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Appena rimisi in ordine in casa, mi ributtai a letto, sognando Eric: per colpa del suo sangue continuo a fare questi bellissimi sogni di lui che è gentile, premuroso e dolce, tutto l'opposto di com'è praticamente  -.-' .

Mi svegliai, sentendomi osservata, ritrovando Eric ai piedi del mio letto, guardarmi incuriosito.

-Che ci fai qui?- chiesi guardandolo, osservando il sole alto nel cielo, fuori dalla finestra.

-Mi hai chiamato mentre dormivi. Cosa stavi sognando?- mi chiese in tono freddo alzandosi dal letto e appoggiandosi all'anta dell'armadio, a braccia conserte.

-Ti sognavo, infatti- dissi alzandomi, scendendo in cucina per mangiare qualcosa, visto che erano le 12 passate.

-E' il mio sangue- disse con tono compiaciuto.

-Grazie al cazzo...- sussurrai borbottando, scontrosamente.

-Sii mia- era seduto sulla sedia che non aveva spaccato, visto che il tavolo l'aveva fatto volare, seduto come si sta al bar, con la sedia al contrario, e dio se era figo e bello.

-Non ho bisogno di una guardia del corpo, Eric. So badare a me stessa- dissi convinta.

-E come, scusa?- chiese inarcando un sopracciglio, guardandomi già male.

-Un paletto...?- chiesi supponendo, mentre lo vidi serrare la mascella e alzarsi dalla sedia e avvicinarsi a me pericolosamente.

-Sei una fra le più stupide umane che io abbia mai conosciuto- disse sorridente, scostandomi una ciocca ribelle, sfiorando la mia pelle e facendomi venire i brividi.

-Ma hai bisogno di protezione- disse poggiando il dorso sul mio collo, mentre si avvicinava lentamente ad esso. Sembrava quasi gentile, ma appena estrasse le zanne mi irrigidii.

-Eric- dissi con tono duro, vedendolo indietreggiare e rimettere apposto le zanne. Mise le mani nel pantalone, guardando a terra.

-Andiamo a mangiare?- chiese alzando poi lo sguardo. Scossi la testa.

-Ho bisogno che tu mi stia lontano, Eric. Porti solo guai- con un ruggito uscì ancora da casa mia, cioè sua, che palle. Infastidita da quel comportamento feci volare la padella contro il muro.

- QUANTO LO ODIO!- urlai scaricando un po' di rabbia.

Chiamai Sam, il mio capo, e chiesi se potevo ritornare a lavoro anche se erano i miei giorni di riposo. Mangiai un panino al volo e andai poi a lavoro.

Sentii la sua voce appena entrò dalla porta principale, accompagnato da una bionda, Pam ovvero la sua progenie, e una bruna, forse la sua cena. Sam mi fece cenno e andai a prendere le loro ordinazioni.

-Cosa posso offrirvi?- chiesi mostrando un sorriso verso Pam, che ricambiò chiedendomi un new blood, mentre Eric mi ignorava.

-E lei?- chiesi rivolto verso i due, che continuavano ad ignorarmi. Vista tale ignoranza, sbottai.

-Eric, che cavolo vuoi?!- urlai facendo girare tutti i presenti verso di me. Smisero di ridere e lui si voltò verso di me.

-Ho già la mia cena- disse indicando la bruna, che era attaccata a lui come una piovra.

Sorrisi a tutti e tre, andando a prendere il new blood per Pam e poi filai al bancone, osservandoli irritata. Si stava nutrendo di lei in bella vista, non che non si potesse fare ma mi dava ai nervi.

Sceriffo di sto cavolo! Mentre si nutriva e io stavo ribollendo di rabbia dentro, lo vidi osservarmi con un sorrisetto sul volto. Strinsi più forte la penna nella mano, tagliandomi.

-Cazzo...- dissi coprendomi subito il taglio dal quale fuoriusciva il sangue. Mi ritrovai di fianco Eric, che con il mio polso nella sua mano, levò la benda dal mio dito, con l'intento di leccare la mia ferita.

-No!- ruggii, capendo le sue intenzioni.

Mi osservò e avvicinò il mio dito alla sua bocca, inserendolo e leccandolo.
Sentii le sue zanne ai lati del mio dito, impaurita da quello che poteva fare una volta finito.
Finì di leccarlo e pungendosi il dito con la sua zanna, lo passò sulla mia ferita che guarì immediatamente.

-Grazie- dissi titubante, mentre allontanavo la mano da lui. Fece un cenno con il capo e mi sorrise, ritornando al suo tavolo, seguito dagli sguardi degli altri vampiri.

-Jenni!- sentii urlare dalla porta principale.

Anna, una ragazza vampiro, una delle mie poche amiche, diventata così per un incidente e sapendo di Eric gli ho chiesto questo favore.

Mi strinse letteralmente a sé, mentre venivo soffocata dai suoi capelli bruni.

-Mi soffochi!- urlai, sempre sotto gli occhi vigili di Eric.

-Come stai?- mi chiese con un sorriso raggiante sul volto, sedendosi allo sgabello difronte al bancone.

-Me la cavo- dissi tentennando con la testa da una parte all'altra. Il suo sorriso era contagioso.

-Con Eric?- bisbigliò avvicinandosi di più a me. La guardai male.

-Prima o poi lo ammazzo- la informai, mentre scoppiò a ridere.

-E' un po' difficile ma...-

-Un po' difficile? È un fottuto vampiro che mi sta rovinando la vita! Davvero Anna, poni fine alla mia esistenza- dissi sfinita, appoggiando i gomiti sul bancone, stanca.

-Non lo dire nemmeno per sogno- mi disse con sguardo severo.

-E va bene- dissi sbuffando.

-Anna- ed eccolo lo stronzo più stronzo.

-Eric- disse sorridente Anna verso di lui, che debolmente ricambiò il sorriso, sempre con lo sguardo rigorosamente puntato su di me.

-Smettila di guardarmi- lo informai, infastidita.

-Ti da fastidio anche se ti guardo?- chiese provocandomi.

-Soprattutto se mi guardi. Devo andare- per fortuna i clienti avevano bisogno di me, così me ne andai da lì, lasciandoli soli. Mentre riportavo i piatti vuoti, presi in pieno qualcuno.

-Ei guarda dove vai!- avevo rotto i piatti, e mi toccava pulire. Il ragazzo si voltò e mi ringhiò contro, uscendo le zanne. Maledetti vampiri, sono ovunque.

-Abbassa la cresta- si fiondò Eric a coprirmi, ringhiando di rimando. Il ragazzo riconobbe Eric e subito ritrasse le zanne e se ne andò via.

-Sta più attenta- mi informò Eric, aiutandomi con i piatti.

-Smettila- dissi quasi in un sussurro al quale Eric rispose con un'alzata di spalle non capendo.

-Smettila di proteggermi, di essere il mio scudo, di rinchiudermi in una bolla di sapone, Eric!- dissi sbattendo i piatti rotti nell'immondizia, guardandolo con le lacrime già sul punto di uscire.

-Mi sento oppressa, capisci?- gli dissi iniziando a gesticolare. Brutto segno. Continuò a guardarmi, senza parlare e questo mi faceva incazzare ancora di più.

-Parla- dissi impuntandomi.

Scosse la testa, guardandomi fisso negli occhi. Gli mollai uno schiaffo, mentre sentii le lacrime scendere ininterrottamente. Poi il nero della sua maglia: mi aveva abbracciato e stranamente mi sentii a casa fra quelle braccia.

Ormai il locale era vuoto e restammo così per qualche minuto che a me sembravano anche esser troppi. Eric capì e si staccò da me, sparendo.

Ritornai a casa, a piedi, guardando le stelle e ripensando ai sogni con Eric: se non fosse così cinico, bastardo, freddo e senza cuore magari potrebbe anche piacermi, ma non è così.

Mi sdraiai a letto, rivolta verso la finestra per osservare il cielo scuro.
Chiusi gli occhi, cercando di dormire ma niente.
Sentii un rumore e capii che qualcuno era in camera, difronte a me.

Sentii la sua mano gelata accarezzarmi la fronte, le tempie e le guance.

-Lo so che sei sveglia, Jenni- ecco la voce cupa e profonda di Eric, difficile scordarla.

Un nome un problemaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora