«Lasciami andare» dissi agitandomi e scuotendo il mio corpo per liberarmi da lui e da ciò che in quel momento rappresentava.
Cercavo di eludere da quella situazione paradossale, da quell'uomo che per un inspiegabile motivo mi stava sbattendo in faccia la pateticità della mia esistenza.
«Cosa vuoi da me Noah? Perché mi stai facendo questo? Perché?».
«Non tutto si può spiegare Silvia, non c'è una ragione per ogni cosa. Vuoi una delucidazione che io non posso darti. Sono qui, con te, adesso. Tieni conto solo di questo. Non vorticare in ragionamenti stupidi, non cercare un perché, non lo troverai».
La presa sul mio braccio si sciolse e la sua mano cercò la mia. Le nostre dita si unirono in un intreccio perfetto e io rabbrividii non appena fui catapultata repentinamente tra le sue braccia. Un rinnovato calore mi avvolse ed io mi abbandonai alla sua stretta. Appoggiai il capo sul suo petto ansante e mi rilassai sotto il tocco delicato delle sue dita che accarezzavano i miei capelli. Rimanemmo così, legati in quell'abbraccio, per un tempo che mi parve infinito. Quando si staccò da me, io ero in trance, la rabbia del momento rinchiusa in non so quale cassetto della mia mente. Ero mortalmente calma, come se la disperazione mi avesse lasciato per sempre. Riusciva a tranquillizzarmi Noah, riusciva ad agitarmi, riusciva a mettere il dolore a tacere, riusciva a scatenare in me un tumulto di sensazioni, lui riusciva a farmi dimenticare il passato. Vidi la sua mano protrarsi verso di me, scostò i miei capelli e mise a nudo il mio collo, poi la sua bocca, quella maledetta bocca, lambì la mia pelle e fu la mia fine. Mi assaggiò lentamente, senza alcun timore. Sapeva che non sarei scappata. Ero inerme, ferma, incapace di muovermi, ma non insensibile a lui.
«Non fingere Silvia, non provare a celare le tue emozioni. Ti vedo, ti sento» sussurrò al mio orecchio.
Le mie palpebre si chiusero, mentre lui continuava a sollecitare il mio collo. Non erano baci i suoi, erano morsi studiati e intercalati dal guizzare della sua lingua impertinente. Mi stavo perdendo, i ricordi stavano riaffiorando. Sbuffai, frustrata, quando la sua bocca smise di estasiarmi, impedendomi di continuare il viaggio nel passato che la mia mente stava percorrendo.
«Apri gli occhi» ringhiò con fermezza. «Non provarci nemmeno a pensare a Davide. Devi vedere me, devi sentire me».
Il suo tono di voce perentorio rimbombò dentro di me e m'infastidì, ma ciò che veramente mi innervosiva, era la sua capacità di leggermi dentro, capacità che non era dovuta a una sua abile dote, non era mica un chiaroveggente, non aveva poteri paranormali, no, era solo colpa mia, colpa mia perché purtroppo ero schifosamente prevedibile. Ogni mia mossa, ogni mio pensiero non erano per lui un mistero. Ero un libro aperto e lui stava leggendo ogni pagina con avidità, con interesse, per dimostrarmi forse, che ero fin troppo scontata.
«Ti sto guardando» gridai, scontrandomi con i suoi occhi scuri.
«No, non lo stai facendo. Non ancora» mormorò sicuro di sé, dandomi un chiaro avvertimento.
Mise le sue mani sulle mie spalle e iniziò a massaggiarle, facendo scivolare via la tensione che mi scorreva in corpo. Mi rilassai nuovamente con il suo magico tocco. Ero stanca però, stanca di lottare contro la marea di stati d'animo che mi avevano colto da quando ero lì con Noah. Mi arrabbiavo, mi tranquillizzavo, mi agitavo di nuovo e poi ritornavo in uno stato di calma apparente. Ora ero serena, ma la mia serenità durò giusto il tempo di un batter di ciglia, perché subito dopo, le sue dita si fermarono sul primo bottone del mio scamiciato.
«Ora mi stai guardando» borbottò iniziando a slacciare il mio abito. «Continua a farlo Silvia, segui con i tuoi occhi ogni mio impercettibile movimento, non perderne nemmeno uno».
Il mio respiro mutò all'istante, divenne di colpo udibile e affannoso, e il mio cuore palpitò con più veemenza. Fu un'agonia senza fine giungere all'ultimo bottone, con le sue dita che percorrevano volutamente la mia pelle ogni volta che una piccola parte del mio corpo faceva capolino. Vidi i suoi occhi dilatarsi quando con maestria si liberò del vestito, gettandolo a terra con noncuranza. S'inginocchiò e posò le sue mani sui miei glutei, attirandomi a sé. Il suo sguardo era fisso sul mio ventre ma poi il suo viso cercò il mio. Alzò il capo e trovò i miei occhi spalancati. Ero concentrata su lui e su quello che mi stava facendo.
«Brava Silvia... guardami, guarda quello che sto per farti».
Le sue labbra, fameliche e ardenti, tracciarono un percorso sulla mia pelle. Un desiderio cocente si annidò dentro di me e io mollai ogni remora. Qualunque cosa avesse voluto fare di me, io glielo avrei permesso. Non mi erano chiare le dinamiche del nostro rapporto, ma non volevo nemmeno approfondire l'argomento. Non eravamo nulla io e lui, eppure un legame strano e senza senso, ci stava portando verso mari inesplorati. Non mi balenò nemmeno lontanamente l'idea di fermarlo, desideravo solo che continuasse, perché in quel momento, con lui, io stavo vivendo di nuovo.
«Non fermarti» dissi sospirando.
Lui si alzò e si mise alle mie spalle, cingendo i miei fianchi.
«Non mi fermerò Silvia, non ho mai avuto intenzione di fermarmi. In questo momento, se tu mi implorassi di non toccarti più, io non potrei accontentarti. I miei palmi fremono per la voglia di te, le mie dita stanno formicolando per la bramosia di accarezzare la tua pelle e temo che non ne avrò mai abbastanza».
Mentre dava voce ai suoi pensieri, legandomi a sé con le parole, slacciò il mio reggiseno, se ne liberò e con l'indice percorse la mia colonna vertebrale, fino ad arrivare al bordo dei miei slip. Mi sfuggì un gemito e barcollai appoggiandomi al suo petto. La stoffa della sua camicia a contatto con la mia schiena nuda e le sue braccia che mi circondarono, mi fecero sentire protetta e al sicuro, ma fui di nuovo messa a nudo, quando le sue mani avvolsero i miei seni.
«Va tutto bene Silvia» bisbigliò, appoggiando le sue labbra al mio lobo. «Voltati» disse staccando le sue mani da me. Un folata di vento gelido mi colse e sentii freddo. Al mio corpo mancò quel sostegno e quel calore confortante che avevo sentito solo pochi attimi prima. Mi girai e incontrai il suo sguardo: occhi scuri contro occhi chiari. Avevo già perso in partenza. L'espressione del suo viso non permetteva equivoci, Noah mi stava divorando senza nemmeno sfiorarmi. Lo sentivo su di me, implacabile e affamato, e compresi che non avevo alcuna via d'uscita, perché in realtà, era impossibile scappare dall'attrazione che c'era tra noi, un'attrazione che sferzava l'aria, crepitante, bruciante e indomabile. Attesi che mi saltasse addosso, ma non lo fece. Rimase lì, davanti a me, imponente e sfrontato, accarezzando con i suoi occhi scuri ogni lembo della mia pelle.
«Cosa stai aspettando Silvia?». Mi chiese, interrogandomi con voce roca.
Sbattei le palpebre confusa dalla sua domanda. Non avevo idea di cosa rispondere. Non sapevo nemmeno io cosa volevo.
«Usami Silvia, fai di me ciò che vuoi. Sono qui per questo» continuò iniziando a spogliarsi.
Si tolse la camicia, mostrandomi i suoi pettorali scolpiti, poi passò ai jeans che ricaddero sul parquet. Rimasi inebetita dinnanzi alla sua statuaria magnificenza. Non era semplicemente bello, era oggettivamente stupendo. Un esemplare di uomo a cui era impossibile dire di no. Il suo corpo parlava, gridava la sua spudorata perfezione, la sua sicurezza sfacciata e il suo erotismo senza precedenti. Le mie guance s'infiammarono non appena mi resi conto che lo stavo osservando con fin troppa attenzione. Un ghigno divertito comparse sulla sua bocca, ammorbidendo i tratti decisi del suo volto.
«Quando mi guardi sei ancora più bella».
La sua voce si addolcì. Mi tese la mano in un muto invito che io accettai e mi ritrovai di nuovo vicinissima a lui, eccessivamente vicino. Si portò la mia mano alla bocca e la baciò, indugiando sulla mia pelle.
«Toccami» mormorò, posando il mio palmo sul suo petto.
Feci scivolare le mie dita sul suo addome, lentamente, tastando ogni porzione della sua bellezza scolpita e man mano che prendevo confidenza, le mie carezze divennero meno incerte e più accurate. Cominciai a disegnare con le unghie degli schizzi immaginari che graffiavano la sua pelle e lo vidi sussultare. Il suo respiro mutò e la statua marmorea che stavo ammirando prese vita, si animò e senza preavviso mi sollevò dal pavimento, costringendomi a stringere le braccia intorno al suo collo e le gambe intorno alla sua vita. Non ebbi tempo di oppormi, perché stretta a lui in quel modo, non potevo non soccombere. Quel contatto era troppo, la mia pelle incollata alla sua, il suo profumo, quello stramaledetto profumo di biancospino e caprifoglio che invadeva il mio olfatto, catturandolo. Mi adagiò sul letto e fu subito sopra di me, non vidi nulla se non lui. Anche le lenzuola di raso avevano il suo odore che avvolse tutta la mia pelle, impregnandola all'inverosimile e io mi lasciai andare, abbandonandomi alla magica bocca di Noah, bocca che era scivolata sui miei seni, rendendoli gonfi e pesanti, bocca che però non aveva ancora cercato la mia. Non aveva toccato le mie labbra nemmeno una volta, eppure eravamo lì, seminudi e in preda alla passione. Non mi soffermai molto su quel pensiero, perché fui distratta dalle sue mani impegnate a togliermi gli slip di pizzo bianco. Il panico mi assalì, ero nuda, esposta ai suoi occhi e per quanto fosse ridicolo opporre resistenza solo in quel momento, dopo tutte quelle carezze, provai a divincolarmi. Non potevo andare oltre, avevo già oltrepassato i miei limiti, limiti che non prevedevano il finire nel letto di Noah.
«Non posso. Ti prego, fermati».
La sua lingua stava giocherellando con il mio ombelico, quando le mie parole lo interruppero.
«Rilassati Silvia» disse ignorando la mia richiesta.
Ricominciò daccapo, gettandosi a capofitto sul mio collo. Gemetti sotto di lui, incapace di trattenere i miei respiri incontrollati.
«Noah...» sussurrai in un soffio.
«Il mio nome sulla tua bocca ha un suono meraviglioso» disse alzando lo sguardo.
Ripresi a muovermi, provando a liberarmi dal suo corpo che premeva sul mio.
«Non posso» ripetei più a me stessa che a lui.
«Puoi Silvia... Tu puoi» mi blandì, prendendomi il volto tra le mani. «Puoi» ribadì ancora per fissare il concetto nella mia mente.
Ma io non potevo, non potevo davvero. Ripensai a Davide, a lui sopra di me, all'amore che mi donava e fui sopraffatta per l'ennesima volta dal dolore, dalla nostalgia e dal rimpianto. I miei occhi divennero lucidi e fu allora che Noah mi baciò, appoggiò le sue labbra sulle mie, con delicatezza, quasi come se avesse timore di sgualcirle. Le premette sulle mie impercettibilmente fin quando non si schiusero dando libero accesso alla sua lingua che trovò la mia. Sentii uno sfarfallio nello stomaco e udii il mio cuore tamburellare a un ritmo impazzito. Risposi al bacio, non mi risparmiai, gli diedi tutta me stessa. Il suo sapore si confondeva con il mio, inebriando i miei sensi e io non capii più nulla. La sua mano scese lungo il mio fianco e si fermò tra le mie gambe. Le sue intime carezze mi fecero trasalire. Non ero più lucida, fluttuavo in un nuovo mondo, il mondo di Noah. Ormai rapita da quell'uomo, fu difficile per me riprendere il controllo, ma ci provai lo stesso, quando lui si staccò da me per prendere qualcosa dal cassetto del comodino. L'incarto di un preservativo comparve tra le sue dita e io colsi l'attimo di distrazione per scendere dal letto. Lui fu subito dietro di me e le sue mani afferrarono i miei fianchi.
«Dove credi di andare?».
Posai le mie mani sulle sue e sospirai.
«Io... non lo so» mormorai. «Non lo so».
«Non andrai da nessuna parte. Resterai qui con me» disse baciandomi una spalla.
Il suo non era un ordine, né un'imposizione, ma una semplice constatazione. Sarei rimasta, lo sapeva lui, lo sapevo io. Stavo solo cercando un appiglio che mi permettesse di fuggire da qualcosa che invece volevo, il mio 'non posso' era contro me stessa, frutto della mia volontà di rimanere legata al passato, a Davide e al mio amore per lui, amore che però era divenuto unilaterale, amore che non mi nutriva, amore che mi stava uccidendo.
«Non pensare... Lasciati andare Silvia».
Mi circondò con le sue braccia e mi baciò la testa. Mi abbandonai di nuovo alla meravigliosa sensazione di essere abbracciata, stretta a un altro corpo caldo, assediata da un calore che mi riscaldava la pelle e il cuore.
«Lo so che vuoi restare. So che vuoi rimanere. Stai combattendo contro qualcosa che non puoi evitare Silvia».
Mi sollevò come se fossi una piuma leggera e mi adagiò sul letto. Si tolse gli slip, mantenendo gli occhi fissi su di me e poi con naturalezza srotolò il preservativo sulla sua erezione. Ero affascinata dalla sua figura, dai suoi gesti sicuri, dal suo modo di mostrarsi a me. Il suo corpo parlava, era pura espressione, esprimeva potere, desiderio, tenacia e virilità. Si fece spazio tra le mie gambe e posò la sua bocca sulla mia. Un altro bacio leggero, delicato, dato sempre come se avesse paura di rovinare le mie labbra. La sua lingua si muoveva con la mia, piano, quasi a rallentatore. Parlava anche il suo bacio. Mi stava dicendo: "Silvia sta succedendo. Sentimi. Assaporami. Prendi tutto quello che ho da offrirti. Fai con calma, non avere fretta. Io ho tutto il tempo del mondo". Affondò nella mia femminilità, lentamente, centimetro dopo centimetro. Gemetti e tremai quando fu completamente dentro di me. La sua delicatezza mi colpì e mi destabilizzò. Si comportava come se fossi una vergine alla sua prima volta. Rimase fermo per alcuni momenti, i suoi occhi dentro i miei, due pozze scure in cui annegare, in cui ritrovare me stessa. Ero piena di lui, piena di quell'emozione che, fino a quell'istante, era stata solo un vago ricordo della mia mente. Cominciò a muoversi, danzando su di me come un etoile, con grazia e desiderio. Era silenzioso, concentrato, attento. Ogni mio respiro, ogni mia rotazione degli occhi, ogni mia carezza alla sua schiena, passava sotto il suo sguardo vigile.
«Non sarò sempre così delicato» sussurrò al mio orecchio.
Prese il mio lobo tra le labbra e lo succhiò, facendomi venire i brividi. Fremevo sotto il peso del suo corpo che mi ricopriva come un letto di paglia caldo e accogliente e all'ennesima stoccata, strinsi la bocca per evitare di gridare. Le mie palpebre si chiusero quando il piacere che provavo divenne ingestibile. Stavo scalando la montagna, raggiungendo la vetta dell'Everest e presto sarei precipitata in caduta libera verso i ghiacciai sottostanti.
«Cosa stanno vedendo i tuoi occhi Silvia? Cosa ricordano? Hai mai provato quello che senti adesso?».
La sua voce, suadente, erotica, passionale, accarezzò il mio udito. Cosa vedevo? Vedevo solo lui, sentivo solo lui: Noah. Quella scoperta, quella consapevolezza mi spaventò. Era la prima volta che, chiudendo gli occhi, non vedevo Davide, era la prima volta che la mia mente lo aveva completamente rimosso. Un nodo in gola mi bloccò il respiro e mi sentii in colpa, in colpa per quel tradimento che avevo appena compiuto.
«Rimorsi?».
Mi domandò incontrando i miei occhi che si erano riaperti.
Sorrise, passandosi la lingua sulle labbra e poi ricominciò ad affondare dentro di me. Toccò il punto giusto e il mio corpo tremò, scosso dagli spasmi del piacere. E mentre il mio corpo si riduceva in mille cristalli di estasi potente, lui mi baciò, si abbeverò dei miei gemiti per placare la sua sete, fin quando mi raggiunse nel limbo dell'appagamento.Tutti i diritti riservati © Filely
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Oltre le nuvole e il cielo
RomanceSilvia è una giovane donna, distrutta dalla perdita prematura della persona che amava. Giorno dopo giorno, lacerata dal dolore, vive la sua vita nel solo ricordo di lui, fino a quando al cimitero, dove si reca tutti i giorni, incontra Noah, un uomo...