Come ho vissuto la mia infanzia?
Quando venni portata con mia sorella in comunità, non riuscii neanche a capire tutta la situazione, Desy, invece, essendo anche più grande, ha sofferto maggiormente, poiché cosciente di quello che stava accadendo.
Incominciai a capire il mondo che mi stava attorno più tardi, nel momento in cui fui portata in affido.
Quando ero più piccola non aspettavo altro di vedere mia madre ogni fine settimana. Mi preparavo bene. Ero entusiasta ed ero felice quando stavo con lei.
I miei genitori affidatari, addirittura, li chiamavo per nome, poiché non riuscivo ad associare la parola "mamma" o "papà" su persone che per quel momento, secondo me, stavano solamente imitando un ruolo di qualcun altro nella mia vita.
Da quando i miei genitori si separarono, però, le cose cambiarono, e vedere mia madre incominciava a non farmi più un certo effetto.
Non attendevo più con ansia il weekend, non mi mettevo a lucido per un incontro.
In un determinato periodo, addirittura, iniziai anche a non rimanerci troppo male ogni qual volta che un incontro veniva annullato. Incominciai ad aspettarmi questi comportamenti da mia madre, che andando avanti dimostrava sempre più il menefreghismo nei miei confronti.
La mia famiglia affidataria, contemporaneamente, invece, incominciò ad avere un ruolo fondamentale nella mia vita. Tiziana prese la denominazione di "mamma", mentre Andrea, per quanto fosse ed è importante, non riesco ancora a chiamarlo "papà", semplicemente perché non sono ancora in grado di sostituire l'identità di mio padre Giuseppe a lui.
Queste parole, mamma e papà, sembrano tanto semplici, quanto banali. Ma soffermatevi un attimo a pensare. Quando si è bambini, mamma e papà sono la cosa più importante. Sono quelle persone che ti danno da mangiare, che quando ti svegli di notte ti fanno addormentare, che ti cambiano i pannolini sporchi, che ti insegnano le prime parole, che ti fanno le coccole quando piangi. Associare queste parole a persone che nella tua vita iniziale non hanno fanno nulla di ciò, suona strano ed è difficile, tutto meno che immediato. Poi il tempo passa e capisci che è proprio grazie a queste persone che ora stai bene, e così le chiami con i rispettivi nomi che si meritano, un po' come quando fai un complimento a qualcuno. Non dici "sei bellissimo", se la persona non ti piace. Il paragone è molto simile. Sono una che fa molto caso e dà molta importanza alle parole che usa, principalmente per questo motivo banale e scontato secondo alcuni.
Diciamo che no, la mia infanzia non l'ho vissuta come una bambina normale, ero già una piccola donna, che ha dovuto superare problemi più grandi di lei, grazie al cielo, ho avuto persone accanto che mi hanno sempre aiutata, a partire dagli assistenti sociali, psicologhe, famiglia attuale, mia sorella, insegnanti, fino ai miei coetanei.
Nel corso della mia vita ho conosciuto veramente molte persone che mi hanno capita e hanno cercato di lasciare qualche messaggio positivo dentro di me.
Inutile negare che, soprattutto qualche anno fa, ma ancora adesso delle volte, mi sono sentita una nullità. Ho pensato che se nemmeno i miei genitori mi hanno voluta, nessuno mai mi vorrà. Ma poi arriva un punto in cui cresci, e capisci che certe persone che hai attorno, a volte anche da cui meno te le aspetti, trovano il modo di farti soffrire, spesso inconsapevolmente.
Io ho una nuova famiglia, e sono contenta di questo. Mi sta permettendo davvero molte belle esperienze, mi sta aprendo la strada verso il mio futuro e la mia felicità.
Hanno fatto una scelta importante dieci anni fa che stanno ancora mantenendo. Non si aspettano nulla in cambio, lo fanno per il mio bene, per il bene di una bambina che è stata leggermente sfortunata inizialmente, ma che è riuscita ad andare avanti, anche per mezzo di qualcuno.
Perché mi considero una ragazza leggermente sfortunata? Perché tra tutte le sfortune che si possono avere, la mia è stata quella più leggera, e non smetterò mai di ritenermi fortunata per ciò che sono diventata ora a seconda anche dei punti di vista da cui mi si guarda.
Oggi so quello che valgo, e sto bene perché ho imparato a pensare che chiunque può diventare qualcosa per te, quando nemmeno te l'aspetti. Molte persone ti deludono e ti fanno del male, ma tu devi essere più forte e andare avanti a testa alta. Arriverà un momento in cui ti guarderai indietro e capirai che quello che ti sei lasciato alle spalle non ha più valore, non ci starai nemmeno più male, solamente sarai contento di aver abbandonato un passato tanto doloroso.
Ora come ora ho paura di diventare mamma, semplicemente perché non vorrei essere la mamma che è stata la mia: completamente assente, ma chissà, magari il futuro mi riserverà questa esperienza, e con il mio passato capirò il valore vero di essere madre.

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Chi sono io?
Non-Fiction"Chi sono io?" Mi è da sempre sembrata una domanda abbastanza semplice e scontata, ma riflettendoci ora che sono nella fase più complicata della mia vita, capisco che non è così. Ho cercato, quindi, di concentrarmi il più possibile su me stessa e di...