Capitolo 43

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A me e Dan era stato lasciato l’incarico di chiudere il negozio; Steve era partito per fare una visita ad alcuni parenti. Le mie dita si mossero come al solito tra gli album, mentre li risistemavo in ordine alfabetico. Era un lavoro a cui ero abituata, i clienti rimettevano spesso le custodie al posto sbagliato nella fretta. Il piano terra del negozio era completamente vuoto, Dan stava ricontrollando e classificando gli ordini nella camera sul retro. Quando il rumore della porta d’ingresso che si apriva risuonò nella stanza non ci feci molto caso, prendendo un altro album per spostarlo. Tirai indietro alcune ciocche di capelli, liberando il mio campo visivo. “Mi scusi, siamo chiusi!” avvertii chiunque fosse dietro di me. Strisciai un po’ più in là lungo la corsia, cercando la sezione della “T”. Ma le mie orecchie udirono distintamente dei passi pesanti che si facevano sentire sopra le note della canzone in riproduzione in quel momento. Una strano presentimento si impossessò del mio corpo. Era una sensazione particolare, qualcosa mi diceva che chiunque fosse non aveva intenzione di andarsene. “Ciao, bella”. Caddi in preda al panico. Il saluto normalmente provocava un formicolio lungo tutto il mio corpo, quando quelle parole roche venivano pronunciate da un ragazzo dai capelli ricci. Il mio labbro inferiore iniziò a tremare mentre il mio stomaco cedette. Il rumore della plastica mi fece sobbalzare, l’album che tenevo in mano cadde a terra ai miei piedi. Portai alla bocca la mia mano tremante, cercando di nascondere il respiro mozzato che usciva dal mio corpo in singhiozzi. Riuscivo a percepire il calore emanato dalla presenza alle mie spalle. Non era Harry. Rimasi immobile, ma il mio polso fu afferrato e venni fatta girare da un lato rudemente. Le mie paure trovarono conferma quando mi trovai a fissare l’uomo che Harry aveva sconfitto sul ring. Non avevo speranze. Usava a suo vantaggio la sua figura minacciosa, intimidirmi era il suo obiettivo mentre stava in piedi estremamente vicino a me, mettendomi a disagio. L’inchiostro nero che formava spirali sul suo braccio era il tratto distintivo che aveva attirato la mia attenzione in precedenza quella settimana. Non avevo alcuna voglia di rimanere sola con quell’uomo. Tutto ciò che volevo era Harry. “Non sei felice di vedermi, Bo?” sorrise Scott. La curva delle sue labbra era inclinata in modo sinistro, era agghiacciante; provocò dei brividi sulla mia pelle. “Vaffanculo” dissi di getto, liberandomi il braccio con uno strattone. Scott rise di gusto alla mia debole minaccia. “Che piccola petulante” mi schernì. I suoi occhi marroni si spostarono improvvisamente sul mio petto. Fui invasa dal disgusto, credendo che stesse fissando la pelle lasciata scoperta dal mio top scollato; ma fui colta di sorpresa quando le sue dita raggiunsero la catenella intorno al mio collo. Il mio sguardo spaventato esaminò lo spazio che mi separava dalla porta, una via di fuga che sembrava diventare gradualmente del tutto impraticabile. Harry si trovava a meno di dieci minuti di distanza. Se avessi corso, sarei potuta arrivare lì in cinque. “Questa è sua?” chiese Scott inclinando la testa. La sua domanda riportò la mia attenzione all’uomo che incombeva su di me. Strappai protettivamente il ciondolo dalle sue mani viscide, rimettendolo al sicuro infilato nel mio top. Sembrò trovare divertente il mio gesto. “Forse potrei restituirla a Harry… qualcosa che possa tenere come tuo ricordo, hmm?”. La sua voce si abbassò mentre pronunciava le ultime parole. Indietreggiai in preda al terrore, ma mi scontrai contro un espositore. Il cuore mi martellava nel petto, la mia mente lavorava alla massima velocità. Scott aveva intenzione di uccidermi. Capii rapidamente che il luogo non era stato scelto a caso, Scott sapeva che Harry sarebbe stato distrutto dal pensiero di essere stato così vicino ma non aver avuto idea degli orribili eventi che stavano accadendo solo qualche marciapiede più in là. Ero sicura che l’uomo fosse a conoscenza dei nostri accordi; forse avrebbe prolungato la sua tortura fino a quando Harry sarebbe venuto a prendermi a lavoro. Voleva mettere fine alla mia vita davanti agli occhi del ragazzo che amavo. Il sorriso di Scott era nauseante, si stava divertendo, trovando piacere nella paura che mi stava provocando. I miei pensieri confusi andarono a Hayley. Come poteva qualcuno pensare di avere una relazione con l’uomo disgustoso che in quel momento mi mi teneva inchiodata con lo sguardo? Il braccio di Scott scattò in avanti quando cercai di fuggire di corsa. La lunghezza dei miei capelli ondulati scuri si avvolse fortemente intorno alla sua mano, mentre me li tirava rudemente causando un pianto soffocato. Il gesto mi mise in agonia, mentre la mia fragilità diventava ancora di più uno svantaggio. “Grida per me, piccola” disse Scott tetramente, con un sorrisetto sulle labbra. “Voglio che Harry sappia che gli hai chiesto aiuto urlando… volevi che ti salvasse”. Le lacrime scendevano sulle mie guance, le mie mani si strinsero sul suo polso mentre premeva forzatamente la mia schiena sul suo petto. Usò i miei capelli come appiglio, inclinandomi la testa da un lato mentre la sua si chinò giù. “Fai la brava. Voglio sentire che lo chiami urlando” sussurrò Scott come incoraggiamento. Non avevo intenzione di obbedire ai suoi ordini. Il potere che aveva Scott era dovuto alla paura e all’intimidazione. Non sarei stata la sua prossima vittima. Invece digrignai i denti, pestando senza pietà il mio piede sul suo. Grugnì infastidito mentre riuscivo a liberarmi, sacrificando le ciocche di capelli rimaste tra le sue dita mentre dolorosamente mi tiravo via dalla sua stretta. Fu come se avessi la testa trafitta da mille spine. Il sorrisetto ironico fece di nuovo la sua comparsa, mentre apparentemente Scott si rallegrava della situazione che si stava delineando. Forse voleva che io opponessi resistenza. “Sarà divertente. Ma diciamo che prima devo scombinare un po’ quel tuo bel faccino, eh?”. In quel momento un’ondata di determinazione si sprigionò dentro di me. Ero stufa di essere fatta sentire sempre sopraffatta fisicamente nel mondo dominato dagli uomini di cui ero diventata parte. Le mie braccia si alzarono rapidamente per difendermi, esattamente come mi aveva insegnato Harry, facendo scudo al mio viso. Scott era sconcertato quanto me quando riuscii ad attutire lievemente il pugno che altrimenti mi avrebbe messa al tappeto. Barcollai all’indietro, ma non caddi. I miei avambracci fremettero al feroce contatto, ma il gesto fu un diversivo sufficiente per permettermi di infliggere qualche danno. I miei piedi erano piantati nel terreno, la figura intimidatrice di Scott che si avvicinava lentamente. Nel momento in cui arrivò a una distanza sufficiente per poterlo toccare, le nocche della mia mano si schiantarono verso l’alto sulla sua faccia, colpendo il suo naso a uno strano angolo. Spalancai gli occhi e mi rimisi in posizione di difesa; sanguinava da entrambe le narici, il sangue scarlatto di Scott gocciolava giù nella parte interna del mio polso. “Brutta puttana!” replicò aggressivamente. Urlai quando il dorso della sua mano mi colpì violentemente il viso, facendomi cadere a terra. Vidi indistintamente i suoi stivali neri che si avvicinavano. Mi spostai rapidamente dalla mia posizione vulnerabile, evitando il calcio diretto verso il mio stomaco. Non sprecai tempo e rotolai via, ignorando il dolore pungente al mio labbro e salendo sul banco della cassa. Il mio corpo scivolò goffamente dall’altro lato del bancone; afferrai un vecchio disco di vinile che giaceva dimenticato da tutti senza la sua custodia. Ero in preda al panico, il mio inseguitore si avvicinava rabbiosamente a me; tesi il braccio all’indietro e gli scaraventai addosso l’oggetto. Non avevo mirato alla faccia, quindi mi sorpresi quando gli provocai un taglio in corrispondenza del sopracciglio destro. La ferita era notevole, il sangue gocciolava giù. Scott si fece sfuggire un’imprecazione. Il mio piano era quello di scappare dal retro e di correre da Harry. Anche se non fossi riuscita a trovarlo, ero sicura di essere al sicuro con i suoi amici che lavoravano con lui alla palestra. Ma prima che potessi precipitarmi fuori il mio braccio venne afferrato rudemente, il mio fianco urtò contro il bancone tra me e Scott. Era completamente sconvolto, mentre inclinava la testa da un lato per sputare il sangue che gli era arrivato in bocca gocciolando dal naso. Il mio labbro pulsava, le braccia già piene di lividi, ma ero messa decisamente meglio di lui. “Bo!”. Girai la testa di scatto; vidi Dan che si affrettava attraverso la porta sul retro con gli occhi spalancati. Mi ero dimenticata che io e Scott non eravamo completamente soli. Vedevo Dan che valutava la situazione in preda all’angoscia, il suo sguardo che andava dal mio viso pietrificato alla mano che mi stringeva il polso. Passarono alcuni secondi confusi e la stretta dolorosa si allentò, Dan mi tirò dietro di lui mentre urlava. “Levati dal cazzo!”. Mi sentivo disorientata, attraverso lo scudo umano che mi stava davanti scorsi Scott che si asciugava il sangue sotto il naso con il dorso della mano. Il suo sguardo ardeva di rabbia, infastidito dal fatto che qualcuno avesse interrotto il suo piano omicida. Il respiro mi rimase in gola mentre continuava a fissarmi. “Faresti meglio a tenere la bocca chiusa” disse Scott digrignando i denti. “O ucciderò anche il tuo fidanzato”.
***
“Chi cazzo era quello?!” la voce di Dan divenne più forte, mentre mi seguiva nella stanza degli armadietti. Erano passati circa cinque minuti da quando Scott se n’era andato. Le mie emozioni erano confuse, non riuscivo a ragionare razionalmente; mi allontanai da Dan in preda alla paura quando mi prese la mano. Mi guardò comprensivo, poi il suo sguardo si spostò verso il basso. “Quello è il tuo sangue?”. Provai solamente disgusto quando mi accorsi del liquido rosso che si era seccato sulla mia pelle. Stesi le mani di fronte a me, rigirandole frettolosamente da tutti i lati. Era il sangue di Scott. Mi sentivo sporca. “Aiutami a lavarmi” dissi con voce tremante, incespicando nella porta del bagno. “Dan!” chiamai disperatamente. Mi raggiunse in un secondo, arrotolandomi le maniche e guidando le mie mani in corrispondenza del rubinetto. Stetti in piedi a singhiozzare mentre mi strofinava per pulirmi con acqua e sapone nel piccolo bagno. Il getto freddo provocò brividi sulla mia pelle già congelata. Dan prese una tovaglietta e asciugò delicatamente l’umidità. Alcune gocce luccicavano ancora sulle sue mani mentre avvicinava la destra cautamente al mio viso. Inclinò il mio mento verso l’alto, il suo pollice sfiorò l’area segnata sulla mia guancia; sicuramente sarebbe comparso un livido. “Per favore non farlo” sobbalzai. Il mio labbro tagliato era dolorante, sapevo che sarebbe stato un sacco di tempo a guarire. Ma la mia attenzione fu distolta dalla sensazione pungente mentre le dita tiepide di Dan si richiudevano cautamente intorno alla mia mano. “Aveva a che fare con Harry, vero?” Dan fece una pausa. “Quello che ti ha fatto quel tizio, è stato a causa di Harry”. Sapevo già perfettamente che Dan disapprovava. Loro due si odiavano. “Devi dirglielo” disse improvvisamente. “No” scossi la testa vigorosamente. “Scott ha detto…” la mia voce si affievolì, non avevo il coraggio di terminare la frase. L’espressione di Dan si indurì mentre mi fissava, la testa si chinò più in basso al livello della mia. Il suo respiro caldo si infranse sul mio viso e non ebbi altra scelta che sostenere il suo sguardo. “Lui non va bene per te, Bo. Finirà per ferirti a causa di ciò che è… Harry è pericoloso”. “No” trasalii. Le mie dita sgusciarono via dalle sue mentre mi rifiutavo di accettare le sue parole. Si aspettava che lasciassi Harry? Percepii la frustrazione di Dan, che mi raggiunse prima che potessi tirarmi indietro. “Per l’amor di Dio, Bo. Guarda la tua faccia”. Sospirai avvilita mentre le dita di Dan si avvolgevano ancora una volta intorno al mio mento, inclinandomi la testa verso lo specchio. Mi sconvolse vedere l’immagine della ragazza a pezzi davanti a me. I mei occhi lacrimavano, cercando disperatamente di trattenere le lacrime che minacciavano di uscire. Il taglio sul labbro inferiore era fresco, sangue rappreso macchiava l’area circostante. La mia guancia era rosea, ma si potevano vedere alcune tracce scure impresse sulla pelle. “Vedi cosa ha provocato?”. La mia piccola mano strinse la sua, tirandola via. Non avevo intenzione di stare là a sentire i suoi rimproveri. Ne avevo abbastanza. “Smettila!” piansi, sorprendendoci entrambi. “Tu non sai niente!”. Dan sembrò sconvolto dalla mia reazione improvvisa, io tornai nella stanza degli armadietti. Raccolsi frettolosamente la borsa, ravviandomi i capelli sulle spalle e oltrepassando rapidamente la porta sul retro. “Bo!”. “Puoi chiudere” dissi con calma prima di uscire velocemente. 
***
Sobbalzai quando il mio cellulare cominciò a vibrare; rovistai nella borsa ed estrassi l’apparecchio. La mia testa guizzò improvvisamente da un lato, una sagoma aveva attirato la mia attenzione. L’anonimo giovane ragazzo continuò a camminare lungo la parte opposta della strada mentre trassi un profondo respiro. Il mio livello di ansia era salito alle stelle, trovavo il compito di attraversare la strada abbastanza difficile. Provai a tenere la testa bassa, portandomi i capelli ai lati del viso per cercare di nascondere il livido sulla mia guancia. Premetti il bottone verde, accostandomi il telefono all’orecchio. “Ciao, bella”. Involontariamente sospirai in preda all’angoscia, contraendo il petto. L’ultima persona a salutarmi con quelle parole aveva sfogato la sua rabbia sul mio viso. “Bo? Piccola, stai bene?” il suo tono roco era confuso. Soffocai il singhiozzo che tentava di uscire. “S-sto bene” lo rassicurai in modo poco convincente. Harry tacque per qualche secondo, valutando la mia risposta prima di continuare. “Non vedo l’ora di vederti”. Potevo percepire il suo sorriso anche attraverso il telefono. Il suono della sua voce aveva già cominciato ad agire magicamente sui miei nervi. “Va ancora bene se ti passo a prendere?”. Ma i miei occhi si spalancarono rapidamente per il panico, non potevo permettergli di vedermi in quelle condizioni. La minaccia di Scott riecheggiava nella mia testa, non avrei mai permesso a nessuno di fare del male a Harry. Dovevo proteggerlo; e se questo significava nascondergli alcune informazioni, non mi importava. I miei pensieri turbinarono mentre cercai nel mio cervello una scusa credibile, qualunque cosa per mantenere una distanza tra di noi. “N-no, vado… vado a casa di un’amica”. “Oh, ok”. La sua evidente delusione mi spezzava il cuore. “Bene, ti ci posso portare io” suggerì. “No, Harry… Vado a piedi” dissi con calma. Non sapeva che avevo già fatto una drammatica uscita dal negozio. “Sei sicura di stare bene? Sembri contrariata”. Le voci di sottofondo si erano affievolite leggermente, Harry si era allontanato dall’ambiente affollato per parlarmi in un posto più tranquillo. “Non è niente, è solo stata una giornata un po’ stressante a lavoro” mentii, minimizzando completamente tutto ciò che era successo. Non c’era bisogno che sapesse. “E’ stata colpa di quel coglione del negozio?” chiese Harry a denti stretti. “Lo prendo a calci nel culo se ti ha fatta arrabbiare”. Strizzai gli occhi, tipico di Harry. Se avesse visto come era ridotta la mia faccia ero sicura che avrebbe fatto ben più di dare qualche pugno. Il pensiero mi fece venire i brividi. Continuai a camminare, svoltando per continuare il percorso verso casa. “No, non dovrai prendere nessuno a calci nel culo” risi sommessamente. Il mio sorrisetto contrastava con le lacrime che bruciavano sulle mie ferite. “Bene” dalla sua voce traspariva il suo divertimento; cambiò velocemente argomento. “Voglio cucinare per te” Harry fece una pausa. “Beh, dico cucinare, ma intendo prendere il telefono e ordinare al take away. Ma è il pensiero che conta, vero?”. “Mi piacerebbe moltissimo” sorrisi, momentaneamente distratta dalla sua dolcezza prima che il peso della realtà mi crollasse di nuovo addosso. Sobbalzai dolorosamente, guardando il mio riflesso sul vetro della finestra accanto alla porta d’ingresso. “Devo andare, Harry” dissi, lottando per mantenere il controllo. “Ok, parliamo dopo. Ciao piccola”. “Ciao” sussurrai. “Ciao, bella”. Terminai la chiamata, incapace di mantenere ancora la mia apparente facciata di tranquillità. Riuscii a malapena a mettermi al sicuro dentro casa prima di crollare sul pavimento, singhiozzando e portando le ginocchia al petto. Pressai la schiena contro il legno della porta, sfogando la mia paura in lacrime di terrore.

Dark (storia di H28, traduzione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora