Settimo capitolo

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LIBRO PRIMO

ARRIVO IN GIAPPONE


не забывай меня.

Non dimenticarti di me.

Settimo capitolo








«Mi spiace» la sua voce è tanto calda quanto fredda ai miei timpani. Lui forse non si rende nemmeno conto dell'effetto che mi fa, del dolore che mi provoca. «Mi spiace tanto, Miele. Per me tu sei solo un'amica.»

Cosa farò d'ora in poi? Come mi devo comportare con lui, adesso che è venuto a conoscenza della mia infatuazione nei suoi confronti, che mi ha rifiutata? Mi sento un'idiota totale. La verità è che la sono. Maledetta me. Mi sono fatta incastrare da Satsuki, sarei dovuta fuggire più velocemente. Perché le ho permesso di farmi questo? Quale strana legge universale mi ha convinta a darle retta?

Mi sento peggio di una suola da scarpa, e questo è solo un eufemismo. Anche bello grosso direi. Il mio cuore si sta ribellando alle mie insicurezze appena affiorate per non sgonfiarsi, raggrinzirsi e cedere al dolore. Forse dovrebbe farlo, almeno eviterei di tornare a casa e piangere per tutto il girono che rimane, e quello dopo ancora. Sono così imbarazzata che penso che domani non verrò a scuola, magari mi faccio un favore e la cambio anche, non mi importa se si parla di medie. Se questo mi farà stare meglio, penso che cambierò anche prefettura, in modo da non doverlo rincontrare alle superiori.

Mi stanno per cedere le gambe, me lo sento.

Contro ogni mia aspettativa, mi ritrovo ad annuire sorridente. «Stai tranquillo, capisco.» Allontano gentilmente la sua mano dalla mia spalla, riportandola sul pallone da basket che fino ad ora è rimasto stretto tra le mie dita. Dio, la sua pelle è bollente, rigenerante per la mia che, invece, è congelata. Peccato che punga, come se fosse adornata da aghi velenosi.

«Miele, stai bene? Non hai una bella cera. Sicura che...»

Mi hai appena respinta, è logico che non mi senta bene. Non lo capisci da solo? «Sono solo stanca. Davvero.» Recitare. Mh. Potrei farci un pensiero sul fatto che, in futuro, potrebbe essere un lavoro idoneo alla mia figura.

Qualcuno richiama Aomine da lontano, attirando la nostra attenzione. Kise si sta avvicinando, correndo e agitando una mano con quell'espressione idiota in faccia che mi istiga a prenderlo a schiaffi. Scuoto il capo, perché i brutti pensieri mi stanno assalendo come uno tsunami. E non mi piace.

«I-io vado.» Spingo il pallone contro il petto di Daiki, inspirando quanto i polmoni me lo permettono. «Non sforzarti troppo durante gli allenamenti, eh.» Non riesco nemmeno a guardare in faccio il ragazzo che si sta fermando accanto a me. Sorrido solamente come se nulla fosse, raccolgo la tracolla e do le spalle a entrambi, avanzando verso il cancello con la velocità di un fulmine durante un temporale.

Quindi è così che ci si sente, mh. Bella merda. E io che pensavo che gli adolescenti in preda agli ormoni che battono le loro tastiere davanti a un computer esagerassero. Forse mi sbagliavo. Anzi, togliamo il "forse". Mi sbagliavo. Punto.

Non so nemmeno come ho fatto ad arrivare a casa quel giorno, o a mangiare e stare assieme a mia nonna e mio papà come se non fosse successo nulla, ridendo e scherzando. Non so proprio quale essere celeste mi abbia spinto a fare ciò. Sono crollata di sera, sotto le lenzuola, soffocando i singhiozzi mordendo il cuscino e arginando le lacrime serrando le palpebre.

Bello schifo essere adolescenti.

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