13. Scoperte

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N.d.A: Salve anarchici (?) Come state? Ecco, come promesso, il nuovo capitolo. Spero tanto che apprezziate :*

Un abbraccio

Moonshine Quinn


[P.O.V Andy]

«Ben ritrovato, bastardo»

Riconobbi quasi subito la voce e, dopo essermi stampato in volto uno dei sorrisi più falsi e ipocriti del mondo, mi voltai verso la vampira.

«Raksha, ma quanto tempo» dissi con disinvoltura.

«Qual buon vento ti porta qui?» continuai sulla stessa falsariga.

Lei assottigliò lo sguardo e si avvicinò a me, per poi sorridermi e passare una mano fra i miei capelli, sulla nuca. Lo sguardo tradiva l'eccitazione che provava in quel momento e, così, ne approfittai, tirandola a me e baciandola. La sentii sorridere sulle mie labbra, per poi intensificare il bacio e staccare la mano dal mio capo.

Il fascino del ragazzo cattivo colpiva tutti, indifferentemente dal sesso e razza.

Quando ci staccammo per riprendere fiato, vidi i suoi occhi prendere il colore della morte e il sorriso farsi da felice a... malato.

Si avvicinò a me, portando le sue labbra all'altezza del mio orecchio, e mi sussurrò «Sogni d'oro»

La guardai leggermente confuso, per poi sgranare gli occhi e allontanarmi, ma le sue mani stavano stringendo assai forte le mie braccia, e distanziarmi mi risultò più difficile del previsto. Il suo volto era contratto in un ghigno spaventoso, i canini le sfioravano il mento e il suo bellissimo viso a cuore, incorniciato da una folta massa di capelli ricci color rame, aveva perso tutta la dolcezza.

All'improvviso qualcuno mi colpì potentemente alla testa, facendomi cadere rovinosamente al suolo e riuscendo a farmi perdere i sensi.

Mi risvegliai in una stanza che puzzava di morte. Il mio sguardo era offuscato e la testa doleva fortemente. Mi raddrizzai appena, per quanto potessi, ma mi resi conto di essere legato ad una sedia, le mani poste dietro allo schienale.

Sghignazzai appena e feci per strappare le manette che mi tenevano inchiodato a quel fragilissimo oggetto, ma non appena compresi di che materiale fossero fatte, un brivido gelato mi attraversò la schiena, facendomi sussultare appena.

Conoscevo bene quel tipo di manette e sapevo che se solo avessi provato ulteriormente a liberarmene, delle lame affilatissime in bambù mi avrebbero come minimo reciso i polsi a metà.

Sbuffai, chiedendomi in che guai mi fossi cacciato quando avvertii qualcosa di liquido colare lungo la mia nuca. Confuso, annusai appena e, non appena compresi, scossi piano il capo. La botta che mi era stata inflitta, doveva essere stata data con un'arma in legno, ed anche con una forza non irrilevante.

Deglutii piano, concentrandomi a trovare una soluzione per uscire da quel maledetto posto. Mi guardai per bene intorno, visto che la mia vista era migliorata, e mi resi conto di non essere il primo sfortunato ospite di quel luogo. C'erano parecchie macchie di sangue, ormai secche, su tutte le pareti e il pavimento era stato lavato più volte con la candeggina, rovinandolo visibilmente. La stanza era rivestita completamente di legno, e tra il muro e i pannelli, era stata posata una cospicua quantità di gommapiuma. Riuscivo a sentire a malapena ciò che stava succedendo fuori da quel buco. Ridacchiai nuovamente, rendendomi conto che per me non sarebbe stato facile svignarmela.

Avrei anche potuto urlare a squarciagola, ma nessuno sarebbe arrivato in mio soccorso. Il posto era troppo ben insonorizzato.

Di fronte a me c'era una finestra, coperta con altri pannelli, che lasciava trapelare da qualche spiraglio un piccolo fascio di luce, e alla mia destra si ergeva una massiccia porta di cemento armato. Beh, almeno non ero sotto terra.

Distrazione fataleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora