Mille? Diecimila? UN MILIONE!?
Si chiese se ottenere un milione di scappellotti rientrasse nel guinness dei primati.
Forse arrivati a quel punto il cranio si fortifica a tal punto di poter rompere un’asse di legno!
Immaginò Conan spaccare delle tegole con la testa: rise da solo al pensiero.
Certo, Kudo è una testa dura, ma non in quel senso!
Senza pensarci due volte, testò la forza del cranio del rivale con una breve bussata sul suddetto.
« Cosa diavolo ti salta in mente, Hattori? » Conan lo guardava tutt’altro che benevolo.
« Eh?? Niente! Stavo solo valutando se il tuo cranio si è rinforzato abbastanza da essere degno di un record mondiale… » spiegò portandosi una mano alla nuca, senza rendersi conto del completo nonsense della frase detta.
Conan lo guardò storto per poi emettere perplesso « Ah… »
« Lascialo stare, quello scemo non sa nemmeno lui cosa dice… » Kazuha aveva commentato il fatto sbuffando.
« No, ti sbagli qui la scema sei tu! » rispose a tono il detective del Kansai.
Conan alla scena non riuscì a nascondere un sorrisetto: ne aveva viste di coppie, tra polizia, scuola e lavoro.
Ma nessuna era strana come quella del suo amico Hattori e Kazuha: quei due si amavano, questo lo sapeva, ma in un modo tutto loro… ecco.
Si scambiavano offese e insulti per nulla, incominciando a bisticciare come cane e gatto alla minima occasione.
Così uno “scemo” seguito a ruota da cretina, stupido, sciocca e via dicendo diventavano il tormentone della serata.
Ma non era mai una cosa seria: si capiva che non erano mai veramente arrabbiati l’un con l’altra.
Quei commenti sarcastici seguiti da una vasta gamma di offese tra cui stupida, cretina o pazzo erano quasi un simbolo d’affetto.
Scambiarsi insulti deve essere il loro modo di volersi bene, credo.
Rimase qualche secondo immobile e, riflettendo su i pensieri fatti, rilasciò una risatina isterica.
Bah…. Che problemi mi faccio, certe volte sembro Sonoko...
Nel frattempo Kogoro si era svegliato completamente: dopo essersi alzato in piedi rivolse uno sguardo al gruppo appena entrato in casa.
C’era sua figlia, Conan, quella ragazzina con il broncio, il mocciosetto di Osaka con la ragazza e quello sconosciuto col codino…
Aspetta, chi è quello sconosciuto col codino???
Lo fissò con sguardo indagatorio, incominciando a indagare sulla sua identità.
Forza, Kogoro e ora che tu ricominci ad usare quei neuroni tenuti troppo tempo immersi nell’alcool…
Mouri incominciò a ragionare: Non poteva essere il fidanzato dell’amichetta di Conan, era troppo vecchio…
Sarebbe potuto essere un amico di quel detective da strapazzo...nah ancora non si erano nemmeno rivolti la parola…
« Scusa papa? » una voce femminile interruppe i pensieri di Kogoro.
« Si? » chiese distrattamente lanciando uno sguardo alla figlia.
Particolare che improvvisamente notò fu l’abbigliamento della ragazza: Come diavolo si era conciata la sua piccolina??
Afferrò un abito dall’attaccapanni, e senza prestare attenzione a cosa fosse, lo infilò addosso alla ragazza, che continuava a guardarlo senza capire.
« Come diavolo ti sei vestita!? » chiese capendo che incominciava a perdere le staffe.
Quella magliettina aderente e scollata era troppo volgare per una fanciulla dalla elevata raffinatezza come la sua bambina, lei non era quel genere di ragazza, insomma!
Forse la sua piccola, troppo ingenua e pura, non riusciva a capire che quel tipo di abbigliamento era usato spesso dalle donne che si trovavano nei locali che il padre frequentava, e forse non concepiva neanche il fatto che andando in giro per Tokyo vestita in quel modo prima o poi si sarebbe incappata in qualche ragazzaccio…
La sua mente si illuminò:
Ti prego non dirmi che quel ragazzo col codino è quello che penso…
« Vorrei presentarti Okita, è un mio amico… » spiegò questa indicando il giovane dietro di lei.
Oh no, come sospettavo…
Sentì la rabbia scaturire nel suo animo: come poteva quel ragazzo, anzi quel mostro, anche solo pensare di poter essere amico della sua bambina!?
« Soltanto un amico? » mormorò il ragazzo col codino guardando languido Ran.
Tale occhiata venne subito intercettata dal padre, che strinse i pugni e diventò letteralmente rosso di rabbia.
Come osava quell’essere dire certe cose!? Se avesse solo provato a toccare, anzi sfiorare, la sua bambina avrebbe dovuto vedersela con il grande -e spietato- detective Kogoro Mouri!
Guardò truce quell’infimo essere col codino, chi si credeva di essere!?
Più che arrabbiato si avvicinò rosso di rabbia al ragazzo: « Sta lontano da mia figlia! » ringhiò letteralmente.
Trasalì: qualcuno aveva detto le sue stesse parole nello stesso istante.
L’unica differenza era che quello aveva chiamato la sua piccola “Ran” e non “figlia”.
Si girò: era stato Conan.
Kogoro lo guardò storto per qualche secondo: il ragazzino era sempre stato possessivo con Ran, ma in fondo era un bene.
Infatti, l’ex-detective dormiente sapeva bene di non poter seguire la sua bambina per tutta Tokyo, ma al contrario Conan sì.
E il bello era che stava sempre appiccicato a Ran già di suo senza che nessuno gli chiedesse niente.
E lui poteva, anzi doveva, fare in modo che alla sua bambina non venisse torto un capello.
Era il minimo dopo il soggiorno quasi completamente* gratuito che gli era stato offerto per ben dieci anni.
Quel ragazzino doveva essergli grato, era grazie a lui che il piccolo aveva imparato a fare il detective: a dodici anni gli aveva gentilmente offerto un corso d’investigazione gratuito come suo insegnante, insomma chi non avrebbe accettato?
In fondo ci teneva che quel ragazzino seguisse le sue orme: Conan ormai era come un figlio per lui, soprattutto da quando venne a conoscenza che i genitori del marmocchio erano morti in un incidente stradale.
All’epoca aveva solamente dieci anni, ma nonostante tutto il figlioccio non aveva versato neanche una lacrima alla notizia: quel bambino cercava di essere forte, doveva aver cercato di seguire l’esempio dal grande detective Kogoro Mouri, sempre astuto e audace anche nelle situazioni più disparate!
Questo comportamento intenerì l’ex-detective, che decise che due anni dopo –ovvero quando il povero orfanello sarebbe stato un po’ più grandicello- avrebbe impartito al ragazzino una serie di lezioni di investigazione per insegnargli cosa vuol dire essere davvero un detective, e non una sottospecie di aiutante di un vecchio ispettore.
Ma quando questo gli offrì questa imperdibile opportunità, cosa fece il marmocchio?
Da bravo saputello quale era gli aveva riso in faccia.
La cosa aveva fatto imbestialire terribilmente il detective di mezza età: come osava quel ragazzino ridere del suo Sensei??
All’epoca Conan era comparso qualche volta in alcuni giornali regionali come “Conan Edogawa; il jolly della polizia”; gli articoli parlavano di questo ragazzino dodicenne che, quando le indagini di qualsivoglia omicidio e simili sembravano essere ad un punto fermo, forniva spunti e indizi interessanti che smuovevano la situazione.
“Fu in quel periodo che cominciò ad avere le sue prime fan… “si ricordò il detective, pensando a quanto fosse seccante trovare bigliettini e mielose lettere d’amore non indirizzate a se stesso nella cassetta della posta.
Ad ogni modo, in quel periodo il moccioso, avendo visto la sua faccia su qualche articolo, aveva incominciato a pavoneggiarsi e sentirsi superiore.
Come quel detective da quattro soldi che aveva quasi abbindolato la sua bambina al liceo!
Basta Kogoro, lo sai che non sta bene parlare male dei morti…
In ogni caso, ci pensò lo zietto a fare una bella lavata di capo a quel mocciosetto e ad obbligarlo di partecipare al corso.
Si rivelò un bravo studente, raggiunse quasi il livello del maestro a dirla tutta.
Così gli aveva aperto la strada per il successo, restando a suo discapito, disoccupato.
Ma Conan guadagnava al giorno più di quanto l’agenzia avesse mai fruttato in una settimana, e in certo senso il vederlo così attivo nella sua passione, rendeva lo zietto fiero e felice.
Già perché era tutto grazie a lui.
Conan era come un figlio per lui, anzi lo era sicuramente: chi se non un uomo che ha badato ad un bambino per ben dieci anni si può chiamare padre di questo?
Lui lo aveva accudito, lo aveva sfamato e dissetato, lo aveva aiutato.
Lui lo aveva visto crescere e raggiungere nuovi traguardi, ma soprattutto lui lo aveva visto affezionarsi a Ran e a se, fino a rendersi conto di quanto affetto provasse nei confronti di quel mocciosetto con gli occhiali.
Però ora doveva occuparsi della sua bambina e di quel mostro che cercava di abbindolarla.
Si mosse in direzione di quell’essere: non aveva idea di quanto tempo fosse stato immerso tra i pensieri, ma fatto era che voleva mettere le cose in chiaro.
« Piacere Kogoro Mouri » borbottò mostrando un sorriso ai limiti del falso.
« Piacere, sono Hajime Okita. Ho incontrato Ran stamani e abbiamo subito stretto unlegame, lei deve essere il padre giusto? » chiese, sfrontato e arrogante.
Kogoro trasalì: quel ragazzo era impetuoso, maledettamente sicuro di se, acido con le parole.
Non era il tipo per la sua bambina, anzi: più le stava lontano meglio era.
Conan? Perché non hai fatto il tuo lavoro!?
« Bene, ci siamo conosciuti, ora poi andare… » borbottò stringendo i pugni per soffocare la rabbia.
« Papa? Guarda che Okita rimane a pranzo da noi! »
In quel momento gli cadde il mondo addosso. Doveva veramente condividere il pane guadagnato col sudore della fronte con uno sbruffone arrogante che voleva portargli via la figlia?
« No, ma come? E’ un VERO PECCATO che tu debba andare via! Forza, vai altrimenti arriverai in ritardo! » intimò guardando il povero ragazzo col codino con sguardo assassino.
Questo, spaventato, mormorò qualcosa simile ad un “Sì” per poi correre alla porta, venendo intercettato, suo malgrado, da Ran.
« Da qui nessuno si muove! » sentenziò guardando truce Kogoro e Okita « Poi, visto che quella che cucina sono io, ho tutto il diritto di scegliere chi resta a mangiare da noi, oppure vuoi cucinare tu, papi? »
Fantastico, gli aveva appena fatto scacco matto.
Si ricordava quando un anno fa Ran aveva dato forfè e aveva costretto lui e Conan a mangiare cibo d’asporto per una settimana, e non voleva ripetere l’esperienza.
Sbuffò e si sedette a tavola.
Dopo qualche minuto il pranzo venne servito e tutti si accomodarono.
Quasi all’istante tutti incominciarono a parlare del più e del meno, solamente Kogoro continuava a fissare imperterrito Okita senza emettere parola.
Heiji, intercettando l’occhiata truce di Mouri, incominciò a chiedersi se in quella giornata avrebbe assistito ad un omicidio.
Hajime era in serio pericolo, avrebbe fatto meglio ad allontanarsi il più velocemente possibile, nessuno sapeva veramente quanto poteva diventare feroce quel vecchio detective quando si trattava di sua figlia.
« Wow Ran non pensavo che ti stesse così bene la mia divisa di calcio! » borbottò Conan riferendosi all’abbigliamento della ragazza.
Questa sgranò gli occhi e rivolse a se il suo sguardo: era vero, suo padre gli aveva messo l’uniforme della squadra di calcio Teitan, quella da capitano.
Quella di Conan.
Senza sapere neanche lei il motivo arrossì rendendosi conto che la maglia era impregnata dell’odore del fratellino. Quasi quasi non voleva più toglierla.
Ridacchiò: certe volte odorava le persone come se fosse un …cane.
Doveva vergognarsi per quello?
« Me l’ha messa mio padre… non è colpa mia. » borbottò sentendosi fuori luogo.
« Conan, potresti dirmi perché diavolo c’era la tua divisa sull’attaccapanni? » chiese ridacchiando Ai, riuscendo come sempre, a metterlo in imbarazzo.
A quel punto Heiji era letteralmente scoppiato a ridere:« Eh Conan? Vorresti dirmi che appena entrato in casa ti togli la maglia!? Non ti sembra più appropriato andare in camera e indossarne un'altra? »
Il detective dell’Est diventò di un colore simile al violaceo e incomincio ha borbottare una serie infinita di parole sconnesse.
No, questo no! Se Haibara e Hattori incominciano a coalizzarsi e prendermi in giro non potrò più dormire sogni tranquilli!
« Hattori… Ai… perché non mi fate il favore di stare zitti? » borbottò stufo.
« Come scusa? E da quando la chiami per nome? » Kogoro si era, improvvisamente, interessato al discorso.
Ma a rispondere non fu Conan, bensì Okita: « Bah… certo che siete proprio una famiglia strana! Come dovrebbero chiamarsi due fidanzati? »
« ZITTO TU! » urlò il padrone di casa, senza neanche ascoltare quello che il ragazzo aveva detto. Non gli andava proprio di risentire la voce di quell’impiastro… ma aspetta … se non sbaglio gli aveva detto che…
« Voi due siete fidanzati!? » chiese risputando l’acqua che stava bevendo nel suo bicchiere.
Conan fece per parlare, ma imbarazzato per la situazione, e per quello che avrebbe dovuto dire rimase fermo –quasi bloccato- a mo’ di televisore rotto.
« Sì, lo siamo » rispose Haibara, notando che l’amico sembrava congelato.
Eheh… prima mi prega di aiutarlo e poi non riesce neanche a recitare la parte…
Ah, pagherei oro per rendere tutto questo reale…
No, Shiho non devi illuderti!
Nel frattempo anche Kogoro si era immerso nei pensieri: non si era reso conto che il ragazzino occhialuto e saputello era cresciuto, e fosse già grande.
Un po’ gli mancava non avere un bambino piccolo che girovagava per casa, lo faceva sentire giovane, in un certo senso.
Peccato che i bambini crescano e diventano grandi…
E ora perché parli come un vecchio decrepito!?
“Beh… almeno quella ragazzina mi sembra per bene, un po’ scontrosa, ma per bene. Ora però devo pensare a mia figlia, che non ha buon gusto in fatto di ragazzi! Possibile che mai mi porti un laureato? Se penso che due anni fa ha rifiutato il Dottor Araide e la sua paga profumata, mi ribolle il sangue!”
« Allora, Okita ci parli un po’ di te? » chiese con una gentilezza incredibile, che impressionò il detective dell’Ovest.
“Certo che oggi sto’ pazzo è più schizofrenico del normale! Prima sembra che lo voglia uccidere, e poi fa queste uscite gentili… Bah. “
« Sì, grazie sono molto lieto che le interessi il mio passato signore! »
“Ah… perfetto ora fa anche lui il lecchino… “
« A giudicare dalla casa in cui sono stato ritrovato, io dovrei appartenere ad una famiglia benestante »Spiegò con orgoglio.
« O almeno credo. » continuò mentre il suo viso si incupiva.
« Come, vorresti dirmi che non lo sai? » L’ex detective dormiente sembrava seriamente interessato al discorso.
« Vede… io ho perso i miei genitori quando avevo cinque anni. E’ successo in una notte di luglio. Non so bene cosa sia successo, so solo che i miei genitori erano privi di vita sull’ingresso di casa. Mi hanno detto di avermi ritrovato svenuto in camera mia. La polizia crede che io abbia visto in faccia l’assassino, ma il fatto è che io quel giorno, ho perso la memoria. » finì facendo un sorriso amaro.
Ora tutti fissavano Okita, chi con sguardo spaventato e chi incuriosito, ma fatto era che tutti loro erano veramente impazienti di conoscere la vita di quel ragazzo.
« Visto che i corpi dei miei genitori erano a dir poco maciullati non è stato possibile risalire alla loro identità, e di conseguenza io ero un orfano che non sapeva neanche il suo nome e cognome. » spiegò tristemente al ricordo di quei brutti giorni.
« Scusa, ma in casa non c’era niente che poteva portare all’identità dei tuoi genitori? Non so, la carta d’identità, la patente o magari il portafoglio! » chiese Conan incominciando a provare una certa pena per il ragazzo.
« E’ qui che viene il bello. Tutti gli effetti miei e dei miei genitori erano scomparsi. Chiunque abbia fatto una cosa del genere è un esperto. »
« Capisco… » borbottò Conan incominciando a ragionare.
« Quindi io venni adottato dalla famiglia Hajime, che desiderava un figlio, ma non poteva averlo naturalmente. Mi diedero il nome Okita, e da quel giorno io mi chiamo così. » finì osservando i visi allibiti del resto del gruppo.
Ran alla scoperta era rimasta di sasso. Non riusciva ad immaginare che un ragazzo così scontroso testardo e sicuro di se potesse avere un passato simile.
Non sapere neanche il proprio nome doveva essere snervante. Improvvisamente si rese conto di quanto lei fosse stata fortunata ad avere dei genitori separati, ma presenti.
Certe persone hanno una corteccia che li protegge dal mondo, magari dopo un forte trauma. Okita era uno di questi.
Note:
*ep il rapimento di Conan, Yukiko dona dei soldi a Kogoro per occuparsi del mantenimento del figlio.
^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^
Buondì!
Sorpresi vero?
Beh… anch’io.
Comunque credo di aver sfornato un altro capitolo mongolfiera, voi che ne pensate?
Ma… passiamo ai fatti.
Il nostro Kogoro fa amicizia con il nostro grande simpaticone,
Poi incomincia a riflettere su Conan (scusatemi se vi ho annoiato, ma ci tenevo a sottolineare quanto il detective dormiente tenesse ai suoi figli)
D’altro canto, anche le riflessioni di Heiji sono singolari, avreste mai pensato che Conan potesse vincere un record per la sua testa dura?
Poi, ho mostrato al mondo il lato nascosto di Okita. Dai, dite la verità, lo so che vi ho trollato ben benino xD
Comunque rimarrà il solito rivale di Conan, non pensate male, non è che tutto ad un tratto diventa simpatico!
… un altro mistero si aggiunge, e la verità è sempre una sola ehehe…
No, seriamente, qui tutto è collegato, quindi letteralmente la verità è una ^^
Non mi sono scordata dell’auto di Gin e Vodka, se ne riparlerà nel prossimo capitolo!
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Troubles《Detective Conan》
FanfictionSono passati 10 anni e Conan non può tornare più adulto: perciò ha inscenato la morte di Shinichi. Ma l'organizzazione è ancora a piede libero, nonostante non si sia fatta viva per anni. Ma tutto ad un tratto questa si farà risentire, e con lei molt...