trentasettesimo capitolo

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Rose correva a perdifiato, le lacrime copiose le annebbiavano la vista e i singhiozzi le mozzavano il respiro.
Aveva rischiato più volte di cadere, ma la forza della disperazione le dava l'equilibrio per restare in piedi.
Vedeva da lontano la stalla, le sembrava quasi un miraggio.
Nella mente rivedeva più volte l'immagine di quella bellissima bambina, aveva sempre desiderato sapere chi era veramente, ma non avrebbe mai pensato a così tanto.
'Come può una madre, non ricordare nemmeno di aver messo al mondo una figlia!?' . Era la frase che più la straziava. Sì, era vero, non ricordava nemmeno il marito, ma la bambina non poteva!
'Povera creatura' Gridò ancora dentro di sé.
Sentí in sottofondo lo sbattere di una porta.
Si voltò, mentre le sue gambe non smettevano di correre...Philippe la stava inseguendo.
Correva come il vento, la sua figura poderosa si avvicinava sempre di più.

"Fermati Clarette!!!"
Lei si rigiró di nuovo e gli urlò di rimando: "No!! E non chiamarmi così!!".

Philippe digrignó i denti, l'aveva proprio presa male!
Accidenti a lui! Doveva aspettare ancora, era stato troppo presto per svelarle chi era, poteva tirarla alla lunga inventandosi altre storielle!.

Rose era arrivata alla stalla, aprì il portone e vi si fiondó dentro.

Aramis era in un box, perché nel suo vi era il vecchio ronzino che  aveva lasciato tempo addietro, il suo cavallo era senza sella e finimenti, 'no!' Avrebbe perso ancora tempo!.

Mentre lo stava preparando di tutta fretta, Philippe entrò.
Era adirato, lo si vedeva da come la guardava a occhi socchiusi, sembrava dovesse prenderla a sberle.

Lei sussultó quando lo vide avvicinarsi con passo spedito ed una espressione in volto poco raccomandabile .
Allora svelta, prese un forcone poco distante e lo usò come fosse stata la sua amata spada.
Glielo puntò contro.
"Stai indietro! Non ti azzardare a toccarmi, non puoi obbligarmi a nulla, soprattutto con le cattive intenzioni. Non mi sottometterò mai ad un uomo! Nemmeno se questo fosse mio marito!" glielo disse tra le lacrime, ma con una grande determinazione.

Philippe spalancò gli occhi e la guardò esterrefatto.
"Giuro che non era mia intenzione farti del male, nella nostra vita insieme c'e stata solo una donna che ha rischiato di prendersi un bel pugno da me in pieno viso, ma non eri tu.
Un giorno, se vorrai, ti racconterò anche di questo, ma prima di allora sappi che non ti ho mai e poi mai sfiorata con cattive intenzioni.
Sei tutto per me, non potrei e non è nella mia indole picchiare le donne. Sono solo adirato con me stesso, per la mia stupidaggine, a causa della paura di perderti di nuovo e soprattutto perché non ho prestato l'attenzione dovuta alla tua perdita di memoria.
Mi dispiace, volevo solo riaverti con me, con mia figlia."
Non osò dire 'nostra', per non turbarla ulteriormente.

Rose abbassò lo sguardo e il forcone contemporaneamente, poi lo lasció cadere a terra. Si sentiva senza forze, era esausta.

Lui le si avvicinò lentamente, cambiando espressione, cercò di nascondere la propria angoscia e pensò solo a lei.
L'abbracció con tenerezza appena le fu vicino e sua moglie lo lasció fare.

Cominciò un altro pianto disperato,
con il quale Philippe si sentì il cuore straziato.

E ora, cosa poteva fare? Cosa poteva suggerirle perché non si sentisse un'estranea in quella situazione?

Rose lo abbracció stringendolo forte, nascose il viso nell'incavo delle sue braccia.
Lui cercò di consolarla vezzeggiandola con nomignoli e paroline dolci.

"Shh, Angelo mio...non aver paura, non ti lascerò da sola ad affrontare tutto. Sono qui per te...Solo per te.
Non só cosa darei perché non ti fosse successo tutto quello che hai dovuto subire. Sei così coraggiosa, lo sei sempre stata.
Ricordo quando siamo stati divisi con l'inganno, quanto sei stata forte, una vera leonessa..."
Lei alzò la testa e lo guardò tra le lacrime: "Perché ci hanno divisi?".
Philippe le asciugó le lacrime, con un fazzoletto tirato fuori dalla tasca dei pantaloni: "Purtroppo per colpa del mio passato, prima che io ti conoscessi e mi innamorassi di te,
ero un DonGiovanni e avevo costruito una cerchia intorno a me di persone poco affidabili.
Poi sei arrivata tu. Certo, non subito mi sono innamorato di te, ci sono voluti tre anni di matrimonio per capirlo che eri e ancora sei, la 'cosa'
più bella che potesse capitarmi.
Quindi, a qualcuno di quella cerchia, non è stata bene questa novità e così è riuscita a separarci per più di un anno e mezzo"
Rose scosse la testa: "Deve essere stato un matrimonio strano, il nostro...".
Philippe sorrise stringendola a sé: "Effettivamente amore mio, non è stato proprio così tranquillo, ma giuro che non cambierei niente di tutto ciò che c'è stato tra di noi e che spero ci sia ancora... senti..." le disse mentre la cullava tra le braccia: "Ora, ti riaccompagneró al villaggio, non ti tengo oltre qui, hai bisogno di riposarti e sinceramente ne ho bisogno anche io, abbiamo avuto troppe emozioni forti.
Ma desidero tanto che domani, se tu vorrai, ci incontrassimo per parlare ancora di questa situazione.
Devo assolutamente sapere se sarai disposta, anche se la memoria non ti è tornata, a ritornare qui, a casa nostra..."
Rose si staccò da lui, andò verso Aramis, poi si voltò a guardarlo. Gli occhi erano rossi per il gran pianto, ma lo scrutava come se non fosse successo niente: "Mi stai chiedendo troppo, non me la sento. Anche se ci dormissi su, per avere le idee più chiare, non accetterei comunque.
Philippe, forse non hai capito..."
Lui alzò un sopracciglio: "Cosa?"
Lei abbassò lo sguardo e pronunciò quelle parole senza menzogna: "Io non ti amo, non potrei star con te.
Mi piaci, questo è vero, ma non ti amo".

Clarette e Philippe.   La Rosa Scarlatta.                                     Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora