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Avevo ben 30 chiamate perse da parte di Sherlock: stava diventando una specie di gabbia la situazione in cui eravamo immischiati per l'ennesima volta.

Più cercavo di scappare, più la gabbia si restringeva su di me.
Ormai avevo preso la decisione e non potevo tornare indietro.

-Che diavolo vuoi?!- urlai rispondendo all'ennesima chiamata di Sherlock.

-Posso sapere dove diavolo sei?!- mi urlò adirato.

Feci una smorfia, sentendolo urlarmi in quel modo nell'orecchio.
Rimasi ancora in silenzio, mentre stringevo tra le mani il volante della mia auto.

-Quando ritornerai a casa? Mi manchi...- mi chiese debolmente, dopo un paio di minuti di silenzio, abbassando di un bel po' il suo tono, facendomi fare fatica persino a capirlo.

Mi addolcii sentendolo così triste al telefono e mi morsi un labbro.

-Arrivo- dissi velocemente chiudendo la chiamata.

Misi la prima, sgommando e andando verso casa.
Aprii la porta di casa, salendo le scale, con un silenzio tombale a farmi da compagnia insieme agli scricchiolii dei gradini sotto i miei piedi.

Salii le scale lentamente, ritrovandomi poi Sherlock all'entrata della nostra stanza, aspettarmi sulla soglia della porta.

-Dov'eri?- mi chiese glaciale.

-In giro- risposi vaga, posando la borsa all'attacca panni.

Attimi e mi sentii avvolgere da un paio di braccia, le sue.
Debolmente ricambiai l'abbraccio, vedendolo staccarsi e rimanere con le mani sulle mie spalle a osservarmi.

-Cosa hai fatto?- mi chiese con tono accusatorio.

-Non potevo andare avanti, Sherlock. Sarebbe stato un'ulteriore fattore di pericolo, per entrambi- cercai di spiegare, ma mi guardò deluso, aggrottando le sopracciglia e staccando lentamente la mani dal mio corpo.

-Hai rinunciato a nostro figlio- mi sputò con tono duro.

-Nostro figlio?! Chi credi l'avrebbe protetto? Io! Chi credi l'avrebbe cresciuto tutto il tempo? Io! Pensi davvero che saresti stato un padre presente nella tua vita poco sana, sicura e sempre piena di pericoli?! A stento riesci a stare con me, figuriamoci con tuo figlio!- gli urlai contro, indicandolo.

Vidi il suo sguardo vagare per la casa, come se fosse spaesato per poi vederlo annuire debolmente, mentre sentivo le lacrime rigare il mio volto.

-Credi che per me sia stato facile?- sussurrai abbassando lo sguardo, chiudendo gli occhi, facendomi forza.

-Perdere un figlio o meglio, abortire, porta a vari scompensi fisici, psicosomatici e psichici: stati d'ansia, abuso di farmaci o droghe, rimorso, vergogna..-

-Sherlock non ti ho chiesto una referenza sui problemi dopo un aborto!- gli urlai contro furiosa.

Sempre con quel solito tono glaciale, superiore e da saputello.
Mi voltai, mettendomi le mani nei capelli, più che stressata.

-Non osare dire una parola di questa cosa a mio padre, o giuro Holmes, non rivedrai la luce del sole- dissi poi voltandomi, fulminandolo con lo sguardo.

-Nei sintomi post aborto ci sono anche istinti suicidi-

-Sherlock, il solo istinto che ho adesso è quello di commettere un omicidio- dissi guardandolo, mentre lo vidi sorridermi freddamente.

-Sistema le cose o le sistemerò a modo mio- dissi prendendo il mio cappotto, uscendo di nuovo dalla casa, lasciando lì Sherlock a osservarmi mentre me ne andavo dalla nostra 'casa'.

Dopo quella nostra bellissima chiacchierata, rimasi per qualche settimana a casa di mio padre che non fece domande.

Mi dedicai più che altro al piccolo John, cercando di staccare un po' la testa dal lavoro e da Sherlock.

Non lo sentivo più, non lo chiamavo più ma ogni volta ricevevo qualche suo messaggio.

-Sei pelle e ossa- sentii una voce alle mie spalle, ritrovandomi ad osservarla tramite lo specchio posto al muro nella stanzetta del piccolo John, il quale stava giocando tranquillamente.

Sorrisi sarcasticamente a quell'affermazione.
Mi avviai in cucina, guardando per un po' fuori dalla finestra.

-C'era anche la perdita peso nella tua lista di sintomi post aborto?- dissi voltandomi a guardarlo a braccia conserte.

Appena i nostri sguardi si incrociarono, lui spostò lo sguardo, quasi non riuscisse nemmeno a guardarmi più in faccia.

-Faccio così ribrezzo da non guardarmi più in faccia? Wow- dissi ridendo, trattenendo la mia rabbia mista alle lacrime.

-Non riesco più a guardarti perché sei cambiata, Audrey!- disse urlandomi contro, guardandomi in volto, mentre lo vedevo che soffriva nel vedermi così.

-Non sono cambiata, sono solo il prodotto della vita che vivo- dissi sorridendogli amaramente.

His DaughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora