"Mm solo un minutino mamma" furono le prime parole che dissi quella mattina.
"Tesoro dai, non puoi fare tardi pure il primo giorno"
Spalancai gli occhi. Il primo giorno? Ma se erano passati solo... due giorni. Si oggi era il primo giorno.
I giorni seguenti il mio arrivo li avevo passati in compagnia dei nonni senza rendermi minimamente conto che da venerdì a lunedì ci sono così pochi giorni.Mi alzai di fretta e iniziai a prepararmi: quel giorno optai per dei jeans chiari, un maglione nero e un berretto grigio.
Scesi in cucina per mangiare velocemente una tazza di choco crave ( che grazie a dio avevo scoperto esistere anche in Alaska), e mi fiondai in macchina dove mio padre, che si era generosamente proposto per accompagnarmi il primo giorno, mise in moto.
La scuola era sorprendentemente grande, probabilmente per necessità di accogliere tutti gli studenti della cittadina. Io mi avviai subito a prendere il mio orario e mentre vagabondavo per la scuola in cerca di un qualsiasi posto vagamente simile a una segreteria, suonò la campanella. Tutti accorsero nelle proprie classi e io finalmente avvistai una bibliotecaria che subito mi informó di tutto ciò che c'era da sapere sulla scuola (tra cui la posizione del mio fantomatico armadietto).
Dopo le migliaia di informazioni su dove reperire libri, uniformi di educazione fisica e una copia del regolamento scolastico riuscii a liberarmi dalla segretaria per raggiungere la mia prima lezione che, ovviamente, si trovava dalla parte opposta dell'istituto.Presi un grande respiro e spalancai la porta: dozzine di occhi si posarono su di me, compresi quelli di una donna grassa e di mezza età che doveva essere la mia nuova professoressa di economia. Mi squadrò da capo a piedi e disse "buongiorno. Tu devi essere la nuova alunna, giusto?" Annuii in silenzio "bene, fai una breve presentazione ai tuoi nuovi compagni".
Imbarazzatissima mi avvicinai lentamente alla cattedra e guardai la classe, notai mio cugino seduto abbastanza in fondo che come al solito non dava segni di vita.Mi schiarii la voce "ciao, io sono Diana e mi sono trasferita qui da Roma."
"Perfetto, D-ai-ana siediti qui davanti al posto libero al primo banco."
Sentii delle risatine " veramente il mio nome è Diana non D-ai-ana " precisai timidamente.
"Come vuoi tu D-ai-ana, adesso silenzio peró "Iniziamo bene insomma.
*********
Dopo aver passato un'ora di noia mortale al primo banco affianco ad un ragazzo che tutto era tranne che socievole, mi avviai alla lezione seguente: inglese.
In classe mi sistemai al terzo banco, ma quando arrivó il professore e si sedettero tutti, il posto vicino al mio rimase vuoto.All'improvviso la porta si spalancò e entrò una mora che trafelata si scusò per il ritardo e si sedette proprio accanto a me.
Ripresasi dalla sua corsa contro il tempo si giró dalla mia parte e spalancando i suoi occhi scuri disse "ma tu non sei Lucy" .
Risi di fronte all'espressione spaesata della riccia bassa e tutta forme "no direi proprio di no. Io sono Diana, la ragazza nuova" dissi porgendole la mano che subito dopo lei strinse.
"Piacere io sono Adriane. In effetti mi ricordavo che doveva venire un nuovo alunno ma pensavo fosse un ragazzo, vabbè come al solito probabilmente non stavo ascoltando un granché" "Allora, da dov'è che ti trasferisci?"Chiacchierammo per tutta l'ora senza interruzioni, scoprii che aveva origini latino-americane, era una di quelle persone costantemente con la testa fra le nuvole, aveva la capacità di concentrazione pari a quella di un moscerino, era fidanzata con un ragazzo, a detta sua fantastico, vicecapitano della squadra di basket della scuola e aveva un migliore amico che, a quanto pareva, era il migliore del mondo, Adam, anche lui componente della squadra.
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Benedetta dalla Luna
WerewolfDiana si trasferisce a Gateway, Alaska, dove si trova la famiglia del padre e dove ritroverà vecchi amici che non sono più gli stessi. La sua vita verrà sconvolta da Nate, un ragazzo bello quanto intimidatorio, per cui proverá subito un'inspiegabile...