Ed è stato il bacio più bello che aspettavo da due anni ma subito mi allontanai e gli diedi uno schiaffo.
-Sei stato uno stronzo- affermai, vedendolo voltare il viso verso di me, aggiustandosi i riccioli.
-Lo so- rispose soltanto, massaggiandosi la guancia dolorante.
-Sei riuscito a stanare Lucilla?- chiesi poi, guardando altrove e con le braccia conserte, toccandomi la cicatrice con le dita.
-Secondo te?- chiese, facendomi voltare, guardandolo ancora, perdendomi in quel bellissimo oceano.
-Potevo lasciare in libertà qualcuno che minacciava la vita della donna che amo di più al mondo? L'avrebbe mai fatto Sherlock Holmes?- mi chiese, accennando ad un bellissimo sorriso, che contagiò anche me.
-Lo prendo come un sì, allora- dissi avvicinandomi a lui e appoggiando la mia testa sul suo petto, sentendo poi le sue braccia circondarmi il corpo.
-Ti amo- sgranai gli occhi, irrigidendomi.
-Cosa?- chiesi incredula, alzando lo sguardo per guardarlo meglio.
-Oh hai sentito benissimo- disse con quell'espressione buffa in volto, di chi si vergogna delle parole appena dette.
Sorrisi, vedendolo poi guardarmi incuriosito dal mio sorriso spontaneo.-Ti amo anche io- dissi, appoggiando poi la testa ancora una volta sul suo petto, sentendo il suo odore che tanto mi era mancato.
-Sei stata con altri uomini di recente?- mi chiese, facendomi rabbrividire. James.
-No, perché?- dissi allontanandomi per guardarlo meglio.
-Si sente l'odore di colonia di un altro uomo su di te- disse con tono duro e accusatorio.
-Ho avuto qualche relazione poco seria, questo cosa centra adesso?- chiesi con le mani sui fianchi.
-Nessuno, può avvicinarsi a te, come lo faccio io. Siamo intesi?- chiese alzando il dito, con sguardo assottigliato e furioso, e tono autoritario.
-Mmh...no- dissi scoppiando a ridere. Mi fulminò con lo sguardo così mi spiegai.
-Uno può farlo: Holmes- dissi poi tirandolo per il collo della maglia verso di me, vedendolo sorridere e baciarmi con passione.
-Sai che non ritorneranno a casa, vero?- mi chiese, posando le labbra sul mio collo, facendomi gemere.
Strinsi tra le mie dita i suoi capelli riccioluti, sentendolo ancora baciarmi il collo nel punto più delicato, che lui conosceva non so come.-Ho studiato nella mia mente, più e più volte il tuo corpo, immaginandomelo più volte davanti a me, toccandoti in punti come il collo, la pancia, il braccio...- disse elencando e muovendo le mani sulle zone elencate.
-Sherlock, non posso- dissi allontanandomi da lui, posando le mie mani sul suo petto.
-E' ancora una ferita aperta, vero?- chiese, posando le sue mani sulle mie, che erano appoggiate al suo petto. Annuii, continuando a fissarlo.
-Ho aspettato due anni, posso ancora aspettare, Audrey- disse accennando un bellissimo sorriso, che mi fece arrossire.
Ritornai a Londra all'inizio di Novembre, sotto dittatura di mio padre che mi ordinò di andare a vivere nella casa con Holmes.-Dio Sherlock!! Se non levi tutti questi pezzi di corpi umani dal frigo, giuro che do fuoco alla casa- dissi chiudendo con forza l'anta del frigo, sentendo ridere Holmes che era seduto al tavolo della cucina dietro di me.
-Come mi divertirei a vederti sclerare se lo facessi, Audrey?- disse continuando a prestare attenzione ai suoi maledettissimi vetrini. Io invece so come farlo infuriare: andai vicino a lui, prendendo il vetrino e buttandolo nel cestino, vedendolo osservarmi con sguardo minaccioso.
Alzai le spalle e con un sorriso divertito, me ne andai in camera.-Avrei iniziato a psicoanalizzarti ad alta voce ma te la faccio passare soltanto perché indossi la mia camicia, sia chiaro Audrey!- urlò dalla cucina, per farsi sentire.
-Sherlock, hai visto la mia camicia?!- urlai non trovandola per la stanza, mentre andavo da una parte all'altra dell'appartamento.
-Sotto il letto?- disse sbucando dal nulla, facendomi saltare, mettendo una mano sul cuore.
-Trovata- dissi estraendola da sotto il letto.
Mi levai la camicia di Sherlock e misi la mia, aggiustandola nel paio di jeans che indossavo già. Alzai lo sguardo e vidi Sherlock osservami fisso, appoggiato alla porta, a braccia conserte.
Alzò impercettibilmente le sopracciglia e sorrisi, avvicinandomi a lui, alzandomi in punta di piedi per lasciargli un bacio al lato delle sue labbra.
Quando feci per andarmene mi voltò dal braccio, posando le sue grandi mani intorno al mio volto e mi baciò con trasporto.-Devo...andare a lavoro- dissi, mentre cercavo di staccarmi da lui a malincuore.
-Io sto lavorando- mi disse a fior di labbra, facendomi sorridere e farlo spostare e appoggiarlo di spalle alla porta, vedendolo guardarmi con un sopracciglio alzato.
-William Sherlock Scott Holmes, io devo andare a lavoro- dissi battendo più volte le mani sul suo petto. Sbarrò gli occhi alla pronuncia del suo nome completo.
-Come diavolo hai saputo il mio nome completo?!- borbottò furioso, seguendomi per tutta casa. Continuai a ridere sotto i baffi, mentre mi avvicinavo alla porta.
-John questa volta mi sentirà!- tuonò rimanendo con le braccia conserte dentro casa.
-A dopo Holmes- dissi entrando in macchina, vedendolo poi osservarmi e accennare un sorriso prima che io partissi.
La giornata procedeva tranquilla, mentre vidi suonare insistentemente il mio telefono: Papà.-Dimmi pà- dissi mentre continuavo a lavorare al mio pc.
-Vieni in ospedale- disse velocemente. La sua voce era alquanto preoccupante.
-Perché, papà?- chiesi fermando le mani che stavano scrivendo sulla tastiera a mezz'aria.
-Sherlock è in ospedale, vieni- disse per poi chiudere la chiamata.
Scattai in piedi, presi velocemente il telefono la borsa e il cappotto, senza dare spiegazioni a chi mi urlava dietro richiamandomi.
Entrai in macchina buttando tutto sul sedile affianco a me: il rombo della macchina, le ruote che fischiavano e i clacson incessanti a darmi fastidio.
Arrivai in ospedale in tempo record: 7 minuti e 8 secondi precisi.-Dov'è?- chiesi soltanto appena vidi mio padre arrivare verso di me.
Mi fece cenno con il capo verso la stanza e come un fulmine entrai, vedendolo lì, steso con un lenzuolo e dei tubi che andavano nella sua bocca.
Rimasi ferma davanti alla porta, ormai chiusa alle mie spalle, a guardarlo.
Vidi la sua mano andare verso la sua bocca e staccarsi il tubo.-7 minuti e 8 secondi, hai la minima idea di quante regole stradali hai appena infranto?-
Sherlock si sedette con l'aiuto di un piccolo telecomando alla sua destra, osservandomi con precisione.
Buttai a terra con rabbia la borsa, sedendomi alla sedia lontana dal suo lettino, accavallando la gamba destra sulla sinistra.-Sei arrabbiata- disse Sherlock con calma disarmante, mentre continuavo a fulminarlo con lo sguardo.
-Arrabbiata è un eufemismo: sei furiosa e se potessi incendiare con il tuo sguardo, l'intero edificio sarebbe in fiamme adesso- sentenziò toccandosi il braccio, distogliendo il suo sguardo da me.
-Parla, Holmes.- dissi con voce ferma, mentre mi mettevo a braccia conserte e continuavo a guardarlo più che incazzata nera.
Alzò il capo e sbuffò, guardando verso la finestra.-Che diavolo è successo?!- sbottai vedendolo ignorarmi.
Si voltò e mi osservò, pugnalandomi con quel suo sguardo chiaro come il cielo.-Una macchina mi ha investito- disse facendo spallucce, chiudendo gli occhi e respirando a pieni polmoni.
-Sai mentire meglio di così, Holmes- dissi alzandomi dalla sedia, diretta alla porta.
-Audrey Annabelle Watson, ritorna dov'eri- disse con voce dura e dittatoriale.
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His Daughter
FanfictionE se non fossero i casi ai quali lui sta cercando di ricavare una risposta, ma sta cercando di risolvere un caso più difficile? Un caso che ha un nome e una vita propria: Audrey. 02 Dicembre 2016 #34 in azione 04 Dicembre 2016 #30 in azione 14 Dicem...