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-A cosa si riferisce, Audrey?- ancora mille brividi. Scossi la testa, per poi incamminarmi nell'obitorio, raggiungendo mio padre, sempre affiancata da Sherlock.

-Causa della morte?- chiese Sherlock, facendomi sussultare da dietro le mie spalle.

-L'hanno strangolato, dissanguandolo successivamente- spiegò mio padre, levandosi i guanti. Mentre mio padre levava i suoi guanti, Sherlock se ne infilava un paio, iniziando a toccare ed esaminare il corpo.

-Signorina Watson ha per caso subito un abuso?- rimasi scioccata da quella domanda.

-Sherlock!- urlò mio padre, guardando male l'amico, che si fermò e alzò lo sguardo prima verso mio padre, poi verso di me.

Non risposi e questo bastò a Sherlock come risposta.

-Quello che immaginavo. Ne vuole parlare?- continuò, cercando un qualche dialogo. Scossi la testa e mi avviai fuori dalla stazione di polizia.

-Audrey! È vero quello che ha detto Sherlock?- mi chiese fermandomi John. Non riuscivo a guardarlo negli occhi, rimanendo davanti a lui a braccia conserte.

-Oh mio dio...- disse mio padre stringendomi a sé. Capì che non avevo voglia di parlarne e che era un tasto da non toccare, ma per qualcun altro non fu così.

-Stasera ho un appuntamento. Non litigate come al solito- questo era stato il consiglio di mio padre ad entrambi, mentre eravamo seduti sulle rispettive sedie del saloncino, mentre io facevo qualche ricerca sul portatile e Sherlock aveva le mani vicino al volto come a pregare, assorto nel suo mondo immaginario.

Appena mio padre fu fuori casa, Sherlock posò le mani sulle sue gambe e si voltò ad osservarmi.

-Ti stai chiedendo da cosa l'ho dedotto, eh?- chiese con aria superiore, con un sorrisetto in volto.

-Non mi interessa, sinceramente- dissi continuando la mia ricerca sul portatile sulle mie gambe.

-Il tuo sorriso è finto: celi sempre un'aria un po' malinconica; quando ti guardi intorno hai sempre uno sguardo triste o perso, alle volte perfino assente, sintomo di un qualche trauma accaduto in precedenza. Ti fidi molto poco delle figure maschili, tranne di tuo padre il quale, nonostante tutto, non ti ha mai deluso. Penso che l'abuso che tu abbia subito è stato da parte di qualcuno che amavi davvero tanto, che ti ha sconvolto così tanto da cambiare radicalmente- disse.

-Hai finito?- dissi chiudendo con forza il portatile sulle mie gambe. Annuì, soddisfatto.

-Sa invece cosa vedo osservando lei? Una persona sola, che non ha mai amato né provato realmente a farlo. Una persona che si eccita quando ha un caso dove persone perdono la vita o peggio ancora, casi come quelli psicopatici di Moriarty, che è più pazzo di lei. Ognuno mostra ciò che vuole, quello che non viene mostrato è solo l'altra parte della medaglia, Sherlock- dissi alzandomi, poggiando il portatile sul tavolino.

-Quindi la mia teoria era esatta- disse in tono ovvio.

-Sì era giusta, contento?- ero molto irritata dal suo comportamento e dalla sua superiorità che tanto vantava, facendomi innervosire di più.

Continuò a fissarmi, come se mi stesse scrutando nell'anima con quegli occhi che sembravano rispecchiare il mare in bufera.

-Ho provato l'amore...una volta- disse per poi guardare fuori dalla finestra, alzandosi.

-E' qualcosa che non capisco, qualcosa a cui non riesco a dare una spiegazione- disse per poi voltarsi ancora verso di me.

-Questo perché è lei a non volerlo- dissi facendo qualche passo verso di lui, che ormai era in piedi, a braccia conserte.

Esitai prima di alzare la mia mano e avvicinarla lentamente al suo volto: lui seguì ogni mio movimento, con un'espressione dubbiosa e incuriosita in volto.
Appena appoggiai la mia mano sulla sua guancia, liscia e calda, chiusi gli occhi, respirando a pieni polmoni.
Appena sentii la sua mano sulla mia e stringerla tra la sua, sbarrai gli occhi dalla sorpresa: osservava con minuziosità le nostre mani unite, lontane dal suo volto, con quasi...dolcezza?

His DaughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora