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E se non fossero i casi ai quali lui sta cercando di ricavare una risposta, ma sta cercando di risolvere un caso più difficile? Un caso che ha un nome e una vita propria: Audrey.


Ho sempre avuto una predisposizione per casi che difficilmente possano essere risolti.
Parliamo di genetica, perché avrò preso sicuramente da mio padre: John Watson, un nome che tutti ricordano benissimo, sempre affiancato a quello di Sherlock Holmes.

Ne ho passate tante ma alla fine sono diventata una detective a tutti gli effetti e non vedo l'ora di andare a far visita a mio padre e informarlo di essere stata trasferita a Londra per lavorare.

Dopo qualche ora di viaggio sono qui, 221B Baker Street, sono davanti alla porta con le valigie alle mani, pronta a bussare. Appena suono il campanello una signora sulla sessantina e capelli cotonati mi viene ad aprire sorridendomi.

-Oh, buongiorno. E' una cliente?- mi chiede gentilmente, facendomi sorridere mentre scuoto il capo.

-Sono la figlia di John Watson e vorrei fare una sorpresa a mio padre. Posso entrare?- chiesi a voce bassa. La signora mi sorrise ed annuì presentandosi poi come la signora Hudson, proprietaria della casa.

Appena salii le scale, vidi mio padre in piedi intento a dialogare con Sherlock, che lo osservava distratto, difronte a lui.

-Papà!- urlai facendolo voltare. Corsi subito ad abbracciarlo mentre ricambiò l'abbraccio calorosamente.

-Oh bene, un'altra donna in casa. Ci bastava Mrs. Hudson.- disse stizzito Sherlock, a braccia conserte, osservandoci. Mi staccai da mio padre e guardai con le mani sui fianchi Sherlock.

-Cosa ci fai qui, Audrey?- mi chiese felicemente mio padre, mentre mi osservava felice con un sorriso sul volto.

-Sono stata trasferita alla stazione di polizia di Londra. Felice?- chiesi guardandolo con gli occhi che già erano pieni di lacrime di gioia.

-Ma che domande! Ovvio che sono felice, dobbiamo festeggiare!- disse scendendo subito le scale, sentendolo parlare con Mrs. Hudson. Vidi Sherlock ruotare gli occhi, infastidito.

-Problemi, Holmes?- chiesi divertita.

-Sì, voi donne siete il mio problema- disse gesticolando buffamente, facendomi ridere.

-Be, se proprio le da così fastidio, può tornare a suonare il suo violino- dissi vedendolo osservarmi quasi sorpreso.

-Ma come...- chiese assottigliando gli occhi curioso.

-Le grinze sulla sua camicia sulla spalla sinistra, date dalla pressione del violino esercitata mentre lo stava suonando- dissi sorridente. Mi sorrise compiaciuto.

-Vedo che l'intelligenza non le manca- rispose, sedendosi sulla poltrona, a gambe incrociate unendo poi le sue mani vicine al suo naso, sentendo arrivare poi mio padre.

-Oltre alla bellezza, ho anche l'intelligenza di mio padre- dissi sarcasticamente, facendo sorridere ancora una volta Sherlock, che guardò davanti a sé.

-Vieni Audrey, ti faccio vedere la tua stanza- mi disse papà, invitandomi a seguirlo. La stanza era abbastanza grande per me, ma andava comunque bene.

-La signora Hudson ha detto che per l'affitto non c'è problema- mi informò papà, sorridendomi.

-Papà ho un lavoro, posso permettermi di pagare l'affitto- dissi divertita, poggiando la valigia sul letto. Era sul punto di replicare ma lo precedetti.

-Quando non riuscirò a pagarlo, chiederò aiuto a te, lo so- dissi cantilenando, avendo come risposta un sorriso da parte di papà, lasciandomi poi sistemarmi in camera. Appena ero pronta per andare da mio padre, mi fermai ad ascoltare la loro conversazione.

His DaughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora