Two

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1 Luglio 2019

Quando Jason chiamò Leo, la sua mano tremava.
Si impose di restate calmo, di non pensare ai suoi ancora spaventati a tavola, di sua sorella che sarebbe rimasta sola in camera, scossa, quella sera.
I vari squilli li rimbombavano nell'orecchio, con la mano sinistra toglieva il borsone viola incastrato tra la siepe di casa sua.
Dentro vestiti di ricambio, qualcosa da mangiare, soldi.
Sarebbe andato via, e questo l'aveva già programmato.

"Perché non risponde?" Sussurrò a denti stretti, mentre si allontana dall'abitazione.
Il suo sguardo cadde sul proprio polso, leggendo il nome che ancora era inciso sopra.

Perseus.

Levò gli occhi al cielo, scrutandolo.
"Ah, cosa mi stai facendo, Perseus?"
Nella sua immagine, Perseus era un qualcosa di indistinto, vago, ma era simpatico, divertente, sorridente, nonostante gli avesse rovinato la vita.
Molte volte era andato in giro per la città vedendo ragazze e ragazzi essere felici nello stringersi la mano, e scambiarsi un leggero bacio.
Gli piaceva immaginarsi lui, con Perseus, che gli sorrideva ampiamente mentre aveva le dita intrecciate alle sue e, importandosene ben poco di ciò che gli altri avrebbero potuto pensare, gli lasciava un bacio sulle labbra, facendolo diventare peperone sulle guance.
Ma scacciò via quei pensieri, perché Perseus non era ancora accanto a lui.

"Ehi, Superman!" La voce squillante di Leo lo riportò alla realtà.

"Ehi, Leo" la sua voce era più mogia, con un sospiro si lasciò cadere contro il cancello pittato di azzurro dei vicini. Al buio faceva quasi paura, visto che era fosforescente, ma Jason non ci stava neanche pensando.
Non gli avrebbe fatto paura, visto che non l'avrebbe più visto... per un po'. Voleva essere buono.
Magari un giorno sarebbe davvero tornato.

"Da uno a dieci quanto erano sorpresi?" Domandò Leo dall'altro capo del telefono.
Leo amava usare le scale per misurare le cose, ma se erano mobili era meglio. Per questo a casa sua c'erano solo quelle.

"10."

"E quando arrabbiati?"

"9. Quell'uno mancante era nella tristezza e delusione."

"Che corrisponde a...?"

"11." Leo sospirò dall'altro capo del telefono.
Jason lo imitò.

"Rimani lì. Ti vengo a prendere. Chiami tu Pip?" Jason scosse la testa, rifiutando.
Tanto da lì ad una mezz'ora la ragazza l'avrebbe comunque interrogato.
"Bene. Un'ultima cosa. In quanto ti hanno cacciato di casa?"

"1."

"Un'ora?"

"Un minuto. Veloce, Valdez." Lo ammonì, riattaccando.
Quando sbloccò il telefono, e la finestra della chiamata si richiuse, Jason notò tre messaggi.

Jason, dimmi che non l'hai fatto davvero.

Recitava il primo. Sempre da sua sorella, Talia.
Il secondo era simile.

Dimmi che non te ne sei andato davvero. Dimmi che sei in camera tua.

Oh Dio, Jason Grace! Non puoi lasciarmi qui!

Il terzo fu come un colpo nello stomaco, ma il biondo si affrettò a riporre il telefono in tasca.
Si prese il volto con le mani, dicendosi che sua sorella se la sarebbe cavata lo stesso. Era intelligente, sveglia.
Ce l'avrebbe fatta eccome.

Pensò al futuro, a quando tra un paio di mesi sarebbe ricominciata anche la scuola.
Fancaspio.

Sussurrò a mezz'aria qualche imprecazione, mentre aspettava Leo, e i suoi pensieri ricaddero a Perseus, la persona che anche se era principale motivo di tutto ciò, scaldava lo stesso il cuore a Jason, che viveva nella speranza di incontrarlo, stringerlo, e sentirsi a casa.

***

"Hey di nuovo, Biondo!"

"Hei di nuovo, Leo. Ah, c'è anche Piper" la ragazza posò il telefono che stava usando da specchio, seduta nei sedili posteriori, si protese in avanti incastrando le spalle in quelli anteriori, e portò lo sguardo sul biondo, scrutandolo.

"Hai una brutta cera..."

"Oh, dillo tu ai miei che non mi piace particolarmente la-"

"Ehi, non provare a dire nulla di offensivo contro noi donne!" Gli puntò il dito contro, che lo seguì fin quando Jason non si sedette nel sedile del passeggero dell'auto rossa e un po' sgarrupata di Leo.
Alzò le mani in segno di resa, richiudendo lo sportello.

"Le donne sono una cosa favolosa, Biondo." L'appoggiò Leo, annuendo.

"Lo credevo anche io, fino ad un annetto fa." Roteò gli occhi, poggiando il borsone ai suoi piedi. E prima che Leo o peggio, Piper, potessero replicare, lui li precedette. "E non dite nulla. Tu metti in moto la macchina e andiamo in questa vacanza."

"Io la chiamerei fuga" borbottò lo stesso Piper, ripoggiandosi al sedile e riprendendo il cellulare, stavolta controllando i post sui vari social network.

"Ma è una vacanza! Siamo a Luglio, andiamo a casa di tuo cugino, che è sulla spiaggia praticamente, cosa vuoi di più? Magari troviamo anche la nostra anima gemella!" Li canzonò il ricciolo, ripartendo una volta che il semaforo segnò Verde.

Jason roteò gli occhi.
L'unico che aveva provato davvero a cercarla, tra i tre, era lui.
Piper cercava una misteriosa Annabell. Se ve lo stesse chiedendo no, sua madre non ha mai avuto nulla in contrario, a differenza dei suoi.
Leo non aveva la traccia, ma sul polso sinistro solo una fiamma. Se l'era tatuata il giorno del suo compleanno, non appena aveva scoperto che un nome non sarebbe mai apparso sul suo polso.
Diceva che amava il fuoco, quindi sarebbe stata quella la sua anima gemella.

Jason invece ci aveva provato per davvero.
Era stato con 4 Perseus, anche se solo per una settimana circa. Dopo, anche con un Persus, senza la e, che aveva scoperto poi essere un soprannome.
Ci era rimasto deluso ogni volta. Ma si diceva che se stare per quel breve tempo con i vari ragazzi era stato bello, il vero Perseus sarebbe stato meglio.
E poi voleva staccare la spina per un po', magari non cercare nessun Perseus o Persus, e trovarsi un qualcuno con cui passare quel mese, senza impegno, senza esser costretto poi a rivederlo anche dopo la vacanza.
Un qualcun con cui stare bene insieme solo per l'estate, per credere davvero di star bene, e lasciarsi dietro i suoi, gli altri ragazzi e qualunque altra cosa gli passasse per la testa.

Leo sarebbe stato d'accordo, per lui bastaca che lui sorridesse di tanto in tanto.
E Piper... beh, a Piper importava solo che fosse bella e affascinante, questa pausa o distrazione.
Si chiese se dovesse scusarsi per aver rovinato l'estate, ma Leo non gli avrebbe nemmemo fatto finire la frase, ribadendo che avrebbe rimorchiato come non mai.
Certo, per lui non avere la traccia voleva dire solo libertà, dolce libertà di avere qualunque persona lui voglia.

E Piper avrebbe stretto al petto quella bambola di pezza di nome Annabell, di cui si era innamorata anni prima vedendola ad un mercatino, e avrebbe scosso la testa, rassicurandolo su ciò che la spiaggia dove erano diretti potesse portasse tanti benefici.

Sorrise contro il finestrino, dicendosi che Perseus o no, al momento, i suoi amici erano l'unica traccia sicura che lo portasse ad essere felice.

The One //JercyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora