Capitolo revisionato e corretto da Shadeyes
La tenuta dei marchesi Chevalier era tra le più belle di tutta la Francia. L'imponente cancello in ferro battuto era decorato in stile barocco, con due piccoli cherubini posti sulle colonne laterali in stile dorico, di marmo bianco.
Da esso si accedeva ad un lungo viale, fiancheggiato da grandi alberi di mandorle, in cui piccoli boccioli di una rosa delicato erano pronti a sbocciare.
I petali cadevano lenti fino a toccare il letto d'erba ai piedi dei tronchi massicci. Attraverso di questi, si poteva ammirare l'immenso giardino, suddiviso in due parti: il settore destro e quello sinistro. Entrambi erano formati da più aiuole di circa sei metri l'una.
Tra tutte le varietà di fiori quelli che primeggiavano per numero erano le rose. Dalla centifoglia alla canina, le rose erano le regine di quel giardino incantato, tingendo di colori brillanti il freddo terreno. Esse erano perennemente osservate dai piccoli occhi marmorei delle statue greche che arricchivano il luogo; la loro canzone preferita era il dolce sgorgare dell'acqua della fonte, che con la sua incontrastata bellezza imponeva a chiunque visitasse la tenuta di passare ad osservarla.
La fontana era di marmo bianco, esattamente come le colonne all'entrata, dalla forma circolare e un diametro di circa otto metri; all'interno erano poste le statue di alcune fanciulle dalle vesti leggiadre, con delle brocche sulle spalle da cui zampillava l'acqua cristallina. Al centro di essa vi era scolpita una donna, la più bella tra tutte. La statua era stata realizzata sotto esplicita richiesta del padrone di casa. Il viso scolpito, infatti, era proprio quello della sua amata moglie: Dominique.
Ella era una donna di straordinaria bellezza, nonché dal cuore d'oro. Aveva un viso tondo simile a quelli delle bambole di porcellana, era di costituzione minuta ma formosa nei punti giusti. Gli occhi erano grandi, con due smeraldi incastonati all'interno.
Suo marito, il marchese Jan Chevalier, al contrario della consorte era un uomo dalla stazza imponente, robusto e non di bella presenza. Il viso era tondo e pieno, gli occhi piccoli e color cioccolato. Le labbra sottili venivano incorniciate da un paio di baffi crespi e il naso era grosso e lucido.
I due coniugi erano legati agli occhi di Dio ormai da ventitré anni. Come spesso accadeva, era stato un matrimonio di convenienza imposto dalle rispettive famiglie.
Jan ai tempi, infatti, era già un uomo, mentre Dominique solo una ragazzina di sedici anni.
La marchesa Chevalier aveva ereditato il titolo nobiliare e la tenuta grazie a suo marito. Ella prima delle nozze apparteneva a un ceto più basso, ma suo padre, il barone Francis Blanchard, aveva lottato con le unghie e con i denti per far fruttare il suo patrimonio, in modo da poter dare alle sue quattro figlie la migliore istruzione.
Una disgrazia aveva colpito la famiglia Chavelier. Il figlio maggiore, Feliphe, aveva sperperato tutto il suo patrimonio nel gioco d'azzardo, lasciando così sul lastrico il fratello minore, al quale, prima che fosse troppo tardi, aveva ordinato di sposare la giovane Blanchard.
Dopo vent'anni di matrimonio la famiglia si era allargata: Dominique e Jan avevano generato quattro figlie femmine e cinque maschi, di cui si potevano vantare le innumerevoli doti.
In quel periodo la tenuta era in preda all'agitazione: il primogenito, Jean-Michael, sarebbe convolato a nozze con la contessina Paulette Lefevre e il marchese Chevalier avrebbe fatto l'annuncio davanti a tutta la nobiltà francese e la piccola borghesia. Tutti, dalle serve ai giardinieri, erano indaffarati nei loro compiti: c'era chi accudiva il giardino e chi si occupava dell'interno della casa; le donne lucidavano l'argenteria, pulivano i pavimenti, spolveravano, esponevano i servizi di porcellana più particolari e i vassoi più preziosi. Gli uomini avevano illuminato i grandi candelabri con più di venti candele e avevano riempito i cesti di cibi e frutta varia. Durante la cena ognuno di loro ne avrebbe portato uno sul capo.
Nelle stanze nobiliari, le dame della famiglia erano occupate a imbellettarsi e a vestirsi. Nessuna di loro doveva sfigurare durante i cinque giorni di festa.
Una voce si levò chiara e risuonò per ogni stanza della villa. Cosette si precipitò, correndo nell'appartamento della sua signorina, mademoiselle Hyacinte.
La stanza nobiliare, posta al secondo piano di quell'immensa villa, era grande più di dieci metri e le pareti bianche erano decorate con motivi floreali color pesca e lavanda, in tipico stile rococò. Il soffitto, i cui angoli erano adornati da stucchi, era affrescato con il meraviglioso dipinto della divina e casta Artemide, in cui due grandi finestre permettevano che i raggi del sole illuminassero quella gloriosa camera nobiliare.
Mademoiselle Hyacinte si trovava al centro della stanza. Inveiva contro la sorella minore, mademoiselle Aurélie, entrambe in abbigliamento poco consono per l'orario.
Hyacinte indossava un corsetto rosa stretto in vita. Le stecche di balena al suo interno comprimevano il busto tanto da non permetterle quasi di respirare; esse lasciavano che il seno generoso uscisse dalla profonda scollatura quadrata fino a renderlo ancora più florido agli occhi di chi lo ammirava.
Il sottogonna ampio era composto da più cerchi di metallo, uniti da delle fettucce di tessuto verticali, e sotto di essi i mutandoni di un bianco cangiante spiccavano in quella mise scomposta. Anche i lunghi capelli biondi erano fuori posto e ribelli.
Aurélie indossava già l'abito da giorno per la colazione che si sarebbe tenuta in giardino: un abito spezzato composto da una giacca e una gonna in tinta unita.
Il pirrot, una giacca corta stretta in vita, avvolgeva i suoi fianchi con un volant; le maniche scendevano dritte fino al gomito e terminavano con un pomposo fiocco. Sotto di esse, un volant bianco di pizzo ricamato arrivava fino al polso.
La gonna aderiva stretta al busto, si allargava sui cerchi ampi e scendeva dritta fino al pavimento. L'abito di raso era di un rosa sgargiante, che si sposava a pennello con la carnagione chiara della sua indossatrice, decorato con motivi frivoli color oro. La scollatura era rifinita da un merletto di una tonalità più scura del vestito.
Era perfetta, eccetto per il trucco e parrucco. I capelli color miele erano sciolti e scompigliati, il viso pallido mostrava due solchi profondi sotto gli occhi e non c'era segno di colore sulle guance magre.
- Signorine, per l'amor di Dio, placatevi! - esclamò Cosette, facendosi il segno della croce e sperando che Hyacinte non si scagliasse su di lei com'era solita fare. Ella era la sua dama personale, ma ogni volta che doveva servirla un atroce dolore le attanagliava lo stomaco.
- Cosette, il sole è già alto e io sono ancora in tenuta da notte. Cosa aspetti a prepararmi? - urlò in tono aspro la signorina. Con la schiena dritta, la testa alta e la mascella contratta somigliava più a un generale dell'esercito.
La serva fece un semplice cenno con il capo e si avvicinò silenziosamente a lei, accompagnandola vicino al tavolo da toiletta dove vi era posta la grande specchiera, in fondo la stanza.
Aurélie rise civettuola quando vide l'aria remissiva che aveva da poco assunto Cosette alle parole della sorella.
- Siete davvero una tiranna! La nostra povera Cosette sta tremando dalla paura, -disse con un sorriso, in tono denigratorio, facendo una piroetta su se stessa e sedendosi sul grande letto a baldacchino che solitamente condivideva con tre delle sue sorelle.
- Stai tremando? Perfetto! Così imparerai a non farmi aspettare mai più! Guarda che disastro, sono ancora tutta scompigliata.
- Perdonatemi, madame, - risposte mesta la donna.
Hyacinte iniziò a ridere sguaiatamente. Amava mettere a disagio donne di quel tipo. Si voltò verso di lei e le colpì il viso con un sonoro schiaffo. Si alzò lentamente dalla sedia e la guardò dritta negli occhi, pronunciando a bassa voce queste parole: - Se arriveremo tardi a colazione e i nostri ospiti saranno costretti ad aspettarci, subirai la mia ira. Chiaro, Cosette?
La serva, che si era portata le mani al viso e aveva iniziato a piangere, annuì.
Sul volto della sua padrona spuntò un sorrisetto, così si mise a sedere in modo composto davanti allo specchio e con un gesto della mano le intimò di iniziare.
Cosette le pettinò i capelli, finendo così dopo venti minuti la particolare pettinatura in voga al tempo: l'enfant. I capelli biondi erano corti e cotonati nella parte superiore, mentre le ciocche inferiori, lunghe ed arricciate con i ferri, scendevano lungo le esili spalle e incorniciavano alla perfezione quel grazioso viso tondo dove sul mento abitava una piccola fossetta. Hyacinte aveva gli occhi piccoli e dalla forma vagamente a mandorla, di colore azzurro cielo, da cui scaturiva un'espressione fiera. Il naso elegante aveva una leggera rientranza e terminava con una forma tonda ma non sgraziata. Le labbra piccole, abbastanza carnose e rosee, furono truccate con un rossetto dai toni caldi; la carnagione già molto chiara venne ricoperta con il cerone, le guance diventarono rosse grazie a una tinta in polvere, e i capelli e il corpo furono profumati con essenze di arance e sandalo.
Hyacinte si alzò in modo elegante dalla sedia quando tre giovani fanciulle, seguite ognuna dalla propria serva, si precipitarono dentro la camera.
- Hyacinte, come siete bella! - esclamò Ophélie, prendendo l'acqua di rose sul tavolino e imbevendo un fazzoletto di seta bianco con il suo nome ricamato sopra.
- Voi invece sembrate una contadina! Ancora non siete pronta, Ophélie?
La fanciulla indossava un semplice abito da giorno azzurrino, senza alcun ricamo e molto modesto. Nemmeno la gonna era ampia e frivola.
Si osservò: teneva le spalle leggermente curve e il capo chino.
- A me piace quest'abito, - rispose semplicemente, in tono pacato.
- A me no. Somigliate a una serva!
Hyacinte si avvicinò alla sorella minore ela strattonò verso la toeletta, slacciandole i lacci del corsetto azzurro.
- Lasciatemi, Hyacinte! - si lamentò. Uno sforzo vano, dato che poco dopo era stata svestita del tutto.
Laurént si lasciò cadere sui morbidi cuscini, a pancia in giù, e si godette con la sorella Aurélie quel simpatico spettacolo. Le prese dalle mani il ventaglio e iniziò a sventolarlo con movimenti lenti, sorridendo ammiccante alla fanciulla accanto a lei.
- È così che si usa un ventaglio, mia cara!
- Io sono mille volte più aggraziata di voi! Con quel naso non sareste capace di attirare l'attenzione di nessun gentiluomo! - rispose prontamente, ridendo a un palmo dal viso di Laurént, che spalancò la bocca in una smorfia indignata e si portò le mani davanti il naso aquilino.
- Ma cosa dite! Sembrate una...
A interrompere quel piccolo litigio fu il cicisbeo che bussò alla porta, seguito da quattro valletti con in mano gli abiti da far indossare alle signorine, le quali si guardarono e iniziarono a saltellare sul letto. Si alzarono velocemente e, battendo le mani, euforiche, inondarono i cinque uomini con schiamazzi, risate e gridolini.
Idalina, la serva più anziana, si avvicinò a Laurént e Aurélie.
- Mesdemoiselles, adesso ricomponetevi! Ricordate che siete delle signorine! - affermò sorridendo. Insieme a Jackéline e Judith, prese gli abiti e i cofanetti con i nei creati con stoffa di taffetà.
- Prima tocca a me!
Aurélie spinse leggermente la sorella, sghignazzando rumorosamente.
- No, io sono più grande!
Hyacinte si alzò lentamente dalla sedia. A passo deciso si diresse verso le spalle delle ragazze e tirò i lunghi capelli delle sorelle minori, le quali emisero un grido.
- Siete due bambine! Avete ognuna la vostra serva, non c'è alcun bisogno di fare a gara!
- Sei davvero perfida! - esclamò piangendo Laurént.
- Sì, una megera!
Hyacinte raccolse il ventaglio, che era caduto sul tappeto dorato, e lo aprì con un gesto deciso della mano. - E comunque si fa così!
Senza aggiungere altro, camminò verso Cosette, che l'aspettava con in mano un abito color pesca, anch'esso composto da una giacca corta che, al contrario di quello della sorella, terminava con una lunga coda nella parte posteriore. I ricami erano floreali e di color arancio e rosso, la gonna era due volte più ampia di quella di Aurélie e delle balze di pizzo ricoprivano il davanti fino alle caviglie. Le maniche erano strette ed arrivavano fino ai polsi delicati dove due bottoni grossi con rifiniture dorate e una pietra color corallo al centro le impreziosivano.
Anche Ophélie era già pronta. Il valletto, sotto esplicita richiesta di Hyacinte, aveva portato un abito a due pezzi: il pet-en-l'air, la giacca molto aderente e scollata, era di color ocra, semplice e senza ricami come il precedente; sul petto scollato la scena era incentrata su un grandissimo fiocco di velluto verde, con due lunghe code che scendevano fin la vite. La gonna era dello stesso verde acceso del fiocco, e sopra di esso portava l'evite, un lungo e morbido soprabito ricamato e merlettato nel bordo della gonna e sull'orlo delle maniche.
I capelli castani erano raccolti in una treccia laterale che scendeva morbida sul seno, gli occhi grandi e tondi dello stesso azzurro di Hyacinte erano messi in risalto da un ombretto in polvere blu, le labbra molto carnose erano dipinte di un arancio brillante e il viso allungato con il mento a punta era stato ben incipriato da Judith, in modo da nascondere la pelle olivastra, non abbastanza chiara da esser invidiata.
Aurélie terminò il trucco, carico ed esagerato. Il cerone era stato spalmato anche sul petto, il rossetto era sgargiante e faceva sembrare più floride le labbra fini e piccole. Gli occhi, anch'essi piccoli e tondi, dello stesso verde smeraldo di sua madre, erano stati truccati con un color giallo limone.
Laurént indossava un abito identico a quello della sorella Aurélie - a cui, nonostante i mille litigi, era più legata -, anche se l'abito le donava maggiormente per l'imponente lunghezza delle gambe e il seno prosperoso. Entrambe avevano acconciato i capelli con delle parrucche di colori pastello, il cui interno era costituito da un sostegno in fil di ferro che dava un volume di cinquanta centimetri circa.
- Guarda, sono identica alla regina Maria Antonietta! - esclamò Aurélie, specchiandosi, senza distogliere lo sguardo dal suo riflesso.
- Non lo sai che la regina ha i capelli biondi come i miei? - replicò Hyacinte, ancheggiando verso la porta e lasciando la sorella con l'amaro in bocca.
Aurélie, per tutta risposta, prese il barattolo di borotalco dalla toiletta e lo tirò sul viso e le vesti di Hyacinte.
Tutte quelle ore di lavoro furono vane. Ormai l'abito era completamente sporco di polvere bianca.
Laurént inizio a ridere sguaiatamente e subì la furia di Hyacinte, la quale le scompigliò tutta la pettinatura. Dopodiché si lanciò su Aurélie. A nulla servirono le voci delle serve.
Quel trambusto fu interrotto da un valletto che bussò alla porta. Entrò e si inchinò al cospetto delle quattro dame.
- La colazione è pronta, padroncine. Vostro padre vi aspetta insieme al resto degli ospiti.
Le ragazze si fermarono e un lampo di terrore attraversò i loro occhi quando si accorsero di come si erano ridotte.
Non c'era più tempo. Dovevano scendere ai piani inferiori.~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
NUOVA COPERTINA
sì non ho pace ma questa mi piace tantissimo!
Cover bay @Emma-blues
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Rinascere Dalla Sconfitta
Historical Fiction1787 La famiglia Chevalier è la più ricca e potente della città. Otto fratelli si troveranno a combattere per la sopravvivenza, quando un anno dopo scoppierà la rivoluzione francese. Sarà questa terribile disgrazia a far nascere qualcosa dentro Hya...