Un rumore metallico giunse alle orecchie di Anton. Cos'era non seppe riconoscerlo. Un rumore lontano, indistinto. Una porta che sbatteva forse. Il suo corpo era rigido. Rigido e freddo a contatto con la terra. Aprì gli occhi e le mani di fronte a lui poggiavano su di un materiale duro. Non era plastica. Non era metallo.
Era vetro.
Cercò di muovere i muscoli ma il corpo continuava a non rispondere, intimorito da chissà che cosa. I suoni continuavano ad affollare quel luogo. Una sorta di brusio continuo, indistinto, impossibile da decifrare. Lentamente le dita delle mani si spostavano su quel pavimento lasciando tracce d'impronte digitali.
Anton strinse gli occhi facendo forza sulle braccia. Immediatamente un dolore lancinante gli attraversò il corpo, facendogli digrignare i denti. Nonostante questo riuscì a voltarsi. Adesso era la schiena a poggiare su quello spesso vetro.Che stanza era mai quella? Aveva dormito? E poi perché una stanza di vetro? Mai vista una stanza come quella. Sembrava un posto fuori dal tempo. Intorno a lui non vi era nulla, nessun mobile, nessun oggetto, niente a cui potesse aggrapparsi. Da dove proveniva allora quella porta che poco prima era convinto di aver sentito chiudersi? Il soffitto, a farci caso, aveva una sorta di scanalatura, una orizzontale e una verticale. Un simbolo, una lettera. Una T. Il carattere utilizzato era uno di quelli di default dai computer, il Times New Roman, un carattere leggibile dal tratto antico ma allo stesso tempo moderno.
Una T sul soffitto come una firma. Anton stese le braccia e le dita afferrarono un pezzo di carta che prima non aveva notato. Portandolo vicino agli occhi riuscì a leggere ciò che vi era scritto sopra:
"Questa sarà la tua prigione. T."
Ecco svelato il significato della lettera sul soffitto. Quell'iniziale apparteneva a qualcuno. Forse alla stessa persona che l'aveva messo in quella stanza. Qualcuno che per qualche motivo aveva decretato che quello doveva essere un posto da cui non sarebbe più uscito.
Un improvviso tremore iniziò a scuotere l'intera struttura, come un terremoto. Poi una botola si aprì sul soffitto, i cui contorni sembravano combaciare perfettamente col materiale trasparente, proprio al centro della lettera T. Una scala in metallo scese dalla buca. Nell'ordine comparvero un paio di scarpe argento, delle gambe fasciate in stretti jeans bianchi in coordinato a una camicia dello stesso tipo, e il volto di un individuo celato dietro una maschera di vetro smerigliato. I tratti di quel viso erano confusi.
Anton fissava il nuovo venuto. Abbigliamento moderno unito a un accessorio utilizzato in bel altre situazioni, diverse da quelle della prigionia. Alto all'incirca un metro e novanta, visto da terra, incuteva un certo timore. Dritto, pettinato e dall'aria seria non lasciava presagire niente di buono.
- Salve Anton. Io sono Tulum e questa è la stanza dove vedrai materializzarsi la tua più grande paura...
Anton era senza parole. Pietrificato. Non sapeva che cosa rispondere a quella figura che sembrava scesa dal cielo nel bel mezzo del nulla.
- Non so niente di questo posto. Dove mi trovo?
- Conosci bene questo posto. Non è facile da comprendere, ma questa è la tua mente.
- La mia mente? - disse Anton ritrovando la sensibilità nella parte superiore del corpo e mettendosi seduto.
- Le pareti sono trasparenti e fatte di vetro perché questa è la consistenza dei ricordi. Sei qui per dare nuovo spazio a ciò che hai dentro.
Anton lo fissò incredulo.
- Non c'è tempo da perdere. Dobbiamo iniziare il processo di regressione prima che sia troppo tardi! - disse Tulum battendo i tacchi delle scarpe.
Improvvisamente ci fu un click e Anton sentì la propria testa scoppiare.
Fine parte prima
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La stanza di vetro
Historia CortaCosa accade quando Anton scopre di essere prigioniero di una stanza dalle pareti di vetro infrangibile? Dove si trova? Quale colpa deve espiare? Chi lo tiene prigioniero?