PARADISE

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12) PARADISE

Sono qui, in camera mia con lo sguardo perso nel vuoto.

Fisso distrattamente un puntino, un dannato puntino nel muro che mi da leggermente ai nervi.

Sospiro passandomi una mano tra i capelli che so già che sono inguardabili e probabilmente anche sporchi.

Sono sette giorni che non li lavo.

Sono sette giorni che sono chiusa qui. In camera mia.

Sono sette giorni che penso che forse dovrei andare a Chicago, dai miei, almeno quando loro decidevano della mia vita andava tutto ok.

Sono sette giorni che non vado a lavoro e sette giorni che non rispondo alle chiamate di Alex.

Ho ancora nella mente le parole di Hilary.

Quella ragazza era la sua ex fidanzata.

La stessa ex fidanzata che sua madre adorava e che spingeva per farlo tornare con lei.

Chiudo gli occhi e getto la testa all'indietro incontrando il legno della testata del letto. Fa freddo. Forse dovrei farmi una doccia calda per buttarmi tutto alle spalle, ma non riesco a muovermi da questa posizione.

Sono sette giorni che penso a quanto fottuto il mondo possa essere con me.

Ancora non ci posso credere che ho beccato Alex con quella. Ancora non ci posso credere che l'ho beccato proprio il giorno che avevo deciso di parlarci.

Ancora non ci posso credere che l'ho beccato proprio il giorno dell'anniversario della morte dei ragazzi. Dovrebbe essere un segno questo?

Sobbalzo sentendo il telefono suonare. La SUA suoneria. Sa che non risponderò.

Mentalmente mi congratulo con me stessa per averli messo la suoneria personalizzata, così non devo nemmeno alzarmi per controllare chi mi stesse chiamando.

La melodia continua a suonare distraendomi dal mondo silenzioso in cui ero finita. Sa che non risponderò. Non ha senso che continui.

Ho saputo da Sue, che lei e Hilary gli hanno parlato. Gli hanno detto il vero motivo per cui sto in questo stato. All'inizio mi ero incazzata. Parecchio incazzata, infondo non ero tenuta a dare spiegazioni, non ero certo io quella che si doveva scusare. Poi però mi sono resa conto che forse hanno fatto bene. Adesso che sa tutto almeno ci penserà due volte prima di presentarsi qui.

Non vado a lavoro da quel giorno. Grazie al mio dottore di famiglia sono riuscita a mandargli un certificato di malattia per una decina di giorni. Cazzata. Enorme cazzata.

Soprattutto adesso che conosceva il vero motivo, il certificato poteva andare a farsi benedire, ma meglio essere corretti.

Sospiro sentendo che la suoneria ha finalmente smesso di suonare. Sposto lo sguardo dal puntino sul muro e noto che dalle persiane esce una luce tenue. Perfetto. Ennesima notte passata in bianco. È l'alba del mio ottavo giorno senza Alex.

È l'alba di un giorno che mi sarà utile per dare una svolta alla mia vita. Sorrido amaramente pensando che nella mia vita ce ne sono state anche troppe di svolte, ma non si finisce mai di imparare.

Con un gesto di stizza mi tolgo le coperte di dosso e cautamente, rabbrividendo per il pavimento freddo a contatto con i miei piedi scalzi, mi avvicino alla finestra. Lentamente apro le persiane e lascio che una leggera luce entri nella mia stanza. Aspiro a pieni polmoni quell'aria, forse anche troppo fredda. Devo assolutamente uscire da questa casa. Devo ricominciare di nuovo a prendere in mano la mia vita e magari chissà, potrei anche riuscire a passare sopra a tutto questo.

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