Capitolo 1

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Sono sul treno che mi porterà a Milano, alla mia nuova vita.
Quella di andare a studiare in una città così lontana dalla mia è stata una decisione presa all'ultimo.
Ero stata ammessa allo IED di Firenze, indirizzo fotografia, e sarebbe stato tutto perfetto, essendo io di Fiesole, a poco più di 5 km dal capoluogo Toscano.
Poi l'ennesimo casino in casa mi ha spinto a prendere questa decisione, dopo che il mio professore di fotografia mi ha spiegato che, una volta ammessa, potevo tranquillamente richiedere un trasferimento in un altro Istituto Europeo di Design presente in Italia, che avrebbe valutato la richiesta.
Circa una settimana fa è arrivata la bella notizia ed ora eccomi qui, su questo treno che finalmente mi porterà lontano dal mio passato.
Ho deciso di vivere dai miei zii, che sono stati ben contenti di accogliermi e mi hanno addirittura trovato lavoro in un bar poco distante dall'Università.
Naufragando nei miei pensieri mi sono dimenticata di presentarmi.
Sono Azzurra, ho 19 anni ed una passione vera e profonda per la fotografia.
È una passione nata quasi per caso, quando ho trovato una vecchia fotocamera analogica in uno degli armadi di mio nonno, che era morto da poco. Quella pesante scatoletta mi ha fatto capire che, in un modo o nell'altro, potevo restare ancora legata a lui ed onorarne la memoria, ereditando la sua passione più grande.
Mi piace fermare i momenti che vorrei non finissero mai, per riviverli ogni volta che voglio.
Le pareti della mia camera da letto a Fiesole erano tappezzate di fotografie, appese o sparse ovunque per la stanza.
Le più belle ed importanti le ho portate con me a Milano, conservate in un grande album che ora giace sul fondo della mia valigia, rigorosamente azzurra, che è il mio colore preferito.
Adoro tutto ciò che è azzurro, non so perché, sarà colpa del mio nome: per me l'azzurro è vita, è vivacità, è voglia di volare.
L'azzurro è il colore del mare, è il colore del cielo d'estate, è il colore dei personaggi del mio cartone preferito quando ero piccola, "I Puffi".
È il colore dei miei occhi grandi, l'unica parte di me che mi piace.
Per me l'azzurro è casa, è pace.
Sono così persa nei miei pensieri, che a stento mi accorgo che la voce meccanica del treno ha annunciato l'arrivo a Milano.
Salto velocemente fuori dal treno e mi avvio verso l'ingresso della stazione, dove dovrebbero aspettarmi i miei zii.
Sono stati felicissimi alla notizia che sarei andata a vivere con loro.
Sono sempre soli e, avendo perso il loro unico figlio qualche anno fa, mi hanno sempre voluto bene come una figlia, pur essendo lontani.
Appena li vedo gli corro incontro, sinceramente felice di vederli, ma con la strana sensazione di aver dimenticato qualcosa.
-Tesoro, finalmente!- esordisce vedendomi mia zia Anna.
-Siamo molto felici di vederti- le fa eco mio zio Luigi, un grande omone che all'apparenza incute timore, ma che in realtà è buono come il pane, e stona non poco accanto alla figura minuta di sua moglie.
-Ancora però non ci hai detto il motivo di questo tuo repentino cambio di programma- continua mia zia.
-E per il momento non ve lo dirò- liquido l'argomento con un'alzata di spalle.
-Azzurra- dice mio zio cambiando argomento- ma non hai la valigia?-
Ecco che cosa avevo dimenticato! La valigia!
Ho la mia preziosa reflex appesa al collo, ma ho dimenticato la valigia.
Ad un tratto mi sento chiamare.
-Signorina, la valigia!- mi volto e mi trovo un davanti un ragazzo, dal volto a me familiare, ma decido di non farci caso. Mi guarda sorridendo con dolcezza, ma interpreto quello sguardo come una sorta di presa in giro, penserà sicuramente che io sia un'imbranata.
"Però è carino".
Ma cosa vado a pensare?
-Grazie mille- rispondo semplicemente, afferrando la mia valigia, per poi vederlo allontanarsi con le mani in tasca.
-Che bravo ragazzo- esclama mia zia- bene, ora che hai tutto, direi che possiamo andare-.
-La testa l'hai presa?- mi chiede scherzosamente zio Luigi.
-Fidati zio- rispondo ridendo- se non l'avessi attaccata al collo, sarei capace di dimenticare anche quella-.
Ridiamo insieme, e ci avviamo verso la macchina.
Mi sento felice, dopo tanto mi sento davvero felice.

La casa dei miei zii è nel centro di Milano, ed è bellissima.
Zia Anna mi conduce fino ad una porta in fondo al corridoio, aprendola e rivelando una camera grande e luminosa.
-Questa era la stanza di tuo cugino Andrea- mi spiega la zia con la voce rotta dalla commozione- adesso è tua, puoi fare tutti i cambiamenti che vuoi-.
-Nei sei sicura zia?- chiedo cauta.
-Certo, hai carta bianca- conclude, per poi lasciarmi sola, dandomi così modo di sistemare le mie cose.
Cammino lentamente per la stanza, osservando le foto della vita di mio cugino, che ancora dominano ogni angolo della camera.
Era bello, Andrea, lo adoravo, amavo definirlo "il mio cugino preferito".
Aveva un anno più di me ed eravamo praticamente cresciuti insieme, tra Fiesole e Firenze.
Poi mio zio Luigi, carabiniere, era stato trasferito a Milano e si era portato via con sé il mio più grande confidente.
Andrea aveva preso male il trasferimento e si era infilato in una cattiva compagnia, iniziando a fare uso di droghe ed alcol, cosa che lo aveva portato alla morte, a soli 17 anni.
Il dolore che ho provato il giorno in cui mi hanno detto che era morto non è paragonabile a nient'altro, e spero di non provare mai più un dolore del genere in vita mia.
Mi siedo sul letto, lasciandomi i lunghi capelli biondi ed estraendo il cellulare dalla tasca dei jeans.
Controllo le notifiche: molti like alle mie foto su Instagram, che devono piacere molto alla gente, due richieste di amicizia da non so chi, che prontamente elimino.
Nessuna chiamata, nessun messaggio.
Nessuno si preoccupa per me, se sono arrivata sana e salva, se sto bene, se sono felice o se ho voglia di piangere e urlare.
"Beh, meglio così" penso "Preferisco un sincero silenzio a qualche falsa parolina gentile e di circostanza".
Mia zia mi chiama per la cena, ed io mi avvio verso il salotto.
Domani andrò a ritirare i fogli con tutti gli orari dell'Università, per dare inizio alla mia nuova vita, che spero mi porti solo gioia e felicità.
In fondo, me lo merito.

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