Era la fine, Anton ne era certo. Avrebbe cessato in quel modo di vivere. L'enorme bestia che poco prima era uscita dal bagno e l'aveva seguito al piano di sopra della casa dei suoi nonni, l'avrebbe fatto a pezzi.
Poi si fermò a riflettere. Che cosa aveva detto Tulum? Il passato non poteva essere cambiato, ma solo modificato. Se adesso fosse morto, se il suo corpo fosse stato sbattuto per terra e lui non si fosse più alzato, il futuro sarebbe cambiato. Se il sogno dove adesso si trovava aveva per protagonista la parte infantile di lui che aveva avuto modo di crescere allora qualcosa stava per succedere. Doveva succedere.
E successe.
La porta dietro di loro si spalancò di colpo e il viso del piccolo Anton fece la sua comparsa dalla soglia. Anton si voltò a guardarlo con gli occhi sbarrati che quasi lacrimavano. Cosa sarebbe successo adesso?
- Perché gli fai del male, nonno? Lui è mio amico -disse il bambino.
Nonno? Suo nonno non c'era più, al suo posto c'era quella bestia che di umano non aveva più nulla. Aveva mani artigliate, pelle squamata sotto cui pulsavano vene bluastre e una stazza che rasentava quasi i due metri.
- Mettilo giù.
Seguì qualche istante di silenzio, istante in cui Anton pensò seriamente che la bestia avrebbe aperto le fauci e fatto di lui il suo pranzo, o la sua cena. Questo però non accadde e gli dette la forza di voltarsi per guardare in faccia la sua sorte.
Quello che vide lo stupì non poco. Di fronte la bestia era scomparsa, niente di tutto ciò che aveva visto era più presente. Le fattezze erano tornate normali, il colore della pelle tornato rosa, l'alito pesante era sparito e i suoi piedi erano tornati magicamente a toccare quasi terra. C'era suo nonno davanti a lui, proprio come aveva detto il bambino, ma il cipiglio del suo volto non era cambiato. Voleva delle spiegazioni.
Le dita delle mani si aprirono e Anton cadde rovinosamente a terra.- Non avevo visto male allora. C'era qualcuno in casa!
- Senta io... -cominciò Anton.
- Non azzardarti ad aprire bocca! Sei in casa mia! Chi sei? Chi ti ha mandato? - gridò l'uomo prendendo nuovamente il ragazzo per il collo.
- Sono...
Le parole morirono in bocca al ragazzo. Non poteva certo dire sono tuo nipote e vengo dal futuro, più o meno tra vent'anni! A quel punto gli avrebbe quasi sicuramente torto il collo. Doveva inventarsi qualcosa.
- Sono il nuovo educatore! Non mi faccia male! - disse il ragazzo gettando un'occhiata di sfuggita al bambino.
- Nuovo educatore? - disse il nonno allentando la presa.
- Si, sono il ragazzo che ha mandato la scuola per aiutare il piccolo Anton a fare i compiti quando i suoi genitori non ci sono.
Dopo un ultimo sguardo di traverso l'uomo lo lasciò andare.
- Nessuno mi aveva detto nulla. Sua madre ha lasciato il bambino da noi come fa sempre e siamo noi che ci occupiamo di lui.
- Beh, adesso ci sono io, è un accordo che è stato fatto con la famiglia qualche mese fa e attivato solo da poco, quindi adesso mi faccia alzare. Mi deve delle scuse.
Il piccolo Anton seguì quel breve scambio tra il ragazzo e suo nonno in completo silenzio, spostando lo sguardo da uno all'altro.
Anton si rialzò facendo finta di togliersi della polvere dai vestiti. I pavimenti, se le abitudini di sua nonna non erano ancora cambiati, erano perfettamente puliti.
- Ha ragione, le chiedo scusa. Spero che questo non influisca sull'opinione che la scuola ha della famiglia del piccolo. Mi dispiacerebbe non poco.
- Certo che no, non sono questi i parametri che fanno cambiare la nostra opinione, ma da adesso in poi pretendo la massima serietà, soprattuto nei modi - disse il ragazzo sottolineando quanto appena detto facendo passare una mano sul suo collo.
- Può starne certo.
La situazione sembrava per il momento sotto controllo. La bestia che prima si era impossessata dell'uomo sembrava essersene andata.
- Allora Anton? Che ne dici di concentrarci su qualche attività eh? Possiamo fare i compiti e possiamo andare a prenderci un bel gelato, prima che la nonna torni!
Gli occhi del bambino sembravano illuminarsi alla sola idea di avere un cono tra le mani e iniziò a saltare di gioia, prima di prendere il ragazzo per mano.
- C'è qualcosa che posso fare per lei? - chiese il nonno?
- Si, c'è. Potrebbe farsi da parte e lasciarci andare in soggiorno.
Forse le parole appena pronunciate erano di troppo, ma erano quelle che di getto uscirono dalle labbra di Anton, era giusto che quell'uomo capisse che non poteva avere sempre il controllo. Il ragazzo doveva comprendere che cosa gli era apparso davanti, che cosa lo aveva rincorso per le scale, in che cosa si era trasformato quell'uomo, ma soprattutto come aveva fatto a scomparire di punto in bianco.
Anton si mosse e spostò gli occhi dal bambino, che adesso sembrava così entusiasta, a quelli dell'adulto. In quelle iridi scure il ragazzo vide qualcosa, un bagliore rossastro, qualcosa di oscuro e di cattivo, che sembrava non aspettasse solo che un'altra occasione per tornare a galla.
Mano nella mano con il bambino scese nuovamente le scale, deciso a fingere, deciso a recitare la parte di una persona che non era e che non sarebbe mai stata. Decise di farlo unicamente per un motivo, aveva bisogno di passare più tempo con la sua parte bambino, per rivivere la sua vita attraverso il ricordo, per ritrovare il suo modo di pensare in quegli anni passati.
E capire.
Capire fino a che punto quello che aveva intuito avesse inciso sulla sua vita.Fine parte sesta.
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La stanza di vetro
Короткий рассказCosa accade quando Anton scopre di essere prigioniero di una stanza dalle pareti di vetro infrangibile? Dove si trova? Quale colpa deve espiare? Chi lo tiene prigioniero?