LIBRO PRIMOARRIVO IN GIAPPONE
не забывай меня.
Non dimenticarti di me.
Quarto capitolo
Ho scoperto che Kō, oltre ad avere un anno più di me, abita accanto a noi. Questo vuol dire che il ricordo della mia figuraccia mi accompagnerà per tutta la vita. Basti già pensare che le prime ore dalla scoperta di tale notizia le ho passate a chiedergli come potessi scusarmi in modo appropriato, per poi ricevere in cambio solo balbettii e rossori vari.
Strano ragazzino, ecco cosa ho pensato quando l'ho salutato prima di entrare in casa.
Gridando interiormente mi accomodo a tavola, gli occhi stanchi e la nuova divisa già addosso. E' carina, lo ammetto, ma detesto la gonna. Come si può anche scegliere il marrone per la divisa? Come si può anche solo pensare che a una ragazzina pallida come la morte stia bene un colore tanto morto? Io lo detesto, c'è poco da fare.
Sbadiglio, nascondendo uno sbuffo, inzuppo un biscotto nel latte e proprio mentre lo tiro fuori per addentarlo questo si spezza e si rigetta nel liquido caldo. Mi mordo una guancia frustrata, inforcando il cucchiaio pronta alla sua ricerca. Tentare di affogarsi spontaneamente non lo salverà dall'essere divorato.
«Andrai a scuola in treno, da domani» m'informa papà, lasciandomi sorpresa. Fruga nella sua ventiquattrore e ne estrae una tessera anonima. «Oggi ti accompagno così che tu possa imparare la strada.» Me la porge e io, curiosa, me la rigiro fra le mani.
E' una carta plastificata, con molti ideogrammi che mi fanno presumere indichino i miei dati personali e l'anno di scuola che frequento. Accanto, stampataci sopra, vi è una mia foto tremenda. La vedo e rabbrividisco fino alla punta dei capelli.
«Chi l'ha scelta la foto?!» esclamo, avvicinando la tessera al viso di mio padre con uno scatto. Lui abbandona il suo biscotto a mezz'aria e mi fissa stranito, seguito a ruota dalla mamma che si sta accomodando al suo posto.
«Io.»
«Sono rovinata.» Mi passo una mano fra i capelli, dopo aver poggiato la mia condanna sulla penisola. Papà, da buon uomo, sembra non comprendere il perché del mio disagio momentaneo mentre la mamma, da buona e saggia donna, si lancia in una risata che le parte dal cuore.
Vorrei trucidarla con lo sguardo, ma il mio problema passeggero non ne necessita.
Legandosi i capelli lunghi in una crocchia, la mia genitrice si accinge a sorseggiare il suo caffè per poi pronunciare la fatidica frase: «Non è poi la fine del mondo.»
«Certo, come no. E' solo l'inizio della fine della mia nuova esistenza in Giappone» vorrei ironizzare, ma rinuncio. Sarebbe una causa persa in partenza, dopo tutto lei non può capire: è sempre stata bella.
E' sempre stata alta, atletica e non ha mai portato l'apparecchio. Tutto il contrario di me, logicamente. Tento di consolarmi con il vecchio detto che dice che la mela non cade mai lontano dall'albero. Magari per me è ancora troppo presto, il mio corpo deve ancora maturare, posso ancora guadagnare qualche centimetro. Prego Dio perché ciò sia reale.
«Che cosa succede? Io... Io non capisco.»
La mamma allunga una mano e gli stringe le lunghe dita, prima di sorridergli amorevolmente. «Non fa nulla, tesoro. Cose da donna.»
L'uomo rimane imbronciato. Non credo gli vada molto a genio il fatto di non poter apprendere e comprendere questa specie di sintonia che abbiamo io e lei. Ma che ci posso fare io? Se voleva un tipo come questo di legame doveva farmi nascere maschio, oppure lui doveva trasformarsi in donna. Problemi suoi, almeno impara a dare una foto orrenda di me alla segreteria. Impara a lasciare che usino un obbrobrio simile su una carta d'identificazione. Ben gli sta.
«Prendi la cartella, Miele, è ora di andare» nota lui, lanciando uno sguardo all'orologio da polso.
Sospiro, recuperando la dannata tessera dalle mani della mamma che la guarda un'ultima volta e ride. Mugugno contraria e scappo in camera. Afferro la cartella e raggiungo papà all'entrata. La mamma ci saluta con un gesto della mano e riesco a vederla sbadigliare, poi la porta si chiude e la mia nuova vita inizia davvero.
STAI LEGGENDO
Miele
FanfictionMi sarebbe piaciuto essere una di quelle che lui si fermava a guardare per lunghi istanti. Avrei voluto esserla. Ho desiderato per così tante sere di poter stare tra le sua braccia anche solo per poche ore, anche solo per una notte di passione. Non...