Nuvole scure all'orizzonte

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[Colonna Sonora: The Fire and Thunder of Scotland - Albannach ]

Il problema principale dei ragazzi, qui, è la noia.Quei pochi che restano non riescono a farsi bastare un unico pub, la vita tranquilla e sana, il paesaggio mozzafiato: vogliono il brivido, vogliono sentire la vita che li travolge.

Wallace, il nipote di Pat, è la pecora nera della famiglia: non ha voluto aiutare lo zio al pub e nemmeno il fratello nell’attività di pesca. La madre lo aveva spedito per un anno a Glasgow, nella speranza che la vita in città lo avrebbe spinto a crescere; purtroppo, non era stata una mossa felice: il ragazzo era tornato quell’estate, espulso dalla GSA [*Glasgow School of Arts] dopo che aveva dato fuoco all’auto di un insegnante. Da allora, Wallace è diventato ancora più ingestibile: bighellona tutto il giorno, si ubriaca e gira voce sia entrato in una specie di banda dedita a furti, atti di vandalismo e scorribande. In realtà, so che fanno di peggio, ma non ho avuto cuore di dirlo a Pat.

Il tasso alcolico nel pub si è alzato notevolmente, insieme ai decibel. Lachlan, Donald e Fergus hanno preso i loro strumenti e intonato alcuni pezzi folk mentre gli altri li accompagnano battendo mani, boccali e piedi, con voci impastate di alcol, stanchezza e voglia di scrollarsi di dosso le fatiche di una dura giornata di lavoro. Mandy e Lucy, dietro al bancone, spillano birre al ritmo forsennato del Fiddle, sempre sorridenti; Pat ha tirato fuori la cornamusa e si è unito al gruppo.

Io comincio a raccogliere i piatti vuoti, facendomi strada fra la cortina di fumo e le sedie ammassate. Lo straniero se ne sta nel suo angolo, silenzioso osservatore; non ci siamo più parlati dopo che gli ho servito il pasticcio di carne, eppure ho sentito il suo sguardo su di me per tutta la sera – o forse ho voluto sentirlo.

- Eve, vieni a cantare!

- Devo pulire!

- Al diavolo, lo farai domani!

Cedo alle insistenze di Pat e mollo tutto per raggiungerlo; conosco quei brani fin da bambina, quando mio nonno me li insegnava di nascosto, perché non sta bene che una signorina conosca le canzoni di taverna.

Quando Wallace entra, seguito dai suoi amici, nessuno si accorge di lui. Mi sfreccia accanto e si avventa su Pat.

- Sei stato tu! – lo accusa, dandogli uno spintone. Lo zio, che ha superato i sessanta, è un uomo forte e possente ma quel gesto lo coglie di sorpresa e perde l’equilibrio, finendo a terra.

La musica, i respiri, i sorrisi, si sono interrotti. Il punto è che nessuno si aspettava che Wallace avrebbe osato tanto, proprio con Pat che lo ha sempre protetto. Con orrore, vedo che ha estratto un coltello. Non so cosa mi passi per la testa, ma l’istinto è quello di fermarlo

- No! – gli afferro il braccio

- Fatti i cazzi tuoi, stronza – mi spinge a terra, sbatto la testa, per un momento vedo tutto nero. Wallace si muove verso di me, spalleggiato dai suoi amici. -Adesso ti sistemo io. – mi hanno circondata.

Ma dove sono gli altri, perché non intervengono? Da qualche parte una sedia è caduta sul pavimento, fragorosamente; da qualche parte Mandy e Lucy urlano. Un momento dopo lo straniero sta torcendo il braccio di Wallace dietro la schiena. Lo costringe a lasciare il coltello. Uno della banda ha preso una sedia e gliela spacca sulla testa. Lo straniero barcolla e lascia andare Wallace. In pochi istanti il pub si anima: volano pugni, sedie, piatti e boccali. I ragazzini hanno la peggio e battono in ritirata, malconci.

Un’ora dopo io e lo straniero siamo nel retro del locale

- Grazie.- gli sto medicando il taglio sulla fronte che gli ha procurato uno dei ragazzi; Ian ha portato Pat e le ragazze a casa, mentre Keith e Glenn stanno cercando di sistemare almeno in parte il casino, di là.

Mi risponde con un brontolio sordo

- Figurati. Non vedevo l’ora di fare una rissa. Mi mancavano.

Nella penombra della dispensa, afferro il breve fotogramma di un sorriso.

-Non so nemmeno come ti chiami.

- Arthur.

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