Capitolo 7

8 2 0
                                        

Eravamo nel salone principale del palazzo che da generazioni apparteneva alla mia famiglia: mia madre stava soppesando lo schizzo, la fronte corrugata e il mento sollevato, a imitazione dell'immagine che campeggiava sulla carta ruvida.
<< Sceglierò un altro abito. Fate sembrare degli stracci i tessuti più preziosi, c'è troppa poca luce nelle vostre opere >>, sentenziò infine, gettando il foglio nel camino ardente. Le fiamme ingurgitarono il combustibile, impietose, distruggendo con esso l'effige della nobile.
<< Anche nella mia anima >>, rispose Angelo. Il suo viso non tradì il minimo sentimento.
<< Lavorate insieme a vostro fratello per questo, immagino. Poserò per voi questo pomeriggio, vi saranno riservate le stesse stanze fino a che non avrete portato a termine la nuova commissione. Andate, ora >>, li congedò secca la donna, altera come sempre, ma aggraziata nel compiere una leggerissima riverenza, movimento appena percettibile che rese accettabile quel brusco congedo.
Avevo atteso la lezione di pianoforte, quella successiva di danza, infine avevo chiesto al mio precettore il permesso di recarmi in biblioteca: ne avevo abbastanza della grammatica francese, dovevo ritagliarmi un angolo per me stessa...
Mi scontrai, senza volerlo, con Angelo: lo riconobbi con qualche secondo di ritardo, quando incrociai i suoi occhi più freddi dell'inverno, lo stesso sguardo che in me accendeva le fiamme dell'Inferno.
<< Ci si scusa, altezza >>.
Lo guardai senza sapere cosa dire, a labbra dischiuse, riscuotendomi appena in tempo per notare che aveva lasciato cadere a terra un libro...
Prima che potessi chinarmi a raccoglierlo per lui, mi precedette, burbero: << Tocca ai servi piegare la schiena, non lo ricordate? >>
<< Voi non siete uno dei miei servi >>, ribattei, stavolta a tono, prontamente.
<< Che cosa sono, allora? >>, mi sfidò allora, rimanendo lievemente inchinato di fronte a me. Credeva davvero che lo vedessi come un semplice subordinato? Un sottoposto, senza talento o dignità?
<< Un uomo che Vasari avrebbe apprezzato >>, risposi, indicando eloquentemente il volume che stringeva tra le mani.
Un fugace lampo di sorpresa attraversò le iridi d'angelo del mio interlocutore, cui non diedi tempo di ricomporsi: << Ora tocca a voi. Ditemi... Chi sono, io? >>
Attesi, osservandolo abbandonare la ridicola postura di ossequio che aveva assunto in precedenza; smise di nascondermi il titolo del trattato, e per un momento non mi scrutò come se fossi una criminale. Come se gli avessi fatto un torto, venendo al mondo.
<< Non siete una popolana. Non siete una povera lavoratrice, nè una commerciante o un'artigiana. Non siete una bottegaia, un'ostessa o una bracciante, non siete nessuna delle donne che ho incontrato prima di arrivare qui: siete colei che mi sta offrendo un guadagno, colei dalla quale dipende la mia fortuna attuale... Perché è grazie a voi che altri membri del vostro ceto hanno dimostrato interesse per la mia arte, a partire da vostra madre. >>
Si fermò, osservandomi con serietà: << Continuerò a detestare ciò che rappresentate, Caterina. Ma voi non siete il vostro titolo... Non è il vostro rango a definirvi: prometto che non lo dimenticherò. Non di nuovo... >>
Si congedò, formale, lasciando la biblioteca con passo regolare, sicuro, senza voltarsi indietro.
E desiderai la sua compagnia per tutto il resto del giorno, finchè la notte non mi portò quella del fratello... Palliativo che non mi sarebbe mai bastato.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 22, 2016 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Mi stai guardando?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora