Il ricordo di un amore
viaggia nella testa
e non c'è una ragione
quando cerchiamo quel che resta
è come un vento di passione
o una rosa rossa
il ricordo di un amore
ci cambia e non ci lascia.
(Vento di passione, Pino Daniele)Rigiravo il cucchiaino nella tazzina di caffè, disegnando dei cerchi immaginari. Lo zucchero ormai si era sciolto, ma io continuavo a mescolare, per evitare di guardarlo negli occhi.
«Si sarà freddato, credo sia il caso che tu lo beva» mi disse mentre addentava il suo sandwich.
Portai la tazzina alle labbra e sorseggiai il mio caffè ormai freddo.
Noah mi indisponeva, aveva un atteggiamento scostante e alternava sorrisi e pensieri che io non condividevo nemmeno lontanamente e soprattutto non capivo perché li esternasse. La nostra conversazione era incentrata più su di me, che su Davide e non ne comprendevo la ragione.
«Eravate molto amici?». Domandai per riportare il discorso a ciò che realmente mi interessava.
«Lo siamo stati... molto tempo fa».
Corrugai la fronte, mentre una serie di domande si affollavano nella mia mente.
«Vi siete allontanati?».
«Abbiamo preso strade diverse e come spesso accade, ci siamo persi».
«Capisco...» mormorai. «È molto bella la fotografia che mi hai mostrato prima. Dove eravate?».
«Caraibi. Bei tempi».
Si versò un bicchiere d'acqua e lo bevve. Indugiò in quel gesto, gustandosi il liquido trasparente come se fosse chissà quale bevanda pregiata, poi riportò gli occhi su di me.
«Sai, non capisco perché quando una persona muore, diventa improvvisamente un eroe. Tutti a piangere, tutti a elogiare le sue doti, come se si potessero cancellare i difetti solo perché non respira più. È una cosa stupida. Se è necessario ricordare, si deve ricordare tutto, il bello e il cattivo tempo. È quella la reale identità di un essere umano e parlandone solo bene, si annulla quel che è stato. Davide non era perfetto, anzi tutt'altro. Aveva un brutto carattere, era scostante e spesso, davanti ad alcuni suoi comportamenti, mi sono chiesto se un cuore lo avesse o no».
«Certo che lo aveva» risposi piccata. «Nessuno è perfetto, ma per me lui lo era» sussurrai appena.
«Per te lo era di sicuro, ma non per gli altri, non per me».
«Come puoi parlare così di lui? Dici che eravate amici, ma non ho sentito nemmeno una parola gentile uscire dalla tua bocca».
Sorrise, con amarezza e mi sembrò che stesse ricordando qualcosa. I suoi occhi cambiarono, erano fissi su di me, ma vedevano altro.
«Era simpatico a volte... Sapeva raccontare le barzellette. Ti ha mai raccontato quella del fico secco e l'uva passa?».
Annuii e ricordai. Era come riaverlo davanti a me.«Un chicco d'uva si dondolava allegramente nel suo bel grappolo. Trallalà, trallalà.».
Davide canticchiava, raccontandomi l'ennesima barzelletta.
«Era una bellissima giornata, il sole splendeva e allora decise di fare una passeggiata. Sono un chicco d'uva, sono un chicco d'uva, sono un chicco d'uva» continuò e io già ridevo.
«Ciao mela, mi fai passare? Ciao pera, mi fai passare? Ciao fico, mi fai passare?».
Muoveva la mano, salutando me e la sua faccia era buffissima.
«Tutti lo fecero passare, tranne il fico arrogante e lo stesso accadde nei giorni seguenti. Il povero chicco d'uva era triste e rammaricato» mormorò facendomi gli occhi dolci «e allora decise di porre rimedio a quel grosso problema. Ricominciò la tiritera... Ciao mela, mi fai passare? Ciao pera, mi fai passare? Ciao fico, mi fai passare? No, vai via, gli disse il fico. Il chicco d'uva estrasse il fucile e... bang, bang, bang».
Davide unì le mani, pollice con pollice e indice con indice, creando così una pistola immaginaria che sparava verso di me.
«Caro amore mio, la storia è finita» mormorò.
Aggrottai la fronte perplessa e gli feci la domanda più ovvia.
«Il fico è morto?».
«Sì amore, ho ucciso quell'antipatico» borbottò lui tutto soddisfatto. «Ti ho appena raccontato la storia del "Fico secco e l'uva passa"».
Sorrisi ma non ero convinta, quando poi finalmente capii, scoppiai a ridere.
«Silvia, Silvia, Silvia... uno dei motivi per cui ti amo è proprio questo, ridi anche se a volte le mie barzellette non fanno ridere» mi disse baciandomi teneramente la fronte.«Adorava raccontare le barzellette» sussurrai asciugandomi le lacrime che mi erano scivolate silenziosamente lungo le guance, mentre ripensavo a Davide.
«Sì, è vero. Aveva una mimica e una gestualità senza precedenti. Era un attore, sapeva recitare...».
Smise di parlare per alcuni secondi e poi riprese.
«Non volevo farti piangere. Vedi che ho ragione io? È meglio parlare dei difetti, è meglio ricordare la verità. Era un grandissimo stronzo il tuo Davide».
«La vuoi smettere?». Dissi arrabbiata.
Il suo atteggiamento cominciava davvero a darmi sui nervi.
«Perché dovrei? Ti irrita la verità? In fondo non sei qui per questo? Non hai accettato il mio invito solo per soddisfare uno stupido e melenso desiderio di sapere qualcosa di più del tuo perduto fidanzato? Sto facendo quello che tu vuoi, quello che tu fai sempre. Sto ricordando insieme a te, solo che io, a differenza tua, sono obiettivo. Non mi perdo in elogi struggenti...».
«La realtà è che lui non c'è più e che tu non l'hai conosciuto affatto».
«Ho forse insinuato qualche subdolo dubbio nella tua mente Silvia? È questo quello che mi stai facendo vedere. Lo difendi con le unghie e con i denti, ma neghi quel che era e quel che è peggio, è che ti ostini a vivere una vita fatta solo di ricordi, ricordi falsi».
«Non sono ricordi falsi, sono quello che io ho vissuto».
«Sì, ma ora non vivi più. La vita va vissuta Silvia, la vita non è staticità ma movimento. La vita è il tempo che scorre, la vita sei tu che vai avanti, sei tu che continui a camminare. C'è molto altro da vedere, c'è molto di più di una lapide da contemplare e di fiori freschi che scegli con cura ma che appassiranno lo stesso».
«Non mi sembra di aver chiesto la tua opinione» mormorai sostenendo il suo sguardo. «Grazie per il caffè» aggiunsi.
«Io non ho ancora finito» mi rispose lui, come se io fossi obbligata ad ascoltarlo.
Cosa diavolo mi era passato per la testa? Avrei dovuto restare dov'ero, nell'unico luogo in cui potevo piangere Davide senza interruzioni.
«Tu forse non hai finito, ma io sì. Arrivederci Noah».
Addio, a mai più... pensai.
Si alzò, afferrò il mio polso, non strinse forte ma quel contatto mi fece sobbalzare il cuore.
«Io posso aiutarti Silvia».
Mi trapassò con lo sguardo, trafisse i miei occhi e una sensazione strana mi pervase. Staccò la sua mano dal mio polso e la portò sul mio viso.
«Sei così bella» sussurrò sfiorando le mie guance.
Si protese in avanti, portò il suo volto vicinissimo al mio, lo guardai.
«Lo vuoi anche tu, lo sento. Vuoi il mio aiuto».
La sua voce calda, roca, bassa ma intensa, mi percorse lentamente e scavò dentro di me.
«Via Nosadella 63» sussurrò al mio orecchio. «A presto Silvia».
Se ne andò, vidi la sua sagoma che a passo normale si allontanava da me ed ebbi freddo, come se un vento gelido si fosse scagliato su di me.Tutti i diritti riservati.
© Filely
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Oltre le nuvole e il cielo
RomanceSilvia è una giovane donna, distrutta dalla perdita prematura della persona che amava. Giorno dopo giorno, lacerata dal dolore, vive la sua vita nel solo ricordo di lui, fino a quando al cimitero, dove si reca tutti i giorni, incontra Noah, un uomo...