Villa Stark

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Negli angoli più remoti e sconociuti delle campagne inglesi, dopo giorni di gloria e avventura, in una villa, vivevano le sorelle Stark.

Il cancello d'entrata, ai piedi di una collina di cui l'unica vegetazione erano erbacce, rovi e foglie secche, era ormai vecchio e arruginito, probabilmente aveva anche lui avuto giorni di gloria, come tutto quello che faceva parte della tenuta.
Sulla colonna di marmo a destra c'era scritto, con lettere di metallo arruginite e polverose, Villa Stark. Risalendo, poi, per il vialetto che conduceva all'abitazione, si potevano ammirare statue d'angeli ingiallite ed erose dal tempo che passava; quei visi, che un tempo erano gioiosi e spensierati, rivolti alla volta celeste, ora sembravano sofferenti e i loro occhi erano rivolti verso il terreno di ortiche ed edere. Quando la casa incominciava ad intravedersi, ci si poteva solo rattristare per tanta bellezza andata in rovina: colonne corinzie circondavano l'imponente struttura di marmo bianco e si vedeva ciò che restava d'un portone di legno pregiato. Da più vicino, si vedevano le finestre, un tempo luminose e splendenti, ora ingiallite e polverose e le tende logore che davano a quella casa un senso di chiusura non indifferente.

Questo era quello che pensó Steve Rogers quando si trovó dinnanzi al cancello d'entrata.
"Pensi che il campanello funzioni?" chiese al suo amico James.
"Io non credo, ma tentar non nuonce." rispose James. L'uomo tese la mano verso il campanello che emise uno suono stridulo e forzato.
"Dubito che lo sentiranno." constatò Natasha che intanto era arrivata alle loro spalle.
"Credo propr...Oh, tu devi essere Ludovica!" eclamò Steve porgendole la mano.
"Steve Rogers." disse lui.
"Ludovica Stark." disse lei.
Intanto altri erano arrivati davanti l'ingresso e si stavano presentando cordialmente alla padrona di casa.
"Piacere, James Barnes, ma puoi chiamarmi Bucky." si presentò anche James, l'amico di Steve, e quando porse la mano alla ragazza entrambi avvertirono uno stranissimo brivido lungo la schiena.

"Entrate pure." e detto questo la padrona di casa lasciò passare i tantissimi ospiti che erano appena arrivati.
"Francesca?" chiese Katniss Everdeen, la ragazza dagli occhi grigio tipici del Giacimento.
"Credo sia alle prese con qualche progetto dei suoi." e Ludovica fece l'occhiolino a Katniss che, conoscendo bene Francesca, aveva un'idea di quello che avrebbe potuto fare la ragazza.

Ludovica si avvicinò ad una libreria vecchia e strapiena di ragnatele e polvere: afferrò un vecchio volume dei Promessi Sposi e lo tese verso il basso. La libreria sparì in meno di un secondo e al suo posto comparve un immenso laboratorio con le tecnologie più avanzate del tempo. Più in fondo vi era una ragazza di altezza media, con dei lunghi capelli color menta, alle prese con delle provette. Bisbiglia tra se e se formule e di ogni tipo, ogni tanto annotava parole e numeri su un taccuino e a volte diceva cose come "stupefacente!" oppure "meraviglioso!".
Tutto a un tratto una provetta le scoppiò in faccia facendola riempire di fuligine.

"Non sei cambiata affatto!" esclamò Katniss "Sempre la solita pasticciona!" aggiunse. Infatti era proprio così, Francesca era una ragazza buffa e impaccita che si nascondeva dietro la corazza di una superdonna senza difetti.
"Katniss!" urlò la ragazza lanciando le provette che teneva in mano alle sue spalle. Il suo viso era completamente nero e a guardarla aveva tutta l'aria di una che era appena uscita dal cunicolo di un camino.
Le due ragazze si salutarono, poi Francesca, come se si fosse appena ricordata di ciò, si pulì il viso com uno straccio trovato li vicino. 
"Piacere a tutti, io sono Francesca." disse la ragazza squadrando tutti i presenti. Si soffermò un pò di più Steve e su qualche altro viso che le sembrava familiare, ma poi arrivò il momento di incrociare gli occhi Clark Kent, Superman.
"Clark." disse Francesca mantenendo il contatto visivo con l'altro.
"Francesca." disse lui. I due continuarono a sfidarsi con lo sguardo finché Katniss non intervenne con una domanda che salvò la situazione.
"Allora a cosa dobbiamo questa convocazione improvvisa?". Francesca cercò con lo sguardò sua sorella, Ludovica, che era tutta presa a guardare un ragazzo che, a quanto aveva capito, si chiamava James.

Rinunciò all'idea di poter contare su sua sorella e si avvicinò a un enorme piano pieno di tasti e pulsanti colorati che aspettavano solo di essere spinti.
"Non vi ho convocato qui per una semplice visita." fece un gran respiro "Il mondo é in pericolo." si voltò verso tutti i suoi ospiti.

Delle immagini vennero proiettate in aria. Non fosse mai stato vero. Quello era un incubo. Il Marchio Nero era di nuovo a fluttuare nel cielo.
"Questo non é tutto. Ci sono state moltissime sparizioni di ogetti come pergamene egizie e molti templi sono stati rasi al suolo." la ragazza si morse il labbro. Per ognuno dei presenti ogni parola che pronunciava era come una coltellata al cuore.
"Quando sono avvenuti?" intervenne Hermione Granger, la più grande strega di tutti i tempi.
"Sono circa due settimane che avvengono questi fatti."
"Ma avrebbero dovuto scriverlo sui giornali!" intervenne Natasha. Francesca la guardò come se avesse fatto un'intervento stupidissimo.
"E rischiare di creare scompiglio. I servizi segreti stanno cercando di rimettere tutto a tacere. Il Ministero della Magia é in subbuglio, gli Auror non erano così agitati da anni. Non parliamo poi dell'Olimpo." li la ragazza fece una pausa e si rivolse a Percy Jackson, mezzosangue figlio di Poseidone.
"Se non interveniamo la Terra sarà un campo di battaglia per gli dei." il suo sguardò ritornò alla tastiera.

Il silenzio regnava sovrano in quella sala.
"Questo cosa significa? Dobbiamo prepararci ad una guerra tra mondi?" intervenne Ron Weasley.
"Si." rispose Ludovica. "Forse, Fra, dovremmo mostrargli le loro camere." aggiunse rivolta alla sorella. La maggiore delle due annuii. Ludovica stava mostrando agli ospiti le loro stanze mentre Francesca si era già rinchiusa in camera sua.
"E quella stanza lì?" domandò Steve a Ludovica.
"Quella é la camera di Francesca." rispose la ragazza. Il Capitano Rogers rimase per qualche secondo a fissare la porta di quella stanza. Perché all'improvviso aveva così tanto voglia di aprirla?!
"Ehy Stevie." lo chiamò Bucky.
"Dimmi Buck." i suoi occhi però erano ancora rivolti verso la porta.
"Io vado in camera nostra." disse il moro prima di lasciare il suo amico solo. Steve decise di andare in giardino per prendere un pò d'aria, in quella casa c'era un tremendo odore di chiuso.

Nella tasca della sua giacca teneva un pezzo di carta e una matita, un'abitudine che aveva da molti, molti anni. Si sedette sull'erba e appoggiò la schiena contro il tronco di un albero. La mano si muoveva da sola, disegnava ciò che gli diceva il cuore e stava bene così: solo, disegnando e scacciando via tutti i pensieri. Eppure quella volta continuava a pensare a quegli occhi, a quei capelli, a quella ragazza. Erano anni che non si sentiva così.
Mentre il Capitano Rogers continuava a disegnare, il suo migliore amico, Bucky, o James, camminava tra i corridoi vecchi e polverosi di Villa Stark. L'odore di muffa e umidità era quasi insopportabile, eppure anche per il Soldato d'Inverno quel giorno era pieno di pensieri. Tutto a un tratto della polvere gli cadde sulla fronte e alzò gli occhi al soffitto.
"AHHH!" Bucky urlò.
"AHHH!" anche Peter urlò.
"Pet che ci fai la sopra?!" gridò Bucky ad occhi sgarrati.
"Oh bè, si può dire che questo sia il mio habitat ideale." rispose Spiderman.
"Cosa sta succedendo?!" Ludovica spalancò una porta marcia e scardinata. Gli occhi del Sergente Barnes trovarono quelli della ragazza davanti a lui. Ancora quella scossa. Ancora quel brivido lungo la schiena. Peter si sentì escluso dai due ragazzi. Spiderman non era mai stato un tipo sveglio in fatto d'amore e cercare di decifrare gli sguardi di Ludovica era come scavalcare una montagna. Decise quindi che la cosa più saggia da fare fosse dileguarsi lungo il corridoio buio e puzzolente.
"Che ci fa una ragazza così bella tutta sola in una casa del genere?" chiese lui con un leggero tono di sfida.
"Potrei farti la stessa domanda." rispose Ludovica imbarazzata.
"Se vuole potrei portarla a fare una passeggiata." propose il Sergente passandosi la lingua tra le labbra per inumidirle.
"Al momento avrei da fare, magari un'altra volta." la ragazza dai capelli color cioccolato fece un occhiolino e sparì di nuovo oltre la porta marcia.

Colori a pastello, tempere, acquerelli e pennelli erano sparsi su un tavolo di legno accanto ad un enorme vetrata che dava sul giardino. Una ragazza dai capelli color menta dipingeva sotto la finestra della sua stanza. La camera di Francesca era un rifugio per disegni e qualsiasi tipo di materiale artistico, un pò sparso quà e là certo, ma era pur sempre una stanza bellissima. Quelle mani abili e femminili si muovevano lungo la tela pitturando un magnifico disegno:era un ragazzo, alto e muscoloso, con dei capelli color oro e e degli occhi limpidi che sembravano due diamanti azzurri.

Tutti erano molto impegnati.

"È ora di cena!" dalla cucina la voce di Ludovica rimbombò per tutta la casa. Francesca abbandò i suoi pennelli, Steve rientrò in casa, Bucky, dopo aver girato numerosi corridoi, riuscì ad arrivare alla sala da pranzo e Peter, a malincuore, abbandó la ragnatela in cui si era stabilito.
La prima giornata era andata, ma il peggio della convivenza doveva ancora arrivare.

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